Re: Domanda sulla Relatività Ristretta

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Sun, 16 Jul 2023 14:17:00 +0200

Il 16/07/2023 07:18, Giorgio Pastore ha scritto:

> Vedo che stiamo discutendo su registri completamente diversi.
> Domanda: secondo te, anche tenendo conto delle più diverse scelte
> convenzionali sulle sincronizzazioni, c'è modo di misurare nel sdr del
> laboratorio una vita media minore rispetto al sdr proprio dell particella?

Non saprei come interpretare le parole "anche tenendo conto delle più
diverse scelte convenzionali sulle sincronizzazioni". Ad ogni modo alle
parole "vita di A" io associerei la grandezza fisica (misurabile)
"intervallo di tempo misurato dall'orologio di A" inoltre,
identificandomi con A trentenne, troverei strano sentire un tipo che mi
passa accanto dirmi "secondo me tu hai 300 anni".
È certamente misurabile l'ente al quale usualmente si associano le
parole "vita della particella A nel riferimento K" ma quell'ente *non è*
un intervallo di tempo, è un ente che deriva da un mix di misure di
lunghezza e di intervallo di tempo.
Faccio presente che discorsi analoghi si possono ripetere per la massa.
Oggi, finalmente, è abbastanza caduta in disgrazia la cosiddetta massa
relativistica, ma c'è ancora chi ritiene opportuno parlare di (o,
addirittura, ritiene di poter considerare misurabile la) massa
relativistica che sarebbe la "massa di A secondo il riferimento K". È
certamente misurabile l'ente al quale alcuni associano le parole "massa
relativistica" ma il mix di misure che definisce quell'ente *non è* una
misura di massa. È un mix di misure che comprende fra l'altro anche una
misura di massa.
Quindi la mia risposta direi che sia no. Ma è una pura questione di
termini. È un no per lo stesso motivo per il quale non associerei la
parola massa alla cosiddetta massa relativistica.

> Se la risposta è sì, dimmi come. Se è no, allora il mio punto è
> esattamente che nella descrizione *fenomenica* siamo costretti a dire
> che l'intervallo di tempo associato al fenomeno decadimento misurato nel
> sistema laboratorio è maggiore di quello misurato nel sistema proprio.
> La *spiegazione* di questo fenomeno richiederà di tener conto anche del
> dX, della sincronizzazione e di tutto il sistema concettuale della RR.
> Ma il fenomeno in quanto tale lo verificherebbe anche un fisico
> ottocentesco.

Come dicevo, usando un linguaggio che abolirei, potrei anche rispondere
sì, e sul come ho già risposto: l'ente al quale alcuni associano le
parole "vita del mesone nel riferimento del laboratorio" si "misura"
nella maniera complicatissima che ho esposto nei punti 1)-5) del
precedente post:
dt=dX/c+T
oppure (equivalente come si mostra facilmente in base al secondo postulato)
dt=Sqrt[dTau^2+(dX/c)^2].

Ora, avere ben chiaro ciò che effettivamente si misura (es dTau, o anche
T) e ciò che semplicemente si definisce in termini di misure (es dt) ci
permette di dire che non è certo una descrizione "fenomenica" a
costringerci a dire che dt>dTau. I "fenomeni", le misure, dicono che
l'orologio del mesone ha misurato dTau mentre si è spostato di dX. Siamo
stati poi noi a far sì che risultase dt>dTau mediante la definizione che
abbiamo associato alle parole "vita del mesone nel laboratorio".

