Il 09 Mag 2007, 15:21, Paolo Brini <paolo.brini_at_iridiumpg.cancellacom> ha
scritto:
> Enrico SMARGIASSI ha scritto:
>
> > Chicco83 wrote:
> >
> >> Non capisco come faccia la gente che
> >> crede a queste cose a vivere dare un senso alla propria vita.
> >
> > Il senso della vita e' viverla, senza stampelle metafisiche.
> >
> > Ma non siamo andati un po' troppo lontani dall'argomento originale, e
> > parecchio off-topic?
>
>
> Ciao Enrico,
>
> per ritornare ad argomenti coerenti con le finalit� del newsgroup,
> aggiungerei anche che le posizioni assunte da alcuni scriventi
> ipotizzano, dogmaticamente, che le leggi della meccanica quantistica
> descrivano una realt� capace di vietare il libero arbitrio.
Prigogine si � compiaciuto di mostrare che nemmeno il determinismo
Laplaciano � capace di escludere la plausibilit� di una ipotesi di libero
arbitrio. Fino alla fine dell'ottocento si assumeva che esistenza ed unicit�
delle soluzioni delle equazioni della meccanica classica e
dell'elettromagnetismo facessero il paio con l'idea stessa di
intellegibilit�
della natura. Fino al tempo di Lagrange fu buona abitudine porsi il problema
se questo teorema fosse necessariamente verificato, e fare la pragmatica
scelta di ipotizzare che lo fosse, in seguito questa abitudine cominci� a
venire in difetto, man mano che aumentavano i successi predittivi della
meccanica newtoniana.
Quando Poincar� si trov� di fronte all'ipotesi di Planck dedusse
che una teoria consistente con tale ipotesi dovesse rinunciare alla
possibilit�
di descrivere la natura in termini di equazioni differenziali. Fu sempre
dubbioso
su questo punto ed a buona ragione, oggi sappiamo. Lo stesso Poincar� giunse
ad adombrare, in altro contesto, la possibilit� che le singolarit�, cagione
di
caducit�, occasionale, del teorema di esistenza ed unicit�, potessero
essere irriducibile conseguenza di infiniti gradi di libert�,
e della non integrabilit�.
Per lungo tempo non riusc�
a liberarsi dal pregiudizio dell'esistenza di leggi e dal determinismo
ed essenzialmente pensava che queste singolarit� mettesero
solo in evidenza una parziale conoscenza delle leggi di natura, ovvero, come
si
convinse pi� tardi, una inadeguatezza della formulazione differenziale e
locale,
da qui il suo pronunciamento sulla meccanica quantistica.
Prigogine si convinse di una sorta di teorema di incompletezza che insegna
qualcosa
sulle difficolt� incontrate da Poincar�: se vogliamo conoscere l'evoluzione
temporale
di un sistema descritto da un liouvilliano, dobbiamo conoscerne con
esattezza lo
stato iniziale ed avere la possibilit� di applicare l'operatore di
evoluzione temporale
su questo stato. Ma una semplice analisi degli operatori di evoluzione
temporali
associati con le leggi di Newton mette in evidenza che questi operatori non
possono
essere definiti univocamente su tutto lo spazio delle fasi. In termini
tecnici
operatori non limitati possono essere definiti su una variet� lineare densa
dello spazio delle fasi infinito dimensionale, ma non su tutta la variet�.
Per definirli su tutta la variet� occorre studiare il problema delle
cosiddette
estensioni autoaggiunte.
Pi� o meno negli stessi anni in cui Prigogine giungeva a queste conclusioni
Heisenberg si poneva il problema se le leggi di natura fossero lineari,
ovvero
si stava gi� chiedendo se lo schema lineare che Prigogine stava assumendo
implicitamente fosse il giusto schema e stava studiando una variet� di
equazioni di evoluzione non lineare. L'idea era in questo caso che "leggi
di natura" leggasi "teoremi di esistenza ed unicit�" valessero anche per
sistemi fortemente non lineari, ma che l'evoluzione temporale andasse
necessariamente incontro a singolarit�. In corrispondenza di queste
singolarit�
non era predicibile alcunch�, leggasi : " le ipotesi dei teoremi di
esistenza ed
unicit� venivano meno". Heisenberg rimaneva tuttavia confidente nel fatto
che
sebbene queste singolarit� avrebbero potuto rivelarsi come una scocciatura
inevitabile a livello microscopico, essendo queste singolarit� casi
eccezionali
nella vita dei sistemi microscopici, le leggi di natura potessero continuare
a valere a livello macroscopico " in media ".
In verit� entrambi questi punti di vista furono riconsiderati alla luce
delle
teorie dei campi e del gruppo di rinormalizzazione come aspetti non
separabili ovvero come difficolt� della formulazione variazionale per
sistemi con infiniti gradi di libert�. La teoria geometrica della misura
riesce ad avere ragione della non linearit�, ma non degli infiniti gradi di
libert�. Il problema che si pone con infiniti gradi di libert� � a livello
logico. La predestinazione, il punto di vista teleologico, ovvero di una
intenzione insita fin da principio nella natura delle cose, idea familiare
ad Aristotele e ad alcuni esiti del calcolo delle variazioni, come anche ad
alcuni pensatori della riforma protestante, risultano possibilit�
conseguenti di ipotesi autoreferenziali sufficienti ad ottenere lo scopo
ma non necessarie, per lo meno nella forma del preteso determinismo,
per condurre una teoria coerente. La risposta alla via d'uscita, fornita
dalla logica modale, alle formulazioni autoreferenziali, gode oggi della
pessima fama di predicare la coesistenza di molti mondi. Cosa che
in effetti la logica modale non fa.
