Re: Calore e colore

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Wed, 28 Dec 2005 17:31:59 GMT

                    Il 27 Dic 2005, 19:42, Daniel <daniele.fua_at_unimib.it> ha scritto:
> Tetis wrote:
> >
> > 2) nella definizione di "radiance"
> >
> >>non si dice in che direzione � preso l'"unit solid angle"
> >
> >
> > Questo perch� IMHO, la definizione che tu hai in
> > mente � una restrizione della definizione operativa.
> > Questa restrizione ha alle spalle un'argomento matematico
> > solido su cui vale la pena di soffermarsi, ma operativamente
> > la misura di una radianza da parte di una superficie
> > entro un dato angolo solido infinitesimo � ben posta a prescindere
> > dall'orientazione relativa fra la superficie ed il raggio. Tu intendi
> > per radianza il flusso di energia per unit� di angolo
> > solido e per unit� di superficie ortogonale alla direzione
> > di propagazione. Questa scelta � comoda nel caso di
> > radiazioni isotrope, non � necessaria in generale, ma
> > in generale la radianza va definita pensando ad un
> > elemento di superficie. O per essere pi� pignoli � un
> > concetto che coinvolge due elementi di supeficie in punti
> > distinti di uno spazio affine, d'altra parte fissata la direzione
> > la dipendenza dall'orientazione degli elementi di superficie
> > � solo una propriet� geometrica. E' comodo definire la radianza
> > a partire da una distribuzione tensore di rango 3, che
> > associa ad un elemento di superficie e un vettore v, il flusso
> > di energia per unit� di angolo solido che attraversa
> > l'elemento di superficie intorno al versore v/|v| nel
> > tempo |v|/c. Nel caso di radiazione isotropa questa
> > forma differenziale si pu� esprimere come:
> > L v \dot (dr1^dr2) d\omega ed il coefficiente numerico
> > L � la tua radianza isotropa. Volendo essere davvero
> > pignoli si deve pensare ad una distribuzione che ha
> > per argomenti una coppia di punti e due elementi di
> > superficie. La radianza dipende solo dalla coppia
> > di punti, � costante lungo un raggio, ma non �
> > necessariamente simmetrica. Come entrano
> > in gioco gli elementi di superficie � un gioco che dipende
> > solo dagli angoli fra le direzioni normali ed il vettore relativo
> > alla coppia di punti.
>
> Mi sento alquanto ignorante ma non capisco.

Probabilmente ne sai pi� di me, in verit�, ma in questi
temi le astrazioni e le precisazioni necessarie a giungere
ad una espressione esatta delle intuizioni del proprio
intelletto e della propria esperienza sono tanto necessarie
quanto dispersive, specie nelle prime esperienze. Spesso,
rispetto all'esigenza di formalizzazione vivo un'esperienza
simile a quella di un pittore che alla scuola d'arte smette di
saper disegnare perch� si sforza di applicare regole che
non ha mai usato. Purtroppo l'apprendimento di un codice
di comunicazione richiede qualche sforzo.

> Quello che penso e che forse
> non ha nulla a che fare con quello che dici e' quanto segue:
> 1) siamo d'accordo che la radianza e' definita come flusso di energia
> sotto forma di radiazione per unita' di tempo, entrante/uscente
> nella/dalla unita' di superficie, proveniente/uscente entro l'unita' di
> angolo solido (come ho gia' scritto, preferirei non parlare di "unita'
> di..." ma piuttosto delle forme differenziali R-N, ma... ci capiamo)


Forse siamo d'accordo, ma io non scriverei entrante/uscente. Io scriverei
che si tratta del valore medio della potenza fluita sotto forma di
radiazione, riferita all'unit� di area,
attraverso una supeficie infinitesima orientata ds1(questo � uno
pseudovettore, eventualmente identificato da due vettori
infinitesimi: dr1^dr2 � l'elemento d'area tangente ad una
superficie di coordinate intrinseche r1 ed r2, esplorato dalla
variazione di tali coordinate), nella direzione del versore n ed
entro l'angolo solido d\omega. In alternativa farei riferimento alla
quantit� media di energia fluita dall'elemento superficiale ds1
nel punto r1 verso l'elemento superficiale ds2 nel punto r2. E
preciserei in generale che stiamo facendo riferimento ad un
flusso stazionario, in caso contrario si aggiungono delle precisazioni
necessarie sulle scale dei tempi di campionamento e sulle
grandezze medie alle quali si � interessati nello specifico.
Ora il versore n non � altro che r12/|r12|, l'elemento di superficie
� ds1 e l'elemento di angolo solido � d\omega = (n.ds2)/|r12|^2.
Il flusso � dato da L12 (n.ds1) (n.ds2)/|r12|^2. Nell'ipotesi di
grandezze regolari risulta che L12 � un numero e che per definizione
� positivo. Se gli elementi di superficie ds1 e ds2 sono orientati
concordemente con r12 il flusso dalla superficie 1 alla superficie
2 � una grandezza positiva. Questo flusso non � necessariamente
uguale al flusso dalla superficie 2 alla superficie 1. Ad esempio
nel caso di un oggetto luminoso immerso in uno spazio circostante
altrimenti buio,una delle
grandezze L12, L21 � nulla. E precisamente, se
la sorgente, il punto 1 ed il punto 2 formano un angolo acuto
L12=0. Che traduce l'affermazione di marcofuics: le stelle sono
al buio, ma non sono in un ambiente buio.

> 2) a meno che non si dia per scontato che il versore che definisce
> l'unita' di superficie (versore perpendicolare al piano...) e' lo stesso
> che definisce la direzione e il verso attorno al quale costruisco
> l'unita' di angolo solido, occorre specificarlo con l'aggiunta
> "perpendicolare alla superficie".


Esatto. Il punto delicato � che questo flusso pu� dipendere
bruscamente dalla direzione ed allora � una grandezza infinitesima
quella che si definisce. Si tratta di una flussione nel senso autentico
della parola: la quantit� che integrata rende il flusso. Nei casi di
variazioni continue non ci sono particolari problemi, abbiamo sempre
grandezze commensurabili, la radianza � una funzione. Ma nella
generalit� dei casi occorre pensare a distribuzioni e non � affatto
banale come trattare matematicamente questi oggetti, occorre
in genere fare delle ipotesi circa l'esistenza dei limiti che poco
hanno a che fare col senso fisico. Una situazione particolarmente
complessa si presenta nella descrizione della potenza diffratta da
un'ottica multistrato in cui gli strati sono self assembled e presentano
una gerarchia autosimile. Situazione analoga per i quasi cristalli,
sono oggetti antichi come la storia del mondo, ma la loro descrizione
matematica richiede astrazioni non banali. Infatti risulta che gli spot
di diffrazione hanno intensit� asintoticamente simili a distribuzioni
gerarchiche e non sono affatto continue.
 
> Non capisco neppure la questione sull'isotropia: se la radiazione e'
> isotropa la radianza non viene neppure utilizzata, tanto vale utilizzare
> l'irradianza che e' quella importante per i bilanci energetici.

