Re: Dubbi sulla terza legge di Newton piu' una piccola digressione sui liquidi
Concordo con il post che mi ha preceduto (di Elio Fabri), ma vorrei
chiarire alcune affermazioni che avevo fatto in precedenza.
Se non dovesse essere chiaro in quel che segue, voglio sottolineare che
sono grato all'autore di tale post, in quanto ha evidenziato alcune cose
dette (oops, scritte ;) ) in maniera talvolta imprecisa, impropria, o
non molto chiara.
Pertanto ringrazio per le precisazioni.
Elio Fabri (da qui "F") ha scritto:
> Mi sembra di poter identificare i seguenti temi che occrre affrontare
> e sistemare:
> 1) Le parole "azione" e "reazione".
F:
> E' del tutto arbitrario quale chiamare azione e quale reazione, e
> forse sarebbe meglio abolire del tutto tali termini.
Concordo in parte (e mi spiegher� dopo), anche se l'uso (superficiale,
forse) di tali termini mi sembrava coerente con il nome con cui spesso
si identifica il terzo principio (legge di azione e reazione). Infatti
dicevo:
fm2766 (a qui "io") aveva gi� scritto:
>> ... un'azione (da qui in poi user il termine azione con il suo
significato
>> pi� ovvio, non in quello tecnico usato dalla fisica, per es "azione"
>> minima, ecc).
C'era anche "ecc," che indicava proprio come il termine fosse usato in
modo non tecnico, quindi in maniera "grossolana", per essere poi
richiamato in seguito per proseguire con la descrizione (che conservava
sempre la stessa levatura tecnica). Comunque � corretto che sarebbe
meglio non usarlo troppo.
Dicevo che concordo in parte, e per spiegarmi modificher� un poco il
testo del problema.
Consideriamo un cubetto di densit� uniforme immerso in *un campo
gravitazionale uniforme*, posto su un tavolo (per semplicit� senza
massa). Il cubetto � fermo. Come si descrive tale fenomeno?
Il campo gravitazionale uniforme pu� essere identificato con la causa
della forza peso del cubetto stesso, e quest'ultima come la causa della
reazione del tavolo.
Se il cubetto fosse, per assurdo, senza massa, il tavolo non
eserciterebbe alcuna forza su di esso (cio� i due non interagirebbero).
In questo senso, ed in senso lato, si pu�, secondo me, considerare
"azione" la forza peso del cubetto, e "reazione" la reazione del tavolo.
F:
> 2) Il termine "reazione vincolare".
F:
> Nel caso generale, e' corretto chiamare r. vinc. l'intera forza cheil
> vincolo esercita, _attrito incluso_ (quindi non solo la forza normale).
Verissimo. Ma mi sembrava che fossimo implicitamente in condizioni
ideali (piano orizzontale, nessun attrito, campo uniforme, ecc.)
F:
> In ogni caso alla reazione vincolare corrispondera' una forza che il
> corpo esercita sul vincolo (terzo principio!)
io:
>> Forza peso del cubetto (che spinge il
>> tavolo, cio� agente sul tavolo) e reazione vincolare del tavolo (che
>> agisce sul cubetto, frenandolo) sono una coppia azione-reazione.
>> All'azione della forza peso, si oppone la reazione vincolare del
>> tavolo.
Mi sembrava superfluo sottolineare che � vero anche il contrario. Ma mi
rendo conto che non � cos�.
F:
> 3) Se sia vero che la reazione del tavolo e' uguale al peso del corpo.
F:
> 3) Questo in realta' l'avete gia' detto: e' vero *solo
> all'equilibrio*. Eppure la concezione sbagliata, che il corpo applichi
> *sempre* sul tavolo una forza uguale al suo peso e' riaffiorata qua e
> la'...
Anche su questo concordo, e mi permetto di fornire anche altri
controesempi (mi pare per� che il primo fosse gi� implicito nel post di
F.):
a) cubetto che scivola (senza attrito) su un piano inclinato;
b) cubetto "poggiato" su un piano orizzontale (tavolo) in caduta libera
(nel vuoto) in un campo gravitazionale uniforme.
Credo sia ovvio perch� poggiato � posto tra virgolette (forse � meglio
dire "posizionato"?).
F:
> 4) Che succede quando il tavolo non resiste?
F:
> Basta ora pensare il tavolo come una molla la cui deformazione e'
> molto piccola (ma misurabile, se si vuole...).
