Re: Calore e colore

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Sun, 01 Jan 2006 16:22:07 GMT

                    Il 31 Dic 2005, 20:35, Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it> ha scritto:
> Tetis ha scritto:
> > ...
> > Nel frattempo ho ritrovato un vecchio articolo di un enciclopedia
> > scientifica in cui si fa riferimento ad un indice di colore. Negli
> > anni settanta risulta che in astronomia si definiva la magnitudine
> > delle stelle in base ad una scala logaritmica. Penso sia una scala
> > usata ancora oggi, tuttavia secondo che l'ottica per l'acquisizione
> > delle intensit� fosse occhiometrica (cio� telescopio + osservatore) o
> > fotografica si dava spazio a diverse scale.

> La scala logaritmica e' correntemente in uso anche oggi.
> Il resto che dici invece e' ormai obsoleto (una tantum, uso questo
> aggettivo, perche' qui ci sta bene :) )
>
> > Le cosiddette magnitudini visuale (occhio), ovvero foto-visuale
> > (usando un filtro giallo che simula la risposta in frequenza
> > dell'occhio umano), ovvero foto-grafica (usando una pellicola senza
> > filtri).
> Queste magnitudini sono morte e sepolte da tempo e sono sostiuite dai
> cosiddetti "sistemi fotometrici", definiti in modo preciso.
> Mi sembrava di averci gia' fatto cenno in un altro posto, ma non sono
> sicuro.

Forse in qualche thread, che non ho pi� seguito, con Rosoni,
mi sembra si fosse gi� parlato del tema. Ed era rimasta
in sospeso pi� di una curiosit�. Ho anche comprato un
libro di colorimetria, che consigliasti a tal proposito, ma
su alcuni temi ha aumentato le domande. Bene.

> Il sistema fotometrico piu' comune (e antico) e quello U B V, dove U
> sta per ultravioletto (l'avresti mai detto? :-)) ) B per blu e V per
> visuale.

Pi� oltre suppongo non si vada per causa dell'alto
coefficiente di estinzione delle ottiche in silicio e
quarzo. In effetti nell'articolo che ho citato si avvertiva
un presagio delle pi� avanzate tecniche di classificazione,
si accennava alla possibilit� di acquisizione delle intensit�
ultraviolette. Per inciso sembra che i primi animali dotati
di occhio avessero una vista a quattro colori, con un tipo di
cono in pi� per l'ultravioletto. Questo si � modificato e poi
si � perso nella linea evolutiva che conduce all'uomo, ma
� rimasto nei volatili che ne hanno un gran bisogno per
misurare le profondit�, infatti il fenomeno del viraggio verso
il blu � molto pi� accentuato nell'ultravioletto per via della
diffusione Rayleigh. Quindi per delle buone misure occorre
essere accorti di una gran quantit� di sottigliezze.

> Le definizioni si ottengono assegnando per ciascuna banda delle
> precise funzioni peso che caratterizzano le risposte che deve avere un
> rivelatore per misurare la magnitudine U oppure B oppure V.

Qui c'� la prima perplessit�: questa classificazione ricorda quella
che in fotometria prende il nome di modello tristimolo, come sai, esiste
un modello additivo del colore. Oggi sappiamo che la sua base fisiologica
sta nell'esistenza dei tre tipi di coni. Ma se la sensibilit� dell'occhio
alla luce �, come ormai accertato, logaritmica, che base ha questa
ipotesi? Suppongo che funzioni bene per sollecitazioni comparabili
in intensit� alle diverse frequenze, ma ho dei dubbi. Ad ogni modo
come funziona in astronomia? Si calcola prima la risposta pesata
linearmente e poi si fa il logaritmo o...

Forse c'� da sapere qualcosa circa i sistemi concreti di acquisizione
delle intensit�? Per esempio se usassimo tre convertitori in concreto
le situazioni possono essere tante. Faccio un semplice esempio:
lo strumento misura una corrente prodotta. Facciamo un test usando
due fasci monocromatici a due frequenze e misuriamo rispettivamente
I1 ed I2. Se ora sommiamo i fasci (e non ci sono interferenze) troviamo
non I1 + I2 ma un altro valore. Occorre una buona teoria del dispositivo
per valutare la risposta in base allo spettro.


Dal punto di vista di uno stato-solidista la fenomenologia pu�
essere molto varia, Se siamo
in presenza di un fotodiodo la teoria � quasi standard, tipicamente si
fa uno schema a pseudopotenziali, si calcolano gli stati di Bloch, quindi
le bande, poi si calcola la densit� degli stati, si introduce un modello
della radiazione, si tiene conto delle regole di selezione, si
mette in moto la fisica statistica, l'effetto della luce incidente si stima
sia
quello di cambiare la densit� numerica degli elettroni in banda di
conduzione,
si valuta allora la corrente,
si confronta con gli esperimenti, si trova che le cose tornano quasi,
occorre aggiungere dettagli allo schema della radiazione e correzioni
collettive allo schema di risposta. Quindi sulla base di questo schema
direi che in prima approssimazione va bene una risposta con una
funzione peso che valuta la variazione della densit� elettronica in
stati di conduzione, a questo punto entra la funzione caratteristica.


Questa � solo una parte della teoria necessaria alla comprensione
della fenomenologia, ma � sufficiente? Cio� un astronomo nella
sua pratica sperimentale suppongo si trovi di fronte a mille difficolt�
e curiosit�, molte stanno nell'elettronica di elaborazione dei segnali,
nella non linearit�, per esempio non di rado si trovano nell'uso di
rivelatori
effetti come questo: sebbene che i segnali I1 ed I2 fossero relativi a
frequenze v1 e v2 si possono avere anche termini spuri dovuti alle
frequenze v1+v2 e v1-v2. Questo pu� essere dovuto a genuini effetti
multifotoni, oppure ad effetti sistematici dovuti agli algoritmi di
elaborazione
dei segnali. Tu hai mai incontrato questo genere di difficolt�?
 

> In questo modo si ottengono appunto tre magnitudini: m_U, m_B, m_V
> (comunemente abbreviate in U, B, V) e da queste gli indici di colore
> U-B e B-V.


Qual'� la relazione fra magnitudine ed indice?


> La magnitudine bolometrica rimane definita per mezzo del rivelatore
> ideale con risposta uniforme su tutto lo spettro, ma in pratica la si
> ricava dalle latre per mezzo di una "correzione bolometrica" a base
> empirica.

Non hai parlato di monocromatori per lo studio degli spettri,
chiaro che tre numeri sono pi� comodi di tutto lo spettro,
ma in pratica gran parte delle informazioni stanno nei dettagli
dello spettro. Spostando ancora l'esempio se uno considera
una lampada ad incandescenza pu� misurare la temperatura
del filamento e quello che osserva � che la luce prodotto
corrisponde in verit� ad una diversa temperatura. Perch�?
Chiaro che il sistema non � in equilibrio termodinamica,
ma c'� un modo intuitivo per spiegare che la temperatura di
colore � pi� bassa della temperatura effettiva?

> Esistono poi sistemi fotometrici piu' complessi, che includono ad es.
> anche l'infrarosso; ma il metodo e' sempre lo stesso.
>
>
> --
> Elio Fabri
>
          

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Received on Sun Jan 01 2006 - 17:22:07 CET

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