(wrong string) � e domanda

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Fri, 18 Nov 2005 18:02:29 +0100

"Valter Moretti" <vmoretti2_at_hotmail.com> wrote in message
news:1132072291.762383.216180_at_g47g2000cwa.googlegroups.com...

Bene, continuo il post iniziato ieri nella speranza, temo vana, di non
dilungarmi troppo anche oggi. [Beh, nel frattempo e' passato un altro
giorno, mi hai mandato un breve commento alla prima parte nel quale dici che
concordiamo nella sostanza su tutto, quindi in questo post avrei potuto
tagliare diversi punti, ma ormai era scritto, se mi metto a fare il taglia e
cuci non lo spedisco piu'. Spero mi perdonerai la lunghezza dell'intervento.
Nel frattempo ho anche cambiato idea. Prima pensavo che con le catene di
eventi non ci fosse via di uscita, pensavo che i tachioni dessero per forza
luogo ai paradossi causali in quel modo. Mi mancava l'ultimo passo (il
legame tachioni-PR) che ho fatto proprio mentre stavo scrivendo questa
seconda part].

> Vediamo di capire se � vero. Intanto notiamo che:
>
> REMARK.
> Se siamo disposti ad attribuire relazioni di causa effetto
> tra eventi p e q che sono spazialmente separati con
> t(p) < t(q) in un riferimento, siamo costretti ad assumere
> che possano esistere relazioni di causa effetto tra eventi
> p e q che sono spazialmente separati, MA
> con t(p) > t(q) (visto che iriferimenti sono equivalenti e
> l'ordine temporale dipende dal riferimento).

