Re: Saggio sulle argomentazioni astronomiche di Copernico e Galilei

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Sat, 01 Sep 2012 21:14:54 +0200

Multivac85 ha scritto:
> So che anche di recente si � discusso in questi lidi sulle tematiche
> relative al geocentrismo e all'eliocentrismo, a tal riguardo
> suggerisco solo la lettura del seguente saggio di storia della scienza
> scritto da Giovanni Boniolo e dedicato alle argomentazioni portate da
> Copernico e da Galilei per la loro teoria eliocentrica:
>
>
http://web.archive.org/web/20051016072645/http://www.filosofia.lettere.unipd.it/homepage/boniolo/galileiana.pdf
>
> posto di seguito la parte in cui Boniolo evidenzia il punto debole
> nell'argomentazione portata da Copernico:
> ...
Non credo che accoglier� il tuo invito.
Avevo gi� letto qualcosa di Boniolo, e mi aveva convinto poco.
I brani che riporti non hanno fatto che rafforzare la mia impressione.

Per cominciare, sarebbe utile, se non obbligatorio, che chi scrive di
filosofia della scienza dimostrasse una migliore padronanza del latino,
almeno se fa citazioni:
"questo � un errore logico perch� verum sequitur ad quodlibet".
Ho controllato l'originale, perch� temevo che l'errore potesse essere
tuo, ma non � cos�: Boniolo scrive "sequitur ad quodlibet" invece di
"sequitur a quolibet".

Ma parlando di cose pi� serie, Boniolo scrive:
"In effetti, nella lettera a Paolo III, egli esplicita quanto segue:
1) i matematici tolemaici partono da insiemi di ipotesi che sono
incompleti o contengono almeno un postulato falso;
2) sono cos� arrivati a costruire modelli enormemente complessi:
risultato cui non sarebbero pervenuti se fossero partiti dall'insieme
completo e vero di postulati;
3) d'altro canto, se gli insiemi di ipotesi fossero stati corretti, le
conseguenze che avrebbero dedotto sarebbero state tutte verificate; ma
ci� non � accaduto;
4) il modello eliocentrico, invece, porta a conseguenze che si possono
confermare e quindi esso � vero."

Qui bisognerebbe intanto verificare che cosa esattamente dica
Copernico. Se la "lettera a Paolo III" � quella posta a prefazione del
"De Revolutionibus", allora posso verificare, perch� per caso dispongo
della traduzione inglese di quella introduzione e del primo libro.
In effetti nella prefazione ci sono frasi che possono - con qualhce
sforzo - essere riassunte come ai punti 1) 2) 3) di Boniolo, mentre
non mi riesce di trovare qualcosa che possa essere riassunto come in
4).

Ecco che cosa dice Copernico (ritrodotto in italiano):
"Assumendo i moti che io attribuisco alla Terra [...] non solo i
fenomeni concordano col risultato, ma anche la disposizione di tutte
le stelle e sfere, le loro dimensioni, e lo stesso cielo, sono cos�
legati tra loro che non si pu� cambiare nessuna parte senza
sconvolgere le altre parti e l'intero universo. [...] Non ho dubbi che
matematici esperti e dotati accetteranno i miei argomenti se, in
accordo col primo requisito della scienza, saranno disposti a
esaminare non superficialmente ma in profondit� e a soppesare
l'evidenza che porto in questa opera."
Mi pare molto diverso dal "quindi esso � vero" di cui parla Boniolo.

Eppure lui basa tutto su questo:
"Innanzi tutto egli cade nella fallacia dell'affermazione del
conseguente: dal fatto che una conseguenza sia confermata non segue
per nulla che l'insieme di ipotesi da cui � stata dedotta sia vero."
Veramente incredibile... Eppure Copernico aveva alle spalle solidi
studi compiuti a Cracovia e a Bologna: possibile che non conoscesse il
precetto "verum sequitur a quolibet"?

> Boniolo afferma che analogalmente tali punti deboli compaiono anche
> nelle argomentazioni a favore dell'eliocentrismo portate da Galilei:
"Tutti gli argomenti empirici portati da Galilei sono argomenti molto
forti, specialmente perch� si � in ambito scientifico dove questo tipo
di argomento ha, e deve avere, sempre molto peso, ma - si noti - nessun
risultato empirico favorevole pu� mai portare alla verifica completa
della tesi copernicana: un'istanza o mille istanze confermanti non
comportano la verit� della tesi."
"dal punto di vista epistemologico Urbano VIII insegna a Galilei che
per quanto numerose siano le istanze confermanti esse non trasformano
mai un'ipotesi in una verit�, a meno che tutte le altre ipotesi che
rendono conto degli stessi fatti non siano contraddittorie, cosa che
ovviamente � impossibile da mostrare per il loro numero infinito".

