stefania ha scritto:
> E' possibile che l'elettrone sia una rigida particella elementare?
> Come pu� una particella "elementare" formare legami doppi e tripli?
> Come pu� avere una massa precisa, una carica elettrica precisa ed uno
> spin preciso senza avere alcuna struttura?
> Certi diagrammi di Feynman mostrano che l'elettrone si "trasforma" per
> diffusione in altre particelle (fotone, positone, ...). E' possibile
> che questo accada con una rigida particella di energia-materia?
Cerco di non ripetere cose gia' dette, anche perche' mi sembra che a
Stefania si debba dare risposte un po' diverse.
(BTW: ragazzi/e, in questi giorni vi state impegnando a proporre
domande non da poco... E come sempre succedee, a domande che e'
facile fare, non corrispondono risposte che e' facile dare :-) )
Il problema della struttura dell'elettrone ha una storia antica quanto
l'elettrone stesso, ossia piu' di un secolo.
Fin da subito i fisici si chiesero: di che cosa e' fatto un elettrone?
Come sta insieme?
E proposero risposte che con gli occhi di oggi appaiono quanto meno
ingenue: per es. che un elettrone fosse formato da una distribuzione
di carica (continua? fatta di microelettroni?) di cui si discuteva se
fosse rigida, che dimensioni avesse, con quali forze fosse legata, ecc.
Provarono anche a spiegare la massa dell'elettrone come conseguenza
del campo elettrom. che lo circonda quando e' in moto, e questo
problema era vivissimo quando Einstein scrisse il famoso lavoro di cui
ricorre il centenario, e che non a caso era intitolato "Per
l'elettrodinamica dei corpi in movimento".
Furono proposte varie teorie su come dovesse variare per es. la q. di
moto di un elettrone in funzione della velocita'; furono fatti
esperimenti che davano risultati diversi (Einstein ne parla nel suo
articolo).
Insomma, un secolo fa i fisici pensavano a un elettrone piu' o meno
come lo pensa oggi Stefania. Invece i fisici di oggi hanno cambiato
totalmente punto di vista, tanto e' vