Re: Rich. pareri su libro "La relatività e la falsa cosmologia" di Marco De Paoli
mdp wrote:
> Ha anche detto che la scienza "normale" � la pi� chiusa e dogmatica.
Kuhn uso' il termine "dogma" alla conferenza The Structure of Scientific
Change tenuta ad Oxford nel 1961 (atti pubblicati in Scientific Change,
ed. A.C. Crombie, Heinemann 1963) anche nel titolo della sua relazione:
"The function of dogma in scientific research". Ma di fronte alle
obiezioni, ammise che il termine era inappropriato e fuorviante e lo
elimino' dal suo vocabolario; nella Structure of Scientific Revolutions,
all'epoca in fase di scrittura, non appare.
Quanto alla "chiusura", e' un termine cosi' generico che e' difficile
condurci una discussione sopra, o anche solo parlarne, senza avere
chiarito un po' che cosa si intende.
> Per Kuhn "e' la fase paradigmatica ad essere scienza"? Solo quella?
Kuhn nella SSR (cap. III, IV e V) si dilunga a spiegare in che cosa la
scienza si differenzia da altre attivita' intellettuali, e la differenza
e' quella: l'esistenza di un paradigma. Di *un* paradigma. Questo
implica, tra le altre cose, che non esistono "scuole", quindi tutti gli
scienziati condividono sostanzialmente gli stessi concetti, valori e
metodi, che i problmi di base non vanno riesaminati ogni volta, che
quindi ogni scienziato non e' costretto a ripartire da zero...
La fase rivoluzionaria e' per K. un *parziale* (ti sottolineo il termine
visto che a quanto pare lo hai trascurato: ed e' un errore serio)
ritorno alla fase prescientifica, in cui ci sono due, o magari piu',
paradigmi in competizione. E' parziale in due sensi: primo, perche' non
coinvolge tutto il sapere scientifico - K. dice che una rivoluzione puo'
coinvolgere comunita' anche solo di venti-trenta scienziati -, quindi
rimane una base comune di confronto, anche se ridotta; secondo, perche'
e' comunque temporanea e coinvolge persone che, dopotutto, si sono
formate intellettualmente durante la fase paradigmatica.
Quindi i partecipanti alla fase "rivoluzionaria" possono chiamarsi
comunque scienziati: e' la fase, non le persone, ad essere meno
scientifica. (K. non e' Popper, e non sente il bisogno di una cesura
netta tra scienza e non-scienza.) Inoltre, e forse piu' importante,
questi che citi sotto sono scienziati perche' fondano un nuovo paradigma
che funziona meglio del precedente; fossero rimasti dei capi-scuola, una
tra le altre, non avrebbero creato scienza. Anzi il "progresso tramite
le rivoluzioni" (SSR cap. XIII) econdo K, puo'avvenire solo in questo
modo, visto che e' solo su base paradigmatica che si puo' ottenere, e
forse anche misurare, il progresso scientifico. K., come certo sai, nega
che esista alcunche' che si possa chiamare "progresso verso la verita'";
l'unico modo oggettivo per valutare il progresso scientifico e' tramite
l'amplimento dei problemi risolti. E per questo ci vuole il paradigma.
> Dunque per Kuhn gli estensori delle tavole alfonsine erano scienziati
> e invece Galileo, Keplero, Newton (cui nessuno vorr� negare siano
> stati alfieri di grandi rivoluzioni scientifiche) non lo erano?
Questo dovresti chiederlo a Kuhn, non a me. Se hai letto bene il mio
post precedente, avrai notato che sono lontano dal sottoscrivere tutto
quello che K. dice, per quanto lo ritenga importante. Credo che di
fronte alla tua obiezione risponderebbe piu' o meno con gli argomenti
che ho scritto sopra, e concluderebbe che si', sono scienziati anche
loro - eccome.
> Certo, certo. Galileo, Keplero, Newton non sono alla base della
> scienza classica
Tua personalissima, e sbagliatissima, interpretazione di quanto ho
scritto. Vedi sopra.
> secondo Kuhn si tratta di "ritorni parziali ad una
> fase pre-scientifica, da superare il piu' in fretta possibile".
Esatto. Durante la fase rivoluzionaria il normale processo scientifico,
che per K. e' "puzzle solving", si interrompe parzialmente, proprio
perche' si perde una parte della base comune tra studiosi. Il termine
"rivoluzione" fu scelto da K. in esplicita analogia con le rivoluzioni
politiche; la rivoluzione si ha quando "political recourse fails" e
bisogna ricorrere a mezzi non-politici. Fuor di metafora, gli argomenti
usati nella fase paradigmatica perdono almeno in parte il loro valore
persuasivo e bisogna ricorrere ad altri (nelle opere successive, a
partire dal Postscript, K. cerco' di smorzare l'impatto potenzialmente
irrazionalistico di queste considerazioni); i partecipanti al dibattito
"talk past each other", la discussione razionale diventa piu' difficile
e si tende a parlare di piu' di problemi "fondazionali". In breve i
vantaggi della fase paradigmatica - vedi sopra - tendono a perdersi ed
il problem solving complessivamente a rallentare. Nessuna meraviglia che
si tratti di una fase esaltante si', ma - secondo K. - meno produttiva
di quella normale. A meno di essere Trockij, nessuno ama vivere in una
rivoluzione permanente.
Received on Sat Apr 03 2010 - 10:56:34 CEST
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