Ma guarda... anche Galileo non conosceva un principio epistemologico
ovvio, che viceversa conosceva bene Urbano VIII (o non piuttosto
Bellarmino?).
In effetti � Bellarmino che scrive, nella sua risposta al Padre
Foscarini:
"Ma io non creder� che ci sia tal dimostratione, finch� non mi sia
mostrata; n� � l'istesso dimostrare che supposto ch'il sole stia nel
centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che
in verit� il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perch� la
prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della 2a ho
grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la
Scrittura Santa, esposta da' Santi Padri."
(Insomma, Bellarmino strumentalista, come gli scienziati moderni...
Peccato che questo "strumentalismo" sia a senso unico: chi contraddice
la dottrina della Chiesa rischia il rogo: Bruno, 1600.)

Ma c'� di peggio: sentite costui:
"Per alcuni giorni sono rimasto fuori di me per l'eccitazione e la
gioia. La natura mi aveva parlato!"
Perch� questa gioia? Perch� un certo calcolo, fatto applicando una sua
teoria, concordava perfettamente con osservazioni astronomiche note e
non spiegate da pi� di 50 anni.
E allora? dir� il "filosofo della scienza" di turno: ecco un altro che
casca nella "fallacia del conseguente"...
Ma chi era costui? Sveliamo l'arcano: era un certo Einstein, che il 18
novembre 1915 si accorse che la sua "teoria della relativit� generale"
spiegava la precessione anomala del perielio di Mercurio, che fino
allora aveva resistito a ogni tentativo di spiegazione.
E la spiegava senza bisogno di alcuna ipotesi aggiuntiva, senza nessun
parametro da aggiustare.

Ma secondo il nostro "filosofo della scienza" tutto questo non
significa niente: Copernico, Galileo, Einstein, cadono tutti nello
stesso plateale errore: la "fallacia del conseguente".
Non sar� che se tanti, e grandi, cadono in quella "fallacia", il
"filosofo della scienza" dovrebbe interrogarsi, farsi venire un
dubbio: forse il criterio epistemologico che pretendo di stabilire
non � applicato nella realt� scientifica, � quindi forzato e
arbitrario? Non dovrebbe cercare d'imparare dagli scienziati per
capire come lavorano, invece di pretendere d'imporgli delle regole
arbitrarie?

Ancora Boniolo:
"In seconda istanza, Copernico non si rende conto della
sottodeterminazione teorica rispetto ai fenomeni. Non prende nemmeno
in considerazione la possibilit� che ci possano essere pi� modelli
del mondo che rendono conto dello stesso insieme fenomenico. Per
Copernico ve n'� uno solo: quello vero. Gli altri o non catturano i
fenomeni o se li catturano lo fanno in modo strumentale e partendo da
ipotesi del tutto surrettizie e false."

In realt� la superiorit� del modello copernicano � altra, ed � stata
ampiamente discussa in questo NG, per cui evito di ripetere.
Ma in breve, sta nella maggiore semplicit�, nella molto minore
richiesta di parametri arbitrari.
Criteri che non dimostrano niente dal puro punto di vista logico, ma
che al fisico appaiono sempre (ancora oggi) orientativi nella scelta
fra ipotesi alternative, e fanno spesso propendere da una parte
rispetto all'altra, a parit� di concordanza coi fenomeni.
A Boniolo questo non interessa? Padronissimo, ma allora non pretenda
di fare "filosofia della scienza", visto che la scienza non funziona
come lui pretende.

E ora veniamo alla questione del realismo.
Dato che Boniolo insiste su questo aspetto ma nei brani da te citati
non si capisce bene che cosa intenda per "realismo", ho dovuto fare
un'eccezione e andare a spulciare il suo saggio. Ecco che cosa ho
trovato:
"Per un realista, infatti, la teoria non solo rappresenta in modo
matematizzato il mondo, ma rappresenta come stanno effettivamente le
cose. Si noti per� che non tutte le forme di realismo sono uguali.
Per esempio, vale la pena distinguere
1) il realismo ingenuo, secondo cui la teoria � descrizione fedele di
ci� che c'� nel mondo, una sorta di fotografia;
2) il realismo critico, secondo cui la teoria coglie certi aspetti del
mondo, pur non essendone la descrizione fedele, pur non essendone la
fotografia."

