Re: Rich. pareri su libro "La relatività e la falsa cosmologia" di Marco De Paoli
On 24 Mar, 14:39, "Bruno Cocciaro" <b.cocci..._at_comeg.it> wrote:
> "Peter11" <n..._at_none.it> ha scritto nel messaggionews:Vtkqn.144060$813.59414_at_tornado.fastwebnet.it...
>
> >> Comunque, se tu trovi "pertinenti" le argomentazioni di Guillame, ti
> >> sarei grato se tu mi aiutassi a capirle.
Buongiorno, non mi sono fatto vivo per un po’ perché ultimamente mi
hanno tirato dietro pomidoro, uova marce, 4 forchette, un tavolo da
ping pong e una lavatrice, però vorrei rassicurare tutti: sto bene.
Chi mi tirò la lavatrice, dopo aver detto la prima volta che Lui con i
suoi colleghi è un’autorità e che io non sum dignus di parlare, avendo
io risposto che alcuni suoi pari mi hanno un pochino pochino
apprezzato e che Newton postulava il moto assoluto, da allora
stranamente mi accusa continuamente di fare appello al Principio di
Autorità.
Ogni volta il ritornello del Professore (di Liceo o di Università),
tante volte sentito, è sempre lo stesso: se un mio studente mi dicesse
simili bestialità, gli darei 2, lo caccerei a pedate, lo boccerei! Non
sanno quanti studenti facendosi beffe di loro ripetono la canzone del
Professore senza credervi affatto, ma solo per prendere un buon voto.
Così quel professore che ben ricordo: guai se gli si diceva che forse
Lucrezio si era veramente ucciso come diceva s. Gerolamo. Per lui
erano solo calunnie. Fioccavano i 2. E dunque noi gli ripetevamo la
storiella e lui era contento: s. Gerolamo ha detto che Lucrezio si è
ucciso, ma sono sole calunnie, non è vero niente, Lucrezio era un uomo
sereno. Com’era contento! E così, se oggi dovessi sostenere
un’interrogazione, certo che direi che il viaggiatore vede la pietra
cadere in linea retta �" precisando con teatrale vox clamans:
prescindendo dall’attrito, però! �" mentre invece l’osservatore a terra
la vede a parabola. Così faccio contento il Prof. e prendo un bel
voto.
Mi si ricorda che in cinematica non ha senso di parlare di moto
assoluto. Ma è talmente ovvio che no: dal punto di vista cinematico
che sia Pierino ad allontanarsi dalla stazione o che sia la stazione
ad allontanarsi da Pierino, che sia la Terra a girare intorno al Sole
o che sia il Sole a girare intorno alla Terra, è la stessa cosa. Ma
dal punto di vista dinamico non è la stessa cosa. Così,
cinematicamente è la stessa cosa che Maometto vada alla montagna o la
montagna vada a Maometto (la distanza è sempre quella, il tempo di
percorrenza con una velocità data è sempre quello). Ma Maometto fatica
di meno, produce meno calore e meno lavoro, se la montagna muove le
chiappe e va da lui.
Gödel. Certo che Gödel ’49 parte dalla relatività generale (v. Opere,
Bollati Bor., vol. II); parimenti, certo che la considerazione dei
potenziali gravitazionali è tratta dalla relatività generale. Mi si
dice: la relatività ristretta e la generale sono due cose diverse,
l’una potrebbe essere vera e l’altra falsa. Vero (se è solo per
questo, potrebbero anche essere false entrambe). D’accordo sul teorema
di Gödel, che non vale per la relatività ristretta. Ma sull’altra
questione non è vero che “qui stiamo parlando solo di relatività
ristretta”. A prescindere dal fatto che nell’intendimento di Einstein
la relatività generale conclude e corona la relatività ristretta,
resta che, dopo che egli ha mostrato che il rallentamento degli
orologi è dovuto anche al potenziale gravitazionale, occorre
considerare anche questo. Ad esempio una discussione sul paradosso dei
gemelli che non tenga conto del potenziale gravitazionale, e dunque
condotta solo nei termini della relatività ristretta come se Einstein
poi non avesse mai elaborato la teoria generale, può essere un
esercizio accademico interessante ma piuttosto sterile. Per questo
dico che, in aggiunta ai tempi di percorrenza della luce di cui
parlavo, occorre anche considerare i potenziali gravitazionali.
Guillaume. Dicevamo che Einstein ha trattato con condiscendenza
Guillaume, così come ha trattato con condiscendenza Bergson (di cui
Guillaume divenne un po’ il difensore scientifico). Al celebre
dibattito di Parigi (gli atti sono stati anche tradotti in italiano)
Einstein (che masticava male il francese) non capiva nemmeno cosa
dicesse Bergson nel suo forbito linguaggio, e continuava a tirare per
la giacca il vicino: “che dice? ma che dice questo?”. D’altra parte
bisogna riconoscere che in quell’intervento un po’ prolisso e
improvvisato (lui se ne stava zitto e gli fu chiesto di parlare),
Bergson non diede il meglio di sé. Ma torniamo a Guillaume. In effetti
è vero quanto dice Bruno: i ragionamenti di Guillaume non sono
semplici da seguire. Io mi limito a segnalare qui un esempio con cui
Guillaume argomenta.
