Ferdinando Chiodo ha scritto:
> Mi era sembrato che Valter Moretti avesse affrontato proprio
> un problema filosofico. Ha adoperato, anzi, l'espressione
> <senso comune>
Va da se' che quello che intendeva Valter lo sa Valter :-); ma io posso
dire che i fisici spesso usano "senso comune" in modo poco filosofico,
per significare un'interpretazione del mondo fisico sulla base di cio'
che suggerisce l'esperienza quotidiana (lo spazio e' tridimensionale ed
euclideo, tutti i corpi hanno forma e dimensioni definite, nonche'
posizione e velocita' misurabili, ecc.). Cio' in contrapposizione alla
fisica di questo secolo,
che ci ha obbligati ad abbandonare tali descrizioni ingenue.
Secondo me questo col realismo c'entra fino a un certo punto: non e' che
i fisici abbiano abbandonato il realismo, per lo meno non tutti.
> Credo che nella fisica classica il colore sia una proprieta'
> secondaria (ho trovato questa espressione in un'opera di
> Husserl).
I miei lontani ricordi mi dicono che la distinzione fra qualita'
primarie e secondarie risale effettivamente a Galileo; ma sinceramente
non mi fiderei dei filosofi (ne' Husserl ne' nessun altro) per sapere
quale sia l'immagine fisica del mondo. Semplicemente perche' dopo Kant
progressivamente si e' prodotta una tale separazione che nessun filosofo
ha una comprensione neppure vaga della fisica contemporanea. Sarebbe
percio' bello che evitassero di parlarne come se sapessero di che cosa
parlano...
> Domanda: il linguaggio della fisica contemporanea permette di
> descrivere adeguatamente una proprieta' come il colore?
Per un fisico il colore e' un processo complesso, in cui entrano in
gioco diversi attori:
1) una sorgente di luce
2) il corpo che riceve questa luce e la rimanda, modificata, ai nostri
occhi
3) le cellule sensoriali della retina
4) le cellule nervose (di cui non ricordo il nome) che gia' nella retina
eseguono una prima elaborazione degli stimoli visivi
5) il sistema nervoso centrale, che riceve questi stimoli e li combina
con molte altri informazioni e memorie, per dar luogo alla "percezione
del colore".
Ovviamente solo 1) e 2) sono di stretta pertinenza della fisica; 3) lo
e' in parte, in quanto il funzionamento dei coni, le reazioni
fotochimiche che avvengono nei pigmenti, richiedono ancora una
descrizione di tipo fisico (ma non soltanto: entra in gioco la chimica e
la biologia molecolare).
Da li' in poi siamo in un altro terreno.
Pero' tornando al dato iniziale: la retina funziona sulla base della
luce che riceve, e questa e' completamente descritta dandone
caratteristiche quantitative come intensita' e composizione spettrale.
Tutto quello che accade dopo dipende da questi dati, che se vuoi
possiamo chiamare "primari".
Avevo criticato l'uso del termine "disposizione" perche' secondo me c'e'
qualcosa di piu' determinato. Se in un occhio arriva radiazione
monocromatica di 700 nm (nanometri) posso scommettere che il
proprietario di quell'occhio vedra' una luce rossa; se arriva di 500 nm
vedra' verde; e posso anche dire con ottima approssimazione che cosa
vedra' se gli arriva una luce di composizione spettrale piu' complicata.
Pero' non e' tutto cosi' semplice: per es. la luce del giorno cambia
molto, come composizione spettrale, a seconda che il cielo sia sereno o
coperto; che sia mezzogiorno o il tramonto; eppure le foglie degli
alberi le vedo sempre verdi...
Non so se ho risposto alla domanda, ma continuero' volentieri la
discussione, se lo desideri.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica
Universita' di Pisa
Received on Wed Jun 10 1998 - 00:00:00 CEST
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