Questo modo d'intendere il realismo (in particolare quello ingenuo) �
diverso da quello che io credevo di conoscere, per cui ho dovuto
ricorrere a un'altra fonte. Ed ecco che cosa mi dice wikipedia
inglese:

"Naive realism, also known as direct realism is a philosophy of mind
rooted in a common sense theory of perception that claims that the
senses provide us with direct awareness of the external world."

"In the philosophy of perception, critical realism is the theory that
some of our sense-data (for example, those of primary qualities) can
and do accurately represent external objects, properties, and events,
while other of our sense-data (for example, those of secondary
qualities and perceptual illusions) do not accurately represent any
external objects, properties, and events. Put simply, critical realism
highlights a mind-dependent aspect of the world, which reaches to
understand (and comes to understanding of) the mind independent world."

A me questa sembra una descrizione piuttosto diversa da quella di
Boniolo, e vicina a quella che conoscevo io. Ma ci� � secondario.
Pi� importante la conseguezna che ne deriva Boniolo:

"Si noti ancora quest'aspetto estremamente importante: per un realista
non ci pu� essere sottodeterminazione teorica rispetto ai fenomeni,
non ci possono essere pi� modelli del mondo in competizione, ma uno
solo: quello vero. E se anche sembra che ve ne siano, in realt� cos�
non �. I modelli in apparente competizione o sono equivalenti, cio�
modi diversi ma intertraducibili di rappresentare lo stesso ambito
fenomenico, oppure quelli differenti da quello vero."

"Copernico, spinto dalla credenza filosofica che un modello matematico
del mondo dovesse anche rappresentare come stanno effettivamente le
cose e insoddisfatto dalla proposta dei tolemaici, "muove l'ordine
degli astri" e trova che con questo cambiamento le cose vanno a posto.
Inoltre non si accontenta di lavorare con il modello matematico ex
suppositione ma vuole mostrare che � la rappresentazione fedele."
(Segue la citazione di Copernico che ho gi� riportata sopra.)

Come ho gi� detto, non vedo come si possa interpretare il brano di
Copernico al modo "realista" che pensa Boniolo.
Copernico si limita a dire che col suo sistema eliocentrico i fenomeni
si spiegano perfettamente, e in modo cos� vincolante che ogni modifica
produce solo "confusione".
Ritengo che qui Copernico si riferisca al fatto che il suo modello non
solo riproduce i moti apparenti dei pianeti, ma per di pi� vincola tra
loro la distanza di questi dal Sole. Cosa che nei sistemi precedenti
non accadeva, tanto � vero che per es. era rimasta del tutto incerta
la collocazione delle sfere di Mercurio e Venere: entrambe sotto il
sole? entrambe sopra? una sotto e l'altra sopra?

Ancora: Boniolo scrive
"non � corretto sostenere che vi possa essere un solo modello di
universo che cattura correttamente i fenomeni celesti: questo vale
solo se si parte da una forte presupposizione realista ingenua
(posizione gnoseologica molto debole), infatti solo per un realista
ingenuo vi � un unico modello vero del mondo (errore epistemologico
derivato dalla non considerazione della sottodeterminazione)."
Ho gi� detto che non vedo dove Copernico affermi l�unicit� del modello
ecc. Suppongo che Boniolo abbia pensato questo perch� non ha capito il
significato delle frase di Copernico che ripeto:
"... sono cos� legati tra loro che non si pu� cambiare nessuna parte
senza sconvolgere le altre parti e l'intero universo."

E addirittura taccia Copernico di "realismo ingenuo" (nel suo senso, a
mio parere particolare). Col significato che do io all'espressione
"realismo ingenuo", penso che questa non implichi niente sulle teorie,
ma solo sulla corrispondenza tra osservazioni e realt�: tutt'altra
questione.

> Insomma, cosa ve ne pare di questo saggio e delle osservazioni che
> porta?
Risposta implicita in quanto precede.
                               

--
Elio Fabri
Received on Sat Sep 01 2012 - 21:14:54 CEST

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