Il 29 Set 2008, 09:56, "Ivan" <20186invalid_at_mynewsgate.net> ha scritto:
>
> Sono rimasto molto colpito dal leggere la descrizione dell'esperimento
> delle due fenditure, che un fisico nobel ( di cui ora non ricordo il
> nome ) dice essere quasi il paradigma del comportamento della natura.
> Non sono un fisico ( forse la precisazione � superflua ). La mia laurea
> � in psicologia.
> Sono rimasto colpito perch� l'eperimento mette in crisi la nostra
> visione del mondo
> Ad esempio: se l'ettrone passa _o_ da una _o_ dall'altra fenditura
> allora la probabilit� di trovarlo in un punto � la somma delle due
> probabilit� ( scusate la sintesi ) e non si ha interferenza. Ma siccome
> si ha interferenza allora l'elettrone passa da entrambe le fenditure.
> Per� nessuno ha mai visto mezzo elettrone.
Da un punto di vista cognitivo il vedere un elettrone � inadeguato. Nessuno
ha mai visto nemmeno un elettrone.
> Inoltre: se l'etrone passa da entrambe le fenditure, siccme non vi �
> limite alla distanza tra esse, l'ettrone � grande come tutto l'universo.
A dire il vero pi� distanti sono le fenditure pi� diventa improbabile
osservarne uno, la probabilit� che l'elettrone venga assorbito dallo schermo
diventa via via pi� alta, finch� non si verifica che anche stando ad
aspettare quelle due tre ore, non si vede passar verun elettrone.
> Inoltre ( e questo � davvero sorprendente ) tale comportamento si
> avrebbe anche con le palline da tennis, a patto di riuscire a rilevare
> picchi molto vicini.
Qui la situazione � gi� diversa sotto molti punti di vista ed � parzialmente
inesatto dire che "tale comportamento". Una differenza � che le palline da
tennis � esperienza comune vederle per via della luce che riflettono. Non �
differenza di poco conto. La presenza della luce altera di fatto anche
l'esperimento relativo all'elettrone. Ma il punto pi� delicato � che la
complessit� della pallina da tennis rende molto differente il suo
comportamento quantistico. Dal momento che esperimenti intermedi sono
possibili e sono stati effettuati da Anton Zeilinger e Markus Arndt � stato
possibile stabilire quantitativamente per via sperimentale e cognitiva la
differenza di comportamento. Risulta che gli esperimenti di interferenza
quantistica fra macro-molecole sono molto pi� delicati e difficili che non
siano esperimenti di interferenza quantistica fra particelle elementari.
> Dunque non si tratta del comportamento
> dell'estremamente piccolo, ma del comportamento della natura
> Faccio una considerazione: la nostra logica, la nostra rappresentazione
> del mondo � il frutto dell'evoluzione, la quale premia chi sopravvive,
> non chi ha la mgliore teoria. I nostri sensi, la nostra logica devono
> funzionare per dimensioni che ci servono nel quotidiano. Non serve che
> si adattino al molto piccolo o al molto grande.
> Dunque la nostra rappresentazione della realt� � davvero distorta:
> forse semplifica quello che in realt� � il mondo; forse lo rende pi�
> complesso.
Discorso confuso, per�: semplificazione e complessit� sono parole che vanno
riferite agli adeguati contesti argomentativi, categorie come logica,
individuo, evoluzione non sono sufficienti a comprendere i fenomeni sociali
su cui si regge la vita sociale e dal momento che la conoscenza scientifica
si inserisce in un contesto sociale con tanto di connotazioni universali e
culturali in rapporto intricato le une con le altre, queste categorie
riduzioniste rischiano con alta probabilit� di successo di distogliere
l'attenzione dalla sintesi e dal valore non riduzionista della cultura
scientifica.
> Anche il cervello stesso, che dovrebbe disegnare la rappresentazione
> del mondo, � un oggetto che funziona quantisticamente ( le scariche dei
> neuroni, ... )
E' un azzardo epistemologico il dire che il cervello funziona
quantisticamente, ad esempio stabilisce implicitamente che la conoscenza
scientifica debba avere valore ontologico. Lo ha, ma non in modo diretto
come si potrebbe pensare. Non � significativo dire che il mondo �
quantistico, perch� una teoria scientifica consta di ipotesi cognitive
parziali su di osservazioni parziali del mondo stesso. Non � corretto dire
che una teoria scientifica funziona nella misura in cui funziona, perch� la
funzionalit� � un'aspetto molto contenuto della dimensione scientifica, che
ha a che fare pi� con la culturalit� dell'artificio che con l'universalit�
della sostanza di cui l'artificio � espressione, e la scienza non pu� essere
ridotta alla sua "funzione tecnologica".
> E la nostra logica, la nostra bella logica, che fine fa?
Penso che anche per comprendere ci� che trascende le immediate apparenze,
rimanga una bussola insostituibile, anche per superare, o interiorizzare con
serena accettazione, il disorientamento e l'inquietudine, sempre comuni di
fronte ad un'esperienza mondana che va ben oltre i limiti e le precognizioni
umane. Perch� anche la scienza fa parte dell'esperienza mondana :-)
> Che casino !!!!
> Chi sa che c'� dietro la nostra rappresentazione della realt�, prima
> che venga distorta, filtrata, eleborata, trasformata ( anche in senso
> matematico )dai nostri sensi?
Gi� il fatto di essere consapevoli di schemi, filtri, elaborazioni �
un'esperienza che reca insieme inquietudine ed opportunit� di precisazioni
che sono sorgente viva di pane per i denti della nostra logica.
> Ivan
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Received on Sun Oct 05 2008 - 22:19:52 CEST