Cos� a questo punto della storia sembra che l'intuizione originaria
di Poincar� fosse stata molto lungimirante. Leggi di natura, se esistono,
non hanno forma locale e diffenziale, le leggi della fisica classica,
che hanno forma locale e differenziale sono epifenomeni, ovvero
manifestazioni superficiali, di altre leggi che hanno plausibilmente
un carattere globale, o persino estraneo alla nozione di spazio e di
tempo che potrebbero essere nozioni derivate. Tuttavia Poincar�
non si spinse a tali vette di audacia.
Quando Poincar� cominci� ad interessarsi
della teoria dell'elettrone e del gruppo di Lorentz scelse il punto di
vista variazionale ponendosi il problema di una consistenza a livello
globale
delle diverse ipotesi, ma per la stessa ragione non riusc� a superare la
nozione di gruppo rigido di trasformazioni. Ma per Poincar� il determinismo
e l'esistenza di leggi rimasero sempre delle ipotesi di lavoro della
Scienza,
non dei giudizi definitivi sulla natura delle cose.
Questo non �
> affatto certo, si pensi per esempio a visioni simili a quella di Penrose
> (tanto per citare uno dei ricercatori pi� illustri); in questo senso gi�
> il solo collasso della funzione d'onda pu� essere un indizio
> utilizzabile per confutare la predestinazione e anche per sostenere la
> fisicit� della coscienza come espressione e/o apparenza di una
> configurazione.
>
> Pi� in generale, n� il determinismo n� l'indeterminismo implicano
> negazione del libero arbitrio (posso citare per esempio il
> compatibilismo). Andare a sostenere queste implicazioni con tanta
> superficialit� significa ignorare il lavoro di grandi del pensiero come
> Honderich e Kane.
>
> In secondo luogo, c'� un assunto ancora pi� a monte che non possiamo
> sostenere, da un punto di vista fisico, biologico e neurologico, con
> certezza: che l'autocoscienza non sia un epifenomeno. Tutte le posizioni
> dogmatiche/fideistiche che ho letto nel thread, oltre a sostenere a
> priori l'esistenza di un'entit� "superiore" alla realt� conoscibile,
> sono ulteriormente viziate da questo pregiudizio di fondo. Al contrario,
> se si vuole utilizzare la scienza per vedere se pu� dirci qualcosa in
> merito al libero arbitrio, che almeno si tengano presenti quell'insieme
> di ipotesi che formano la psicologia evoluzionista e che portano a
> mettere in discussione l'esistenza come entit� ontologica della stessa
> coscienza.
Non ho capito esattamente, ma mi sembra di
sentire riecheggiare un contrasto a distanza
fra Heidegerr e Marcuse. Forse, in parole semplici,
stai pensando all'ipotesi della psicologia evolutiva
che mette in discussione l'esistenza a priori di una
identit� come anche di una natura umana. Ovvero
alcuni aspetti dell'identit�, come anche della natura
umana, sarebbero aspetti costruiti dalla cultura, al
punto che alcuni pensatori hanno portato il discorso
all'estremo asserendo che di fatto non esiste una
natura umana che non sia frutto della cultura e non
esiste una identit� che non si costruisca attraverso
l'educazione. Per contro alcuni sostengono che questo
punto di vista si identifichi con il nichilismo. Persino coloro
che hanno apprezzato gli sforzi di studiosi come Piaget
hanno potuto notare una sofferta evoluzione delle idee di
Piaget nel corso degli anni. Hanno scoperto che ad una
attenta analisi logica le posizioni pragmatiche di Piaget
non erano consistenti con l'evidenza di una presenza
interpretativa. Analoghe discussioni hanno contrapposto
negli anni le ali pi� estreme degli studi sulla psicodinamica.
E' un dato sorprendente che le terapie freudiane tendevano
a "produrre" pazienti che facevano sogni di tipo freudiano,
e che le terapie junghiane "producevano" sognatori junghiani,
ma nessuno di questi studi ha saputo chiarire se il contenuto
spirituale di questi sogni fosse stato "creato" per cos� dire dai
terapeuti, mettendo a tacere contenuti autonomi ed originali,
oppure se l'apparenza di queste correlazioni fosse il frutto di
un utilizzo di schemi di interpretazione molto superficiali ed incapaci
di entrare nel merito dei contenuti originali che risultavano solo
variamente codificati.
> Se si vuole arrogare un presunto diritto di superiorit� dei miti
> religiosi sui miti scientifici in base al fatto che la scienza ci
> farebbe apparire una vita vuota e senza senso, dominata o dalla
> casualit� o da un rigido determinismo, che almeno lo si faccia
> conoscendoli, questi miti scientifici: potrebbero emergere, per il
> dogmatico religioso, delle sorprese inattese.
Non sono d'accordo con quello che dici. La ragione del mio
disaccordo sta nell'artificiosit� di questa separazione che
vuoi vedere fra "miti scientifici" e "miti religiosi". A dire il vero
non sono dell'avviso che la materia prima della religione, della
scienza e delle attivit� dell'uomo in genere, sia la mitologia.
Inviterei anche a
> chiarirsi le idee su cosa siano un modello, una teoria scientifica e
> un'interpretazione di una teoria, e a non assumere che la scienza
> sostenga argomenti che in realt� non sostiene. Chiudo con una domanda
> rivolta a Chicco83 ed altri: quando dite "credere a queste cose", avete
> almeno presente che cosa significa "credere a una teoria scientifica"?
Perch� dovrebbero?
> Ciao,
>
> Paolo
>
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Received on Thu May 10 2007 - 02:59:21 CEST