Io aggiungerei qualcosa di ancora piu' forte:
Il fatto che p e q, eventi spazialmente separati in un dato riferimento R,
siano legati da una relazione di causa ed effetto, e' assolutamente
indipendente dai numeri segnati dagli orologi fissi in R nei momenti in cui
si verificavano gli eventi (o se c'e' una qualche relazione alla quale
devono soddisfare i numeri segnati dagli orologi per eventi legati da una
relazione di causa effetto, quella relazione deve necessariamente tenere
conto della sincronizzazione scelta). Op e' l'orologio fisso nel punto in
cui avviene p, Oq e' l'orologio fisso nel punto in cui avviene q. Op segna
l'istante t(p) quando avviene p, Oq segna l'istante t(q) quando avviene q.
Tanto t(p) quanto t(q) assumono i valori che assumono per il semplice fatto
che *noi abbiamo imposto* che assumessero quei valori. In sostanza uno lo
abbiamo imposto scegliendo l'origine dei tempi, l'altro lo abbiamo imposto
scegliendo un determinato Dvett. Poiche' nessuna legge fisica impone la
scelta dell'origine dei tempi o la scelta Dvett=(0,0,0) o una qualsiasi
altra (cosi' come nessuna legge della fisica impone la scelta della
direzione dell'asse z), abbiamo che tanto t(p) quanto t(q) dipendono in
maniera determinante dalle nostre scelte.
L'essere p causa di q e' ovviamente indipendente dalle nostre scelte.
Mi scuso se mi dilungo sostanzialmente sempre sullo stesso tasto (rifritto
di volta in volta in salsa piu' o meno diversa) ma e' che nel vedere scritte
relazioni tipo t(p)<t(q) a me parrebbe che si voglia dare un qualche
significato fisico alla grandezza t(q)-t(p), come se nostra libera scelta
fosse solamente il fissare l'origine dei tempi (cambiando la quale
cambierebbero singolarmente t(p) e t(q) ma rimarrebbe invariata la
differenza), mentre t(q)-t(p) fosse invece fissata dalla natura. Invece
siamo sempre noi a fissare, con la scelta di Dvett, anche t(q)-t(p). E la
natura se ne strafrega di come noi fissiamo tale valore (le leggi fisiche
sono indipendenti dalla sincronizzazione scelta).
Piuttosto che dire t(p)<t(q) io direi una cosa del genere:
in R l'evento p avviene nel punto P e l'evento q avviene nel punto Q=/=P.
Se nell'istante in cui avviene p partisse da P un fascio di luce F diretto
verso Q allora l'orologio fisso in Q misurerebbe un ritardo RIT fra il
momento in cui riceve F e il momento in cui avviene q. Diciamo che RIT
potrebbe assumere anche valori negativi intendendo che valori negativi di
RIT significano un anticipo di q rispetto alla ricezione di F. Ad esempio
RIT=1 s significa che l'orologio fisso in Q misura un secondo a partire
dalla ricezione di F fino alla verifica dell'evento q, invece RIT=-1 s
significa che l'orologio fisso in Q misura un secondo a partire dalla
verifica dell'evento q fino alla ricezione di F.
Posta la sincronizzazione standard, con t(p)<t(q) intendiamo semplicemente
c*RIT>-d con d=distanza fra i punti P e Q, e c velocita' della luce.
Si potra' osservare che sappiamo bene che con t(p)<t(q) intendiamo c*RIT>-d
(sottintendendo la sincronizzazione standard) e che senza farla troppo lunga
preferiamo scrivere t(p)<t(q) piuttosto che c*RIT>-d.
Il problema e' che cosi' facendo si costruiscono discorsi nei quali si
mettono in relazione enti convenzionali (esempio t(p)<t(q)) che perdono il
loro carattere convenzionale solo tenendo presente la sincronizzazione
assunta e se dimentichiamo questa postilla (cioe' se dimentichiamo che per
dare significato fisico alle nostre relazioni dobbiamo ricordare la
sincronizzazione assunta) corriamo forte il rischio di dare significato
fisico a relazioni che non ne hanno. Invece facendo discorsi nei quali si
mettono in relazione solo grandezze fisiche (esempio c*RIT>-d) il rischio
ora visto automaticamente non si corre: qualunque relazione avra'
significato fisico. Questo e' il motivo per il quale io ritengo opportuno
considerare la questione del riscrivere tutte le leggi fisiche mettendo al
bando tutte le grandezze convenzionali (cosi' ogni relazione avrebbe
certamente un corrispettivo operativo, cioe' avrebbe un significato fisico,
e sarebbero impossibili le scivolate) cosi' come e' stato opportuno
riscrivere tutte le leggi della fisica in forma covariante (cosi' ogni
relazione soddisfa automaticamente il principio di relativita', ed e'
impossibile "scivolare" considerando legge della fisica qualche relazione
che non soddisfa il PR).
Ad esempio, il discorso:
"p non puo' essere causa di q se t(q)-t(p)<d/c in quanto se cosi' fosse
potremmo individuare un riferimento R' nel quale gli eventi p e q avvengono
rispettivamente nei punti P' e Q', negli istanti, rispettivamente, t'(p) e
t'(q) con t'(q)-t'(p)<0. Ma questo sarebbe assurdo in quanto in R' si
avrebbe che l'effetto q precede temporalmente la causa p"
tradotto nei termini operativi visti sopra diverrebbe:
"p non puo' essere causa di q se c*RIT<0 in quanto se cosi' fosse potremmo
individuare un riferimento R' nel quale gli eventi p e q avvengono
rispettivamente nei punti P' e Q', e si avrebbe un c*RIT'<-d', con
d'=distanza (in R') fra i punti P' e Q'. Ma questo sarebbe assurdo in quanto
in R' si avrebbe che ???????? "
Il discorso fatto in termini operativi non si sa nemmeno come chiuderlo in
quanto non si vede proprio cosa dovrebbe mai esserci di paradossale in un
c*RIT'<-d'. Cioe' ragionando in termini operativi ci accorgiamo che il
discorso originale era sbagliato, si chiudeva con una proposizione
(l'effetto q precede temporalmente la causa p) intraducibile in termini
operativi in quanto convenzionale. Cioe' se a questo livello credessimo di
aver individuato un paradosso incapperemmo in uno scivolone. E la causa
dello scivolone sarebbe stata proprio l'aver messo in relazione enti
convenzionali (t'(q)<t'(p)) avendo dimenticato la postilla di cui sopra
(cioe' avendo dimenticato che t'(q)<t'(p) significa semplicemente
c*RIT'<-d').

Ma infatti tu, Valter, fai un discorso diverso!!! Non ti limiti a due
eventi, parli di una catena di eventi !!!
Benissimo. Se il paradosso viene alla luce a seguito di una data catena di
eventi sara' alla catena di eventi che dovremo chiedere se e' vero che "p
non puo' essere causa di q se t(q)-t(p)<d/c" o, meglio, detto in termini
operativi, se e' vero che "p non puo' essere causa di q se c*RIT<0"

Per avere il paradosso la catena di eventi piu' semplice che io saprei
immaginare e' la seguente:
nel riferimento R (dove, tramite relazione standard abbiamo sincronizzato
gli orologi)
evento p: da P parte un segnale quando l'orologio fisso in P segna l'istante
t(p);
evento q: in Q arriva il segnale partito da P quando l'orologio fisso in Q
segna l'istante t(q) e contemporaneamente parte un nuovo segnale di ritorno
verso P;
evento p1; in P arriva il segnale partito da Q quando l'orologio fisso in P
segna l'istante t(p1).