Ma non � affatto cos�, ritengo, spero che questa discussione sia
fruttuosa, in effetti � da poco che abbiamo iniziato questo confronto,
ma nel frattempo ho rivisto i testi classici:
pensa alla definizione di radianza nella
forma che ho appena descritto: la potenza, fluita in forma di radiazione,
che raggiunge l'elemento ds2 dall'elemento ds1 pu� essere
espressa nella forma: L12 (ds1.n) (ds2.n)/|r12|^2. L12 si chiama
intensit� radiante. Abbiamo due grandezze che hanno le dimensioni
di una radianza: L12 L12 (ds1.n)/U_a (dove U_a � l'unit� di misura
per l'area). Stando alla definizione operativa
la radianza relativa alla superficie ds1 ed all'angolo solido
(ds2.n)/|r12|^2 � la seconda, non la prima. Ora in alcuni
casi applicativi, effettivamente questa radianza non �
 mai usata, in altri � la sola grandezza misurata. Ad esempio,
nel caso che ti ho proposto per discutere � la radianza la grandezza
importante, ed � importante sapere che si pu� esprimerla
dal valore della densit� di energia (U) come c U/(4\pi).
Tutto dipende dal sistema di filtraggio del rivelatore
e dalla geometria della sorgente. Per fare un altro
esempio pseudo-concreto, se abbiamo un foto-diodo che misura
la potenza sopra una certa soglia, e questo � sul fondo di
un tubo sormontato da un diaframma ad occlusione coadiuvato
da un'ottica a cristalli liquidi che filtra tutte le frequenze sopra un
dato valore, allora con questo strumento � possibile acquisire
una mappa arrozzata della radianza dai vari punti di una sorgente estesa
facendo diversi rilievi da punti di vista differenti. Tipicamente
occorrerebbe un numero di rilievi dell'ordine di n^2. Se per�
abbiamo gi� un'idea della funzione radiante del sistema,
ad esempio conosciamo la curva di riflettanza del materiale
risolta in frequenza, allora possiamo determinare anche la
temperatura dei diversi punti della superficie, o viceversa
testare il grado di conservazione e la rugosit� del materiale.
E con molti meno rilievi.
Chiaro che questo strumento, coadiuvato da un'apparato di
telemetria, farebbe misure di intensit� radiante. Chiaro
anche che per un fisico dell'atmosfera questi discorsi sono
poco interessanti perch� i problemi di acquisizione da satellite
su scala planetaria sono molto pi� complessi, sia per la
presenza dell'atmosfera, sia per la variabilit� continua dei
parametri in funzione delle biomasse. Mentre per esempio
per un ingegnere edile � pi� semplice ricorrere a termocoppie
piuttosto che a fotodiodi. Diversamente un ingegnere
del colore di un'industria automobilistica sar� pi� che
altro interessato alla curva spettrale
dei materiali al fine di valutare l'effetto cromatico di una
vettura, ed allora user� davvero strumenti di questo tipo
eccetto che preferir� usare anzich� un'ottica a cristalli liquidi
una pi� precisa ottica a diffrazione. Un ingegnere elettronico
con la passione per la miniaturizzazione, per gli effetti speciali,
e per la fotografia lavorando alla agfa potrebbe essere
interessato a questo genere di tecnologie in vista di s
viluppare un prodotto commerciale capace di filtrare
e selezionare solo la luce desiderata.


> La radianza si usa proprio nei casi anisotropi ma il "goal" finale e
> sempre quello di integrarla nel semispazio e trovare l'irradianza.

L'obiettivo penso che dipenda da caso a caso. Se ad esempio
sei interessato a fotografare un cratere lunare non ti interessa
tanto la luce che proviene dalla intera luna e dal resto del
semispazio.

> > Per quanto riguarda invece
> > il colore di un corpo nero sono ancora perplesso. Tu hai
> > parlato delle varie nozioni di temperatura, ma non ancora
> > del colore.
>
> Volutamente io non ho mai parlato di colore. Ho solo dato una
> definizione operativa di temperatura di colore che potrebbe non aver
> nulla a che fare con la sensazione visuale del colore.

Nel frattempo ho ritrovato un vecchio articolo di un
enciclopedia scientifica in cui si fa riferimento ad un
indice di colore. Negli anni settanta risulta che in astronomia
si definiva la magnitudine delle stelle in base ad una scala
logaritmica. Penso sia una scala usata ancora oggi, tuttavia
secondo che l'ottica per l'acquisizione delle intensit� fosse
occhiometrica (cio� telescopio + osservatore) o fotografica
si dava spazio a diverse scale. Le cosiddette magnitudini
visuale (occhio), ovvero foto-visuale (usando un filtro giallo
che simula la risposta in frequenza dell'occhio umano),
ovvero foto-grafica (usando una pellicola senza filtri).
Il primo metodo va bene per la parte giallo verde dello
spettro, ma per le stelle pi� calde occorreva usare le
acquisizioni fotografiche e secondo che si usasse
una pellicola piuttosto che un'altra poteva risultare
una magnitudine piuttosto che un'altra. La magnitudine
fotografica, ad esempio, dice questo articolo d'enciclopedia,
dava prevalenza alla parte blu dello spettro pi� di quanto
non facesse la magnitudine visuale. O per dire con parole
mie: la magnitudine visuale sottostima la magnitudine
delle stelle blu. A quel tempo la magnitudine bolometrica
era ancora quella su tutto lo spettro. Oggi l'uso di bolometri
pi� evoluti che separano i contributi termici di diverse componenti
spettrali rende rischioso l'uso della dizione bolometrica con
riferimento all'integrale, ma ... s'intende bene il significato della
dizione con una piccola premessa sull'origine del termine.

> Daniele Fua'
> Uni. Milano-Bicocca
>
          

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