Re: effetto sagnac e relativita'

From: Tetis <ljetog_at_yahoo.it>
Date: Mon, 2 Nov 2009 16:25:51 -0800 (PST)

On 1 Nov, 16:03, Valter Moretti <vmoret..._at_hotmail.com> wrote:
> On 1 Nov, 02:56, Tetis <lje..._at_yahoo.it> wrote:
>
>
>
> > Tornando al discorso relativo alla sincronizzazione, quel discorso che
> > fai sul fatto che la velocit� della luce misurata rispetto al tempo
> > proprio � invariante su una circuitazione non l'ho ben capito. Si
> > tratta certamente di contestualizzarlo. Nel caso di uno spazio-tempo
> > piatto � certamente possibile definire un sistema di coordinate con
> > questa propriet� (un qualunque riferimento inerziale), � vero anche se
> > esiste una foliazione euclidea per una metrica stazionaria?
>
> Ciao, mi pare che siamo su due piani diversi. Il mio non era, in quel
> punto, un ragionamento formale, era molto di pi� da considerarsi un
> evidenza empirica. Se ho una nozione di percorso chiuso costruito con
> regoli rigidi "piccoli" l'evidenza sperimentale � che la velocit�
> della luce su tale percorso � costante indipendentemente dal moto
> complessivo dei regoli.

Sembra autoevidente se non fosse che l'origine ferma in un sistema di
coordinate pu� essere in moto rispetto ad un riferimento inerziale ed
in tal caso non mi pare che sia vero.

Probabilmente sono completamente fuori strada, ma per me gi� questo �
gi� un problema: la nozione di righello rigido per un moto accelerato,
ci ho messo un poco a risolverlo a modo mio e mi sembra che la mia
soluzione coincida sostanzialmente con quella che accenni pi� avanti a
proposito delle distanze misurate con la luce. Nel '93 ebbi un dubbio
che deriva dal fatto che aprii per la prima volta il libro di Pauli
sulla relativit� e cominciai a riflettere sulla nozione di moto senza
stress. Al tempo ignoravo i problemi di integrabilit�, anche perch�
ragionavo considerando una configurazione uni-dimensionale in moto in
uno spazio di Minkowski, ed effettivamente il mio scopo era quello di
definire una nozione evoluzione temporale senza stress di un mezzo.
L'idea era che l'evoluzione di un filo pu� essere espressa come una
funzione in due parametri: uno di tipo spazio, l'altro di tipo tempo,
la condizione di evoluzione senza stress la scrissi una prima volta
come segue:

g^{m,n} (D_t X_m) (D_s X_n) = 0
||D_t X|| = ||D_s X|| = 1

E' pi� una nozione di foliazione, un poco forzata con tempo proprio
come tempo universale, adatta al caso di una circonferenza rotante, ma
non a definire l'evoluzione senza stress che stavo cercando, me ne
accorsi presto, ma comunque mi fece render conto delle difficolt� che
esponi in seguito. Per controllare che la prima equazione � una
condizione ragionevole la verifico sul riferimento di Rindler senza
difficolt� (ma gi� le altre due equazioni non funzionano).
Diversamente nel caso Sagnac ti accorgi subito che per l'assegnazione:

T(t,s) = t
R(t,s) = R_0
Theta(t,s) = s/(2pi R)
Z(r,s) = 0

che corrisponde alla descrizione delle linee orarie dei punti
appartenti ad una circonferenza in quiete nel riferimento rotante,
risulta che la condizione di cui sopra non � verificata a meno che
omega = 0, infatti trovi il prodotto: 2 (R_0)^2 omega. Del resto �
ovviamente quello che occorreva presumere fin dall'inizio dal momento
che le sezioni a tempo costante sono sezioni di tipo spazio del
riferimento inerziale dell'origine, ma non del riferimento inerziale
tangente. Potrebbe trattarsi solo di una cattiva scelta della
parametrizzazione? La risposta � no.

Ad ogni modo nel caso del riferimento rotante non pu� esistere una
parametrizzazione del genere, proprio perch� c'� un'ostruzione di
carattere topologico alla sua esistenza.

Per evidenziare il problema torniamo al campo vettoriale di cui
vorremmo controllare l'integrabilit� e che risolverebbe il problema
della costruzione della parametrizzazione desiderata:

dt - \omega r^2 d\phi

adesso per� consideriamo la restrizione del campo vettoriale in una
sola dimensione, r � costante e solo phi e t sono variabili. Nota che
adesso la condizione di Frobenius � verificata localmente e localmente
il fattore integrante esiste, � ovviamente una qualsiasi costante
perch� il differenziale della forma � gi� nullo, ovvero la forma � il
differenziale di t - \omega r^2 \phi. Il problema � che questa
funzione non pu� essere estesa ad una funzione continua sulla
circonferenza perch� dipende esplicitamente dalla variabile angolare.
In termini pi� precisi: la forma differenziale � chiusa ma non �
esatta nella topologia Rx S^1.