Alla coppia ordinata di eventi (p,q) corrisponde, tramite la procedura
operativa sopra definita, un certo RIT che chiamiamo RITand (cioe' un fascio
di luce F partito da P quando l'orologio fisso in P segna l'istante t(p)
arriva in Q quando l'orologio fisso in Q segna l'istante t(q)+RITand);
alla coppia ordinata di eventi (q,p1) corrisponde, tramite la procedura
operativa sopra definita, un certo RIT che chiamiamo RITrit.

Saltiamo la dimostrazione, relativamente semplice, del fatto che (poste
alcune delle ipotesi di cui parlavi nel tuo post, ipotesi di cui ovviamente
assumiamo la verifica sperimentale) la *vera* relazione che deve essere
soddisfatta per non avere un paradosso causale e':
c*(RITand+RITrit) > - 2 * d
dove d e', ricordiamo, la distanza P-Q.
Questo significa che potrebbe anche essere c*RITand=-2*d+eps, con eps>0, e
c*RITrit>~eps. Certamente potrebbero essere RITand e RITrit entrambi
negativi, cioe'
p potrebbe essere causa di q e q si verificherebbe in Q prima dell'arrivo
del fascio di luce che era partito da P nel momento in cui si verificava p;
q potrebbe essere causa di p1 e p1 si verificherebbe in P prima dell'arrivo
del fascio di luce che era partito da Q nel momento in cui si verificava q;
la cosa (se c*(RITand+RITrit) > - 2 * d) non darebbe luogo ad alcun
paradosso causale.

Ma il discorso del paradosso causato da una catena di eventi e' piu'
sottile, non si puo' liquidare cosi'. O, almeno, sembra che non si possa
liquidare cosi'. In realta', a me pare che a questo punto sarebbe
sufficiente una piccola aggiunta e il discorso sarebbe liquidato: basterebbe
aggiungere che nessuno ci obbliga ad estendere il principio di relativita'
ai tachioni. Il che e' come dire che nessuno ci garantisce che, per quanto
riguarda i tachioni (cosi' come per quanto riguarda il suono) possiamo
essere certi di essere "sotto coperta" (per il suono o trasciniamo l'
"etere", oppure gli esperimenti sonori in differenti riferimenti inerziali
danno risultati diversi).

Pero', per quanto immagino che tu, Valter, abbia gia' capito la sostanza di
tutto il mio discorso, procedo per gradi per eventuali altri lettori che
potrebbero non vedere ancora con chiarezza la mia posizione.

Dobbiamo descrivere gli eventi suddetti in un nuovo riferimento in moto
uniforme rispetto ad R.
Sia R' il nuovo riferimento.
In R' verranno misurati un RITand' e un RITrit'.
Una volta piazzato l'asse x nella direzione P-->Q, detta beta*c (ricordo che
siamo in sincronizzazione standard) la velocita', diretta lungo x (verso
positivo se beta >0, negativo se beta<0) la velocita' di R' relativamente a
R, facendo un po' di semplici calcoli si ottiene:
RITand' = gamma*(1+beta)*RITand e
RITrit' = gamma*(1-beta)*RITrit.
Le grandezze interessanti pero' non sono tanto i ritardi quanto i rapporti
fra i ritardi e le distanze lungo le quali tali ritardi si sono accumulati
(essendo costante il rapporto). Tralasciando i calcoli si ottiene:
RITand'/d' = [(RITand/d)+1-beta]/[1-beta*(RITand/d + 1)] - 1
RITrit'/d' = [(RITrit/d)+1+beta]/[1+beta*(RITrit/d + 1)] - 1.