Cocciaro, hai il testo sottomano? Se vuoi, vai alla XIII lettera di
Guillaume. Qui dice che un’ora può essere espressa anche come 60
minuti o 3600 secondi, cosicché 1 e 60 e 3600 diventano misure (in
ore, minuti, secondi) della stessa durata per cui 1 : 60 : 3600.
Invece, nella XXVII lettera, dice che in un orologio la lancetta
piccola percorre un giro di quadrante mentre quella grande ne percorre
12 e «si la grande aiguille parcourt par exemple t = 36 divisions
(cercle des minutes), la petite aiguille n’en parcourra, dans le même
temps, que t′ = 3, de sorte que 3 et 36 sont des mesures de la même
durée» in quanto 36 = 12 x 3. Sono solo esempi, ma mi sembrano una
buona bussola per orientarsi nelle non facili argomentazioni di
Guillaume. Egli intendeva mostrare come sia possibile ottenere gli
stessi risultati einsteiniani mantenendo i presupposti della fisica
classica. «Attraverso le trasformazioni di Lorentz (cito dal mio
libro, ed. 2008 p. 121), Guillaume ricondusse i molteplici indici
temporali (t1, t2 etc.) propri della rappresentazione poliparametrica
del tempo einsteiniana all’interno di una rappresentazione
monoparametrica con un unico tempo universale t (...). In tal modo i
tempi einsteiniani non vengono negati bensì diventano variabili
all’interno di un unico parametro temporale, ovvero misure diverse
della stessa durata temporale, eseguite con orologi di periodo t1, t2
etc. di cui l’uno fornisce tempi più lunghi e l’altro più brevi».
Cos’è dunque questo “tempo reale”? Non è un fantasma metafisico che si
cela dietro i tempi relativi, è il tempo che li comprende tutti come
un quadrato suddiviso in 50 quadratini li comprende tutti. Considera
però che il mio ragionamento è filosoficamente più complesso di quello
di Guillaume (che non conoscevo e non cito in I ed.): semplicemente,
mi sembra di aver trovato in lui una interessante conferma da parte di
un fisico.
Vengo all’altra questione da te posta. Io dico: «l’osservatore interno
al sistema Terra in moto può non avere alcun modo di rilevare una
differenza di tempi nella percorrenza dei raggi luminosi, ma questo
non significa che tale differenza non vi sia: (...) misuriamo solo la
velocità della luce che in effetti rimane quella, proprio come chi
spara un proiettile da un treno in corsa, se non ha modo di rilevare
il moto del treno, calcolerà solo la velocità del proiettile. Ma le
cose sono diverse per un osservatore esterno al sistema: (...) un
osservatore ipotetico in un altro sistema solare che veda la cosa dal
di fuori potrà dire che, dato un segnale luminoso nella stessa
direzione della Terra in moto, ne risulterà una velocità complessiva
di 300.000 Km/sec. più 30 Km/sec» (I ed. p. 32). Poi ho visto che
anche per Guillaume l’invarianza della velocità della luce vale solo
all’interno del sistema nel quale è presente la luce. Scrive
Guillaume: «si abbandona così il principio della costanza assoluta
della velocità della luce che si sostituisce con la seguente
convenzione: la velocità di un raggio luminoso è una costante allorché
la si misura nel sistema che contiene il raggio. È una costante
relativa».
Infine in breve sulla questione della pietra e della banchina. Da
Trieste mi tirano un uovo marcio schifosissimo (“al macero i tuoi
libri!”, “non posso esprimerti stima!”) e mi dicono: studia la
cinematica! etc. Ma, gentilissimo, lo so anch’io che per la fisica è
una bestemmia, che mi bocciano etc. etc. Ma segua il ragionamento. Il
moto non modifica nulla: cinematicamente il viaggiatore è in moto
rispetto alla banchina come la banchina lo è rispetto al treno, per
cui entrambi gli osservatori vedono una caduta parabolica in presenza
di attrito, e una caduta in linea retta prescindendo dall’attrito. Non
vedono cose diverse. Al massimo potremmo dire che l’osservatore a
terra, prescindendo dall’aria, se si lascia ingannare dal moto del
treno potrebbe ritenere di vedere per inganno retinico una caduta
parabolica. Ma al ragionamento, egli concluderà esattamente come il
viaggiatore.
Un saluto.
Marco de Paoli
“Ci sedemmo dalla parte del torto. Tutti gli altri posti erano
occupati” (B. Brecht).
Received on Fri Mar 26 2010 - 10:41:58 CET
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