Tornando al problema dell'evoluzione senza stress di un filo, come si
formula correttamente? Deve risultare che per una variazione
infinitesima del parametro s e del parametro t, tale da muoversi nella
direzione ortogonale al quadrivettore velocit�, risulti che la norma
quadra del vettore risultante sia indipendente da t. Con questa
definizione si verifica subito che la parametrizzazione di prima del
moto rotante � un'evoluzione senza stress. Sebbene non si possa
trovare una sezione euclidea ortogonale al campo. La condizione di
evoluzione senza stress pu� essere scritta in modo piuttosto elegante
in termini di derivata covariante esprimendo la metrica indotta sulla
variet� bidimensionale in termini delle coodinate s e t e corrisponde
a richiedere che esista una riparametrizzazione di t eventualmente
dipendente da s: t' = f(t,s),s' = s che rende statica la metrica.

Il punto chiave � che la condizione di evoluzione senza stress cos�
formulata non dice che il sistema si evolve __liberamente__, ma dice
che forzando il moto delle parti secondo la prescrizione della
funzione X^m(s,t) se lo stress interno al materiale � nullo ad un
tempo rimane nullo a tutti i tempi. Ad ogni modo � quanto basterebbe
ed occorrerebbe per parlare di un metro naturale in moto, un sistema
di piccoli righelli che conservano la loro lunghezza naturale senza
accumulare stress elastici.

 E' vero che quando costruisco un riferimento
> in grande mi devo aspettare che con misure in grande ci siano dei
> problemi se la metrica non � stazionaria,

Mentre ad esempio nel caso del riferimento rotante in cui la metrica �
stazionaria non ci sarebbero problemi? Purtroppo continuo a non capire
la premessa e cerco pi� avanti di spiegarti perch� e quale � il mio
punto di vista. Probabilmente ho solo bisogno di rileggere con calma
quello che dici tu e fare qualche esempio.

> ma mi aspetto anche che i
> problemi tendano a scomparire quanto pi� il percorso chiuso � piccolo
> (al limite infinitesimo).

:-)))

> I cardini del ragionamento sono due. Uno � quanto ho detto sopra,
> l'altro � che, usando il principio di equivalenza e passando alla
> formalizzazione, anche se lo spaziotempo � curvo, si deve assumere che
> le particelle di luce evolvono, nella loro storia, lungo curve di tipo
> luce.

Questo invece � chiarissimo. Certamente le curve di tipo luce, non
necessariamente geodetiche, sono quelle per le quali gli intervalli
infinitesimi hanno pseudo-quadrato nullo.

> La sensatezza fisica della metrica di Minkowski prescinde
> completamente dalla convenzionalit� del processo di sincronizzazione.
> Si basa solo sul fatto che il processo di sincronizzazione � la
> Einstein � fisicamente ammissibile, anche se non l'unico possibile.
> Adottando tale processo si arriva alla costruzione della metrica di
> Minkowski, in cui le particelle di luce hanno la storia descritta da,
> appunto curve di tipo luce.

E' chiaro.

> > In
> > presenza dell'ipotesi di stazionariet� localmente � sempre possibile
> > definire un sistema di coordinate di Fermi e in quel sistema di
> > coordinate mi sembra che si possa ragionar se � vero che:" usango i
> > righelli in quiete, applicando il principio di equivalenza, la
> > velocit� di circuitazione della luce � costante".
>
> Mi pare che le coordinate di Fermi non siano quelle che servono qui.
> Le coordinate di Fermi sono coordinate attorno ad una curva di
> universo in cui viene fissata anche la "rotazione" della terna
> trasportata. Se ricordo bene, se la curva � una geodetica, il
> trasporto di Fermi coincide con il trasporto parallelo.

Le coordinate di Fermi somigliano ad un sistema di coordinate spaziali
localmente inerziale intorno ad un orologio in caduta libera. Non �
vero comunque che un sistema di coordinate di Fermi evolva in un
sistema di coordinate di Fermi � solo una nozione locale intorno ad un
evento come lo � quella di coordinate normali intorno ad un punto di
una variet�. Ma ai fini della misura delle velocit� la loro esistenza
ed il loro utilizzo � sinonimo di applicazione del principio di
equivalenza. Ogni punto ha un sistema di coordinate normali intorno,
ma solo in spazi a curvatura costante si prolungano ragionevolmente
bene. Permettono di misurare in modo naturale quanto la variet� si
scosti dalla variet� lorentziana.