Passiamo ai fisici ottocenteschi. Scusami se sarò prolisso ma un minimo
di citazioni vanno fatte.
Poincaré era nato nel 1854. Morì nel 1914. Direi che potremmo
classificarlo come fisico ottocentesco, per quanto Poincaré fosse anche
matematico, ingegnere, epistemologo ... era tante cose.
Nel bellissimo libro "Gli orologi di Einstein, le mappe di Poincaré" P.
Galison descrive benissimo il periodo passato da Poincaré in Sud America
per costruire le mappe di alcuni territori della zona mediante
osservazioni astronomiche. Sfruttando le tabelle di analoghe
osservazioni fatte a Parigi _simultaneamente_ a quelle da lui eseguite
in Sud America, sarebbe risalito alle informazioni in base alle quali
costruire le mappe. A causa della rotazione attorno al proprio asse, la
Terra si sposta all'equatore di circa 500 m al secondo. Per la
precisione delle mappe, sarebbe stato quindi fondamentale per Poincaré
conoscere con un certa precisione la risposta alla domanda "Che ora è
*adesso* a Parigi"? Per determinare la risposta Poincaré si interroga
anche su come si dovesse intendere la domanda. Ne viene fuori il saggio
"La misura del tempo" (1898). Nel libro "La scienza e l'ipotesi" (1902)
Poincaré dice:
"Non solo noi non abbiamo intuizione diretta dell'eguaglianza di due
durate, ma non possediamo neppure quella della simultaneità di due
avvenimenti che si producano su due teatri diversi [tipo "un tipo
osserva Sirio da Parigi", "io osservo Sirio dal Sud America", o anche
"un mesone viene generato là", "io faccio partire il cronometro qua,
dove il mesone decadrà". Dice Poincaré che non abbiamo alcuna
"intuizione diretta" della simultaneità delle due eventi]. È quanto ho
spiegato nel mio articolo intitolato "La misura del tempo"."
In "Sottile è il Signore" (cap.6 parte finale), A. Pais dice:
"Solovine ci ha lasciato un elenco dettagliato dei libri che i membri
dell'Accademia [la Akademie Olympia, cioè lui, Einstein e Habicht]
lessero insieme. Fra questi, solo a "La science et l'hypotheses" viene
riservata una menzione particolare e il commento: "[Questo] libro ci
fece una profonda impressione e ci fece stare con il fiato sospeso per
intere settimane diseguito"."
Einstein con ogni probabilità non lesse il saggio "La misura del tempo"
(almeno, che io sappia, non si hanno indicazioni sul fatto che l'abbia
mai letto), se non per quanto riguarda i brevi estratti citati in "La
scienza e l'ipotesi". Noi però possiamo leggerlo. Nel paragrafo finale
Poincaré dice:
"Non possediamo l'intuizione diretta della simultaneità né quella di
uguaglianza di due durate. Credere di averla è solo un'illusione.
Cerchiamo di supplire a questa mancanza per mezzo di regole *quasi
sempre applicate senza rendercene conto* [la sottolinetura è mia].
[...]
Queste regole non ci sono imposte e potremmo divertirci ad inventarne
altre; tuttavia non si potrebbero abbandonare senza rendere molto più
complicato l'enunciato delle leggi della fisica, della meccanica,
dell'astronomia.
Sceglieremo quindi tali regole non perché siano vere, ma perché sono le
più comode, e potremmo riassumerle così:
<<La simultaneità di due eventi o l'ordine della loro successione,
l'uguaglianza di due durate, debbono essere definiti in modo tale da
rendere l'enunciato delle leggi naturali il più semplice possibile. In
altri termini tutte queste regole e tutte queste definizioni non sono
altro che il frutto di un opportunismo incosciente>>."

Con queste parole, secondo me, potremmo dire che nasce la relatività (o
viene concepita se la nascita volessimo spostarla al 1905) perché queste
parole sanciscono la discesa del tempo dall'olimpo dell'a priori.

Venendo a noi, tu dici che anche un fisico dell'ottocento avrebbe potuto
"verificare" che dt>dTau (assumiamo che un fisico dell'800 avrebbe
potuto stimare dTau, cioè quanto misura l'orologio in quiete col mesone
dalla nascita al decadimento, assunzione che immagino falsa, ma tanto
non è questo il punto), e io ti rispondo che sì, certo, avrebbe potuto
farlo e lo avrebbe fatto, come dice Poincaré, "per mezzo di regole quasi
sempre applicate senza rendercene conto". Cioè avrebbe fatto seguendo ad
esempio la procedura indicata dai punti 1)-5) del precedente post:
a) misurando la distanza dX fra i punti P_in (dove nasce il mesone) e
P_fin (dove il mesone decade),
b) assumendo inconsiamente come "regola" il fatto che la velocità
one-way della luce sia coincidente con la grandezza fisica (misurabile)
c che è la velocità di andata e ritorno della luce (ma il fisico
dell'800 magari pensava che la velocità one-way della luce fossea stata
misurata, cioè pensava che esistesse una qualche misura che potesse
quantificare l'intuizione diretta di durata fra gli eventi "partenza del
segnale S_sinc da P_in simultanea alla nascita del mesone" e "arrivo del
segnale S_sinc in P_fin" e che tale misura avesse dato come risultato dX/c),
c) ponendo dt=dX/c+T con T=intervallo di tempo *misurato* da O_fin
dall'arrivo in P_fin di S_sinc all'arrivo in P_fin del mesone in fase di
decadimento e, come detto, dX/c assunta essere, con "opportunismo
incosciente", la "durata" fra la nascita del mesone in P_in (e
simuiltanea partenza da P_in di S_sinc) e l'arrivo di S_sinc in P_fin.

Quindi il fisico dell'800 avrebbe "misurato" (creduto di misurare ma in
reltà era solo una sua illusione, per dirla con Poincaré) dt=dX/c+T (con
peraltro, per quanto riguarda i mesoni che arrivano dai raggi cosmici, T
decisamente trascurabie rispetto a dX/c), avrebbe magari anche potuto
osservare che il dt che riteneva di aver misurato era anche coincidente
a Sqrt[dTau^2+(dX/c)^2], e, siccome dX/c risultava molto maggiore di
dTau, ne avrebbe tratto la conclusione per lui "fenomenica" che dt>>dTau.
Ma il fisico dell'800 non sapeva che a fine secolo il tempo sarebbe
disceso dall'olimpo dell'a priori e Poincaré e Einstein avrebbero
svelato la sua illusione, avrebbero cioè svelato che dt è una nostra
definizione, non è una misura.

-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (Anonimo, attribuito a G. 
Apollinaire)
-- 
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