Re: Cobalto e Ferro

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Sat, 17 Feb 2024 12:32:12 +0100

Giorgio Pastore ha scritto:
> Il decadimento beta non autorizza a dire che nel nucleo ci sono
> anche elettroni più di quanto l'emissione elettromagnetica non
> autorizzi a dire che in un atomo ci sono fotoni o che in una coppia
> elettrone-positrone che annichila ci sono fotoni o muoni.
> Peraltro, esistono due decadimenti beta. Nel beta+ il nucleo emette
> un positrone e un protone iniziale diventa un neutrone (con presenta
> di un neutrino invece di un antineutrino).
>
> Purtroppo per l'OP, qui siamo in un campo in cui metafore e modelli
> classici non sono in grado di rendere il contenuto della teoria e
> neanche di interpretare correttamente i dati.
Tutto molto giusto, e non aggiungerei una parola se pensassi che il
thread possa interessare solo Buggio, che è una vecchia conoscenza.
Ma per il beneficio di altri vorrei aggiungere qualcosa che mi frulla
in testa da quando ho letto questo thread a solo ora trovo una
concentrazione sufficiente per metterlo ... come dire? non posso dire
"nero su bianco" :-)

Ha fatto benissimo Giorgio a citare l'esistenza del decadimento beta+.
Gli esempi del beta- sono forse più noti: si comincia dal neutrone
isolato, che decade con vita media circa 15 minuti e Q (somma delle
energie cinetiche dei prodotti di decadimenato da neutrone fermo) circa
0.8 MeV.
Segue il trizio H-3, (Z=1, N=2, A=3). Vita media 18 anni, Q = 19 keV,
nucleo di arrivo He-3.
Passando al beta+, il primo esempio che trovo è N-12 (azoto, Z=7, N=5,
A=12). Vita media circa 16 ms, Q = 17 MeV, nucleo di arrivo C-12.

Ma la cosa che più mi preme di dire, perché mi pare molto trascurata
nella divulgazione è che qui siamo a un livello di allontanamento
dalle metafore e dai modelli classici che supera quello della "comune"
meccanica quantistica.
Qui la novità concettuale che bisogna digerire è proprio che
l'elettrone o il positrone che vengono emessi (e così pure neutrino o
antineutrino) *non sono presenti* nel nucleo iniziale: si presenta qui
qualcosa di nuovo, che a livello teorico richiede la *teoria
quantistica dei campi*.
Solo in questo quadro teorico sono descrivibili processi in cui certe
particelle appaiono o scompaiono: nel decadimento beta di tratta di
eletroni e neutrini, nel caso citato da Giorgio degli atomi eccitati,
si tratta di fotoni.

Voglio soffermarmi ancora un po' su questo, perché (ripeto) non viene
di solito presentato con l'importanza che merita.
L'interazione tra atomi e campo e.m. può essere trattata con quella
che si chiama "teoria semiclassica".
Solo gli elettroni atomici vengono descritti e secondo la m.q, mentre
il campo e.m. figura come un termine che modifica la hamiltoniana,
contenente i potenziali e.m.; ma non ci sono fotoni né i relativi
stati quantici.

La teoria semiclassica può descrivere assorbimento ed emissione
stimolata, ma non l'emissione spontanea.
Se un atomo si trova in assenza di campo e.m. iniziale, in uno stato
eccitato, questo stato è *stazionario*: non c'è niente nel formalismo
che permetta una transizione a uno stato diverso.
Per rappresentare l'emissione spontanea bisogna quantizzare il campo
e.m. Allora il sistema consiste di elettroni più campo, con stati
(imperturbati) in cui è dato lo stato dell'atomo (degli elettroni) più
lo stato del campo (vuoto, oppure uno o più fotoni presenti, di date
energie, impulsi, polarizzazioni...).

Introducendo l'interazione si rende possibile la transizione tra stati
diversi: per es. da uno stato iniziale |2,0> (dove 2 è il valore del
solito n, se pensiamo a un atomo di H; 0 indica il vuoto del campo
e.m.) a uno stato finale |1,k> dove n=1 (stato fondamentale
dell'atomo) e hk è l'impulso di un fotone presente nel campo.
La conservazione dell'energia è scritta nella hamiltoniana, e impone
la condizione di Bohr:
E2 = E1 + chk.

Non posso fare a meno di osservare che quando Einstein scrisse il suo
fondamentale lavoro del 1917 tutto questo non era noto: la m.q. non
esisteva, e tanto meno la teoria dei campi.
Assorbimento ed emissione di fotoni venivano descritti solo su base
statistica, introducendo le rispettive probabilità.
In quel lavoro Einstein con soli argomenti statistici, e fatte alcune
ipotesi ragionevoli sulla dipendenza delle probabilita di emissione e
assorbimento dai parametri del sistema (temepatura, frequenza della
radiazione) arriva a ricavare:
a) la legge di distribuaizone di Planck per la radiazione nera
b) l'uguaglianza delle prob. di assorbimento e di emissione stimolata
c) la necessità di un'emissione spontanea, di cui dà la probab.
Inutile dire che la teoria svilupata negli anni a seguire confermarono
in pieno i rusltati di E.

Noterella storica: avrete sicuramente presente che stiamo in un
stagione di centenari:
- quest'anno lo è per la tesi di de Broglie (lambda = h/p)
- l'anno prossimo tocca alla meccanica delle matrici di Heisenberg
- 1926: eq. di Scheroedinger e dim. (di S.) che le due meccaniche di
H. e di S. sono equivalenti
- 1927 (se ricordo bene) teoria delle trasformazioni di Dirac
- 1927 (id. id.) ancora Dirac e poi molti altri: costruzione della
QED.
Avvertenza: non prendete sul serio questa ricostruzione storica (e con
Feynman sarei tentato di dire: e nessun'altra).
Date un'occhiata su wikipedia a "Timeline of quantum mnechanics", che
è molto più ampia e anche molto diversa. Per fare un esempio,
l'articolo di Einstein del 1917 non è neppure citato e anche la QED è
ignorata.
-- 
Elio Fabri
Received on Sat Feb 17 2024 - 12:32:12 CET

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