> Ma tutto questo mi pare che non c'entri niente con il discorso
> iniziale, perch� tu stai pensando, correggimi se sbaglio, che la
> metrica spaziale, cio� le lunghezze dei regoli sulle ipersuperfici a
> tempo costante (per una definizione di tempo opportuna) coincida con
> la metrica *indotta* da quella dello spaziotempo.

No, non sto pensando questo. La lunghezza dei regoli non ha nulla a
che vedere, in generale, n� con la distanza fra punti a "tempo"
costante n� con la costruibilit� di sezioni spaziali statiche. Questo
era quello che avevo realizzato abbastanza faticosamente nel '93
appunto, studiando il problema della conservazione della distanza
infinitesima in un sistema in movimento. Conservo un apprezzamento
intuitivo delle conclusioni per�, dovrei faticare per scrivere come si
misura la distanza percorsa da un oggetto in movimento, luce compresa,
ma partirei dalla formulazione infinitesima del principio di
equivalenza e quindi dall'invarianza della velocit� della luce in un
riferimento infinitesimo in caduta libera. Ammettendo inoltre il
limite dell'iconale per la propagazione della luce fonderei la nozione
di distanza su quella di tempo proprio dei punti in caduta libera e
sul tempo di andata e ritorno della luce.

Il punto � che
> questo punto di vista non � sempre sostenibile, in particolare NON lo
> � lavorando con le coordinate rotanti. Vediamo di fare un po' di luce
> su questo punto.

Questo � chiaro, appunto.


> Un sistema di riferimento nelle teorie relativistiche � fatto da due
> enti distinti:
> (a) un campo vettoriale X di tipo tempo, che individua delle curve di
> universo che riempiono lo spaziotempo (o la regione considerata)
> (b) una foliazione di tale regione in termini di 3-superfici di tipo
> tempo. Questa foliazione � individuata da una funzione non singolare T
> dallo spaziotempo in R. Le foglie della foliazione sono le
> ipersuperfici
> T(x)=t, per ogni valore di t. Sono lo "spazio al tempo t".
>
> Assegnato il riferimento (X,T), ogni evento ha un posto: la curva di
> universo che lo intercetta e un tempo: la superficie della foliazione
> che lo intercetta (ovvero il valore di T su quella superficie).
>
> E' naturale fare ancora una richiesta: che gli intervalli di tempo
> misurati in termini del parametro delle curve integrali di X coincida
> con l'intervallo di tempo misurato dalla funzione T. Questa richiesta
> si scrive X(T) =1, dove X � visto come operatore differenziale.

Cio� come dire che imponiamo l'esistenza di orologi speciali che
indicano il tempo del riferimento a prescindere dal tempo naturale
misurato dagli orologi ideali.


> Questa � la versione pi� generale possibile di sistema di riferimento,
> quella che per esempio si usa nella teoria ADM. Il punto � ora di
> mettere delle strutture metriche nel riferimento.
>
> Lungo le curve integrali di X si conosce gi� tutto. C'� un'ascissa
> curvilinea privilegiata, che in generale non coincide con il parametro
> della curva integrale, che � il tempo proprio. Questa � la lunghezza
> d'arco usando la metrica dello spaziotempo.

Certo.

> Pi� delicato � il discorso della metrica spaziale sulle superfici a T
> costante. Uno potrebbe sostenere che la metrica sia automaticamente
> quella indotta da quella dello spaziotempo.

No, appunto.


> Ma si vede che questo
> contraddice il requisito che la velocit� della luce calcolata su un
> percorso chiuso valga il solito valore c, nel momento in cui si assume
> anche che le particelle di luce evolvono con curve di tipo luce.

D'accordo, ma questo non esclude che il tempo misurato da un orologio
ideale e le lunghezze misurate da metri ideali, in un riferimento
accelerato possano avere rapporto diverso dalla velocit� della luce
calcolata sul percorso chiuso. Dico che se uso orologi ideali e
righelli entrambi in caduta libera per misurare gli spostamenti della
luce intorno ad ogni punto da cui la luce passa questa velocit� � vero
che la velocit� � sempre c, ed � vero per il principio di equivalenza,
ma ho delle riserve, anzi la certezza di ottenere in generale
risultati diversi, nel caso di misure fatte con orologi ideali e
righelli ideali accelerati.

> A cosa serve tutto cio'? Serve in certi casi in cui uno � costretto a
> lavorare con sistemi di riferimento in cui le curve tangenti a X NON
> siano perpendicolari alle superfici a T costante...In questa
> situazione, se uno si costringe a pensare che la metrica spaziale sia
> quella indotta da quella dello spaziotempo prende delle cantonate
> fisiche enormi.

Infatti.
Received on Tue Nov 03 2009 - 01:25:51 CET

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