A questo punto il discorso sul "paradosso" causale prosegue in questo modo:
ipotizziamo l'isotropia dello spazio cosi' che, in ogni riferimento
inerziale, se e' possibile un certo valore per RITand sara' possibile avere
lo stesso valore anche per RITrit. Tale ipotesi, l'isotropia, unita alla
c*(RITand+RITrit)>-2*d , ci permette di affermare che tanto c*RITand quanto
c*RITrit devono essere maggiori di -d. In R spariamo dal punto P un
tachione, TACHand, verso Q e tale tachione dia luogo a un RITand=-K*d con
0<K<1 (K<1 per non violare la causalita', posta la isotropia appena detta, e
K>0 altrimenti non sarebbe un tachione). Ora, per il principio di
relativita', potremo affermare che se in R possiamo lanciare tachioni tali
da dar luogo a un RITand=-K*d (cioe', in termini convenzionali, se in R
esistono tachioni di velocita' pari a (1/(1-K))*c) allora in R' potremo
lanciare tachioni che daranno luogo ad un RITand'=-K*d' (cioe' anche in R'
dovremo poter osservare tachioni aventi la stessa velocita'; ricordiamo che
d' e' la distanza fra P' e Q'). Per l'isotropia in R' potremo lanciare anche
tachioni nell'altro verso che daranno luogo a un RITrit'=-K*d'.
A questo punto diciamo che da R', in contemporanea con la ricezione di
TACHand, spariamo dal punto Q' un tachione, TACHrit, verso P (il quale nel
frattempo si e' mosso, e continua a muoversi, non e' piu' nel punto P' in
cui si trovava quando partiva TACHand) e tale tachione dia luogo a un
RITrit'=-Kd' (cioe', in termini convenzionali, TACHrit abbia in R' una
velocita', diretta nel verso negativo delle x', in modulo uguale al modulo
della velocita' che TACHand aveva, nel verso positivo delle x, in R).
Sostituendo -K a RITrit'/d' nella seconda delle due relazioni mostrate sopra
otteniamo:
RITrit/d = (1-K-beta)/(1-beta*(1-K)) -1.

La nostra catena di eventi e' dunque:
evento p: parte TACHand da P
evento q: arriva TACHand e parte TACHrit
evento p1: arriva TACHrit in P.

Alla coppia ordinata di eventi (p,q) corrisponde RITand=-K*d,
alla coppia ordinata di eventi (q,p1) corrisponde
c*RITrit= [(1-K-beta)/(1-beta*(1-K)) -1] * d.
Da semplici calcoli si ottiene che la somma
c*(RITand+RITrit)/d risulta essere minore di -2 (cioe' si ha paradosso
causale) se
beta > 2*(1-K) / [1+(1-K)^2].
Notando che, per ogni K, si ha 2*(1-K) / [1+(1-K)^2]<1, possiamo concludere
che qualora R' fosse in moto a velocita' beta*c rispetto a R, con beta >
2*(1-K) / [1+(1-K)^2], la catena di eventi p-q-p1 darebbe luogo a paradosso
causale, cioe' in P la ricezione di TACHrit avverrebbe prima della emissione
di TACHand. Naturalmente questa ultima proposizione non e' convenzionale (il
"prima" li' ha un significato fisico) in quanto p e p1 avvengono nello
stesso punto P e dicendo che p1 avviene prima di p intendiamo che l'orologio
fisso in P ha "contato" un certo numero di secondi (ha effettuato una certa
misura l'esito della quale non e' certo convenzionale) a partire dall'evento
p1 fino all'evento p.


Conclusioni:
a me pare che il paradosso si basi pesantemente sul principio di
relativita'. Mi pare che la soluzione piu' semplice sia nel dire che il PR
non e' applicabile ai tachioni. E la maniera piu' semplice per dire che tale
applicazione sarebbe illecita mi pare che sia quella di immaginare un
"etere" per i tachioni rispetto al quale questi potrebbero propagarsi anche
a velocita' infinita (cioe' potrebbero dar luogo, in ogni direzione a dei
RIT>=-d). Poi in un riferimento qualsiasi in moto, rispetto all'etere dei
tachioni, ad una data velocita' si avrebbero delle limitazioni ai RIT
dipendenti dalla direzione che si ricaverebbero semplicemente dalle usuali
formule di composizione delle velocita' (o dei RIT).
Certo non e' "bello" ammettere l'esistenza di qualcosa che sfuggirebbe al PR
(per quanto, come dicevo, anche il suono sfuggirebbe al PR se non ci
mettessimo sotto coperta, o meglio, il PR prevede che si sia sotto coperta,
e per quanto riguarda gli eventuali tachioni potremmo non essere sotto
coperta), pero' mi pare di gran lunga preferibile rispetto agli enormi rospi
che l'esito degli esperimenti alla Aspect sembrerebbe obbligarci ad
ingoiare.

> Ciao, Valter

Ciao e ... avevi iniziato il tuo post con "sono impegnatissimo". Se hai
trovato dei buchi di tempo per "ingoiare" questi due post-minestrone che ti
ho mandato in risposta, non posso che ringraziarti di cuore.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Fri Nov 18 2005 - 18:02:29 CET

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