Re: Luce nell'acqua

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Sat, 30 Sep 2023 18:24:37 +0200

gino-ansel ha scritto:
> Leggo che Fizeau e Focault dimostrarono che la luce si propaga più
> lentamente nell'acqua che nell'aria confermando la teoria
> ondulatoria e smentendo quella corpuscolare. Quali erano le
> considerazioni fisiche che portavano le due teorie a previsioni
> opposte?
Vedo che nessuno ha risposto a una domanda perfettamente sensata.
Chiacchiere a ruota libera sì (vero Massimo?) ma fisica assente.
Nessuno è obbligato a sapere niente, ma chi non sa farebbe bene a
tacere.

Ecco la risposta, nei limiti in cui è possibile darla in un post di
dimensioni ragionevoli.
I due modelli esplicativi per il comportamento della luce, fino ai
primi dell'800 e credo oltre (ma sulla storia precisa non sono
informato) erano quello corpuscolare e quello ondulatorio: il primo
avanzato da Newton, il secondo da Huygens.

Nel modello corpuscolare (lo dice la parola) la luce è fatta da
minuscole particelle, che in un mezzo trasparente e omogeneo non sono
soggette a forze e quindi viaggiano a velocità costante in grandezza e
direzione. In particolare la velocità ha un valore fissato nel vuoto.
Quando un corpuscolo incontra la superficie di separazione tra due
mezzi, viene assoggettato a una forza a carattere impulsivo, diretta
normalmente alla superficie, che ne cambia bruscamente la componente
normale della velocità, lasciando invariata quella tangenziale.

È ovvio che questo spiega la deviazione della luce (rifrazione).
Meno ovvio che la spieghi quantitativamente, in accordo con la legge
di Snell (solo in questo c'entra Snell): il rapporto dei seni degli
angoli d'incidenza e di rifrazione è fissato per due dati mezzi.
Più precisamente si trova v_i*sin(i) = v_r*sin(r).
Per avere il corretto rapporto per es. tra aria e vetro occorre che
sia v_r > v_i, più o meno v_r/v_i = 1.5

Nel modello ondulatorio la luce è fatta di onde, che sono periodiche
per luce monocromatica.
La rifrazione si spiega in modo più complicato che nel modello
corpuscolare; la prima spiegazione la diede Huygens col suo principio
che dice come un fronte d'onda avanzi come inviluppo di un insieme di
onde elementari prodotte dal fornte d'onda arretrato.
Si riesce a vedere che un'onda piana per rifrazione resta piana, ma
cambia direzione, secondo la legge
sin(r)/v_r = sin(i)/v_i.
Quindi passando da aria a vetro, per spiegare il modo come la luce
viene deviata, bisogna supporre che il rapporto v_i/v_r sia esattamente
l'inverso che col modello ondulatorio.
(Wikipedia inglese alla voce "refraction" riporta tra l'altro
un'animazione in cui si vede bene la relazione tra rallentamento e
rifrazione.)

Si capisce quindi che la misura della velocità nell'acqua fosse una
prova cruciale, col risultato a favore del modello ondulatorio.
Ma in realtà c'erano altri fenomeni che il modello ondulatorio
spiegava mentre era problematico farli discendere da quello
corpuscolare: sto parlando d'interferenza e diffrazione.

La prima metà dell'800 fu il periodo nel quale il modello ondulatorio
vinse decisamente il conflitto con quello corpuscolare.
Rimaneva il problema: va bene, la luce è fatta di onde; ma onde di
che?
Sapete tutti (spero) che la risposta la diede Maxwell, lasciando però
ancora aperto il problema del mezzo: etere o non etere?

Che questa non sia propriamente fisica, ma storia della fisica, non è
del tutto vero.
Può darsi benissimo che al giorno d'oggi un fisico si senta in diritto
di non sapere come si tratta la luce secondo i due modelli, anche se
poi si ritroverà in imbarazzo quando sentirà che la luce è fatta di
fotoni (non siamo di nuovo ai corpuscoli?).
E poi bisogna almeno sapere come fa il modello ondulatorio a spiegare
la propagazione rettilinea che è invece così naturale per i
corpuscoli.

Non posso chiudere senza commentare una frase di gino-ansel:
> Ricordo che in QED si legge che il fotone che arriva viene *diffuso*
> dagli elettroni del vetro e quindi quello che procede è¨ sempre un
> *nuovo* fotone. Succederà la stessa cosa nell'acqua e nell'aria,
> certamente a velocità diverse e forse la QED lo spiega (non Feynman)
> ma Focault e Fizeau avevano argomenti diversi da quelli attuali.
Quando ho letto QED, ho pensato (e penso tuttora): "Ma che gli è
girato a Feynman di mettersi a fare quei ragionamenti col pubblico che
aveva? Non lo sapeva che nessuno avrebbe capito una parola?"
E per di più sono ragionamenti ultra-semplificati, che nemmeno il più
intelligente dei fisici potrebbe accettare, se non perché sa che li
può trasformare in ragionamenti del tutto corretti; ma per questo
occorre un bel po' di matematica.

Quindi non mi meraviglio: della terza lezione non puoi aver capito
niente.
Non è vero che F. non "spieghi" come mai la luce nel vetro rallenta:
comincia a pag. 136 dell'ed. italiana e va avanti per un bel po'.
È vero che dice che nello scattering il fotone che esce è "nuovo",
non è lo stesso di quello che è entrato.
Si dimentica di mettere in evidenza che questo non importa, perché
nessun fotone può essere distinto da un altro e comunque le ampiezze
dei vari processi vanno sommate (nel linguaggio della fisica, si dice
che sono processi *coerenti*).
Senza somma delle freccette, niente rallentamento.

La mia critica a QED sta tutta qui. Le idee sono bellissime e io ci ho
imparato. Però quando ho comprato QED era il 1987, e avevo alle spalle
l'esperienza di corsi di Fisica Teorica dove tra l'altro avevo cercato
di presentare le basi dell'elettr. quantistica secondo F. (non
secondo quel libretto, ma secondo dei corsi "seri" di lezioni che
teneva all'università).
E avevo toccato con mano quanto fosse difficile per gli studenti
seguire quei ragionamenti. Ricordo ancora, come fosse ieri, uno
studente che dopo aver chiesto chiarimenti concluse:
"Insomma ho capito: quando sembrerebbe che si debbano sommare le
probabilità, bisogna sommare le ampiezze e viceversa."

Naturalmente ricordo anche nome e cognome, e so che ha fatto carriera
come fisico sperimentale delle alte energie.
-- 
Elio Fabri
Received on Sat Sep 30 2023 - 18:24:37 CEST

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