> Tanto la molla come il tavolo avranno in pratica un limite oltre il
> quale non sono in grado di deformarsi senza rompersi. Se questo limite
> viene raggiunto e superato durante il fenomeno, la molla o il tavolo si
> rompono. Tutto qui.
Ok.
F:
> 5) Dove sono applicate le forze nel caso di corpi estesi?
F:
> 5) E' un errore molto comune, ma comunque un errore, quello di
> affermare che le forze debbano essere applicate "nei baricentri".
> Intanto, del tutto in generale, le forze di cui stiamo parlando essendo
> dovute a interazioni *di contatto*, sono applicate nella regione di
> contatto.
> Questa regione potra' essere piu' o meno estesa, talvolta
> schematizzabile inun punto.
Concordo.
F:
> Anche nel caso dell'urto tra due sfere le forze, ammesso che possano
> essere schematizzate a loro volta con una singola coppia
> azione-reazione, non e' detto che debbano essere normali alle
> superfici, e quindi le loro rette non passeranno sempre per i centri.
> Succede solo in assenza di attrito.
Concordo, ed anche qui ritenevo fosse sottinteso.
io:
>> Nei sistemi di punti (continui o discreti), le forze sono generalmente
>> applicate al baricentro, a meno di non considerare anche le coppie di
>> forze (quelle che, per intenderci, generano le rotazioni).
>> Se fossero sfere di raggio finito, ma non nullo, si dovrebbe
>> considerare che le sfere si potrebbero toccare "di lato", non per
>> forza sulla congiungente i due baricentri. La forza applicata sarebbe
>> invece allineata alla congiungente i baricentri.
Ero impreciso. Meglio:
Nei sistemi di punti (continui o discreti), le forze possono essere
*generalmente viste* come se applicate al baricentro; in alcuni casi,
tuttavia, ci� non � vero, come nel caso in cui le forze generino
rotazioni, o in campi non uniformi, o in presenza di attriti, o ...
Se le sfere avessero raggio finito, ma non nullo, allora si dovrebbe
considerare che le sfere potrebbero subire un urto non frontale. Cio� il
punto di contatto potrebbe non giacere sulla congiungente i due centri
geometrici (come erano posizionati prima dell'urto).
La forza applicata, in assenza di attriti, sarebbe invece allineata alla
congiungente i centri geometrici delle due sfere al momento dell'urto.
> Qua bisognerebbe aprire u discorso piuttosto lungo sui sitemi di forze
> aplicate a corpi estesi, sulle condizioni e su significato della loro
> riducibilita' a un'unica forza e sul punto di applicazione di questa.
> Poi sul caso particolarmente importante e semplice dei corpi rigidi...
Vero.
> Aggiungo solo che il baricentro in tutto questo discorso non c'entra
> *assolutamente niente*, e viene tirato in ballo troppo spesso, e del
> tutto a sproposito.
> L'unico caso in cui e' corretto chiamare in gioco il baricentro, e'
> quando le forze di cui si parla sono le forze che un corpo sente in un
> campo gravitazionale _uniforme_.
> Poi ci sarebbe un'altra importante eccezione, sempre relativa ai campi
> gravitazionali, ma non la cito per brevita'.
Viene tirato in ballo in maniera impropria, come avevo fatto anch'io,
solitamente quando lo si confonde con il centro geometrico di corpi
uniformi (come nel caso di sfere a densit� uniforme in un campo
gravitazionale uniforme).
E' solo un mio personale punto di vista, ma, per quanto ci� possa essere
impreciso, non mi pare una gravissima mancanza.
F:
> 6) Che succede nel mio esempio delle uova?
>
F:
> Sappiamo che il mattone finisce per fermarsi, mentre prima di toccare
> le uova era in caduta libera con accel. g.
> Dunque l'interazione con le uova ha cambiato la sua accel.: intanto di
> verso, ma certo anche di modulo, dato che la fermata avviene in uno
> spazio molto piu' breve.
> Questo basta per dire che le uova hanno dovuto applicare al mattone
> una forza parecchio maggiore del suo peso, e quindi (terzo principio)
> il mattone ha applicato alle uova una forza ugualmente maggiore di
> quella che applicava quando ci poggiava sopra in equilibrio.
> Ecco perche' le uova si rompono :-)
Ok.
Cordiali saluti.
Received on Sat May 06 2006 - 08:53:27 CEST
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