Re: spiriti <4a930366$0$40007$4fafbaef@reader3.news.tin.it> <7flf4cF2hvgi5U2@mid.individual.net> <Muplm.14999$Tq6.8710@tornado.fastwebnet.it> <7fqp4rF2luv6pU3@mid.individual.net> <4a985fef$0$6153$4fafbaef@reader5.news.tin.it> <f0dc4a54-7bee-4c1f-b7f7-5a1d725a20f9@b18g2000vbl.googlegroups.com>
Il Sat, 29 Aug 2009 16:46:54 -0700, Albert0 ha scritto:
> On 29 Ago, 00:53, Piercarlo wrote:
>
>> Elio Fabri ha scritto:
>>
>> > Ma la gente non ama studiare...
>>
>> Qui sta il punto. Perchè? Dopotutto amare o odiare lo studio è esso
>> stesso frutto di apprendimento.
>
> Mah!
> A me sembra che il problema sia altro, come diceva lo stesso Fabri in
> post di tempo fà.
> Si può anche amare studiare, ma molte parti della scienza sono difficili
> Direi anzi della fisica, ci sono moltre altre discipline abbordabili
> dalla geologia a elementi di astronomia all'etologia. Che non ci sia il
> desiderio di studiare le trasformazioni adiabatiche nel dopocena mi
> sembra del tutto legittimo. Basta che poi non si pretenda di capire la
> Relativà generale senza conoscere quella galileiana. Esiste una sorta
> di patologia per cui persone quasi digiune di Fisica si comprano libri
> dello zichicco di turno che trattano argomenti su cui vacillerei io che
> ho studiato ingegneria.
:-) Nulla da obiettare sul fatto che nella scienza ci sono parti più
difficili di altre e su cui vi sia bisogno di lavorare più che su altre
(perchè "studiare" andrebbe riconosciuto per quello che è: nient'altro
che un tipo di lavoro... che come tutti i lavori, me ne rendo conto
adesso, presuppone una "paga"... E forse l'inghippo alla fine sta tutto
qua: se lo "studiare" da l'impressione di essere un lavoro gratis, "non
retribuito", ne consegue che la voglia di farlo, soprattutto dove vi è
più fatica a svolgerla, cala quantomeno in proporzione). Ma il mio
appunto sull' "apprendimento" vuol proprio sottolineare questo: che anche
se la pigrizia mentale è più "spontanea" da imparare viene nondimeno
appresa come tutte le altre cose. Un bambino non nasce anti-
intellettuale: lo diventa perché intorno a sé trova individui che lo
propongono come modello.
Un aspetto dell'apprendimento che è da tempo che mi dà da pensare è
legato al fatto che un tratto fondamentale che ha distinto i geni come
quelli che ha citato Archeopteryx hanno appreso praticamente come LINGUE
MADRI tutti quei "linguaggi" (la matematica, la musica, lo spirito di
osservazione della realtà ecc.) che normalmente alla gente viene
insegnata più avanti negli anni, non più come "lingue madri" ma come
"lingue straniere". E in particolare "lingue di simboli" (simboli
matematici per gli uni o la notazione musicale per altri o un altro tipo
di "lingua" ancora composta da una serie di atteggiamenti mentali che
servono a intrattenere con il mondo il rapporto più "onesto" possibile
dal punto di vista scientifico).
Secondo me un aspetto cruciale nel trasmettere le capacità di maneggiare
"lingue madri" è che di fatto con i bambini, nonostante loro siano in
grado di apprendere QUALUNQUE tipo di linguaggio (ad esempio il
linguaggio dei segni che bambini normali apprendono da genitori sordi
ancora prima di quanto i normali imparino a parlare da genitori normo-
udenti!), noi adulti sappiamo interagire solo verbalmente o quasi. Non
siamo in grado di trasmettere l'abilità di comprendere linguaggi che non
hanno un riscontro verbale ma solo sonoro (musica) o addirittura neppure
quello (i linguaggi in cui i concetti sono rappresentati da sinboli
anziché da descrizioni verbali).
Chiaramente non è che una volta che queste capacità venissero trasmesse
otterremmo automaticamente più musicisti o più scienziati o più
matematici e via discorrendo ma avremmo comunque spianato la strada in
modo tale da riservare le difficoltà e il dispendio di energia che lo
studio comunque comporta al solo apprendimento dei concetti anzichè
estenderle anche al linguaggio con cui sono espressi.
Lo stesso tipo di facilitazione che deriva dal saper leggere: una
facilitazione che non necessariamente ti fa diventare uno scritto o un
filosofo o un pensatore di qualche tipo ma che, il giorno che uno decide
di interessarsene, gli lascia di fronte solo le difficoltà della materia
in sè, senza portarsi dietro quelle del linguaggio o del gergo in cui
questa è espressa.
So di non essere stato chiarissimo con quello che ho appena scritto ma
credo che trasmettere e infondere nei giovani e giovanissimi la capacità
di leggere e comprendere con naturalezza anche linguaggi "muti" che di
per sé "non parlano" pur essendo densi di significati, sia uno dei passi
più importanti per dare alla gente (e soprattutto alla gente del futuro)
delle gambe proprie con cui camminare da soli in ogni campo del sapere
che gli interessi approfondire. Se poi tanti si fermeranno comunque al
livello della Gazzetta dello Sport o delle parole crociate pazienza:
comunque gli si sarà dato una possibilità per andare avanti per proprio
conto ma soprattutto gli si sarà tolto un alibi per non farlo. E anche
questo ha la sua importanza, soprattutto in un mondo in cui i problemi
SERI da risolvere cresceranno molto più velocemente della nostra capacità
di "produrre" persone geniali che ci tirino fuori le castagne dal fuoco.
Imho naturalmente
Piercarlo
Received on Mon Aug 31 2009 - 21:13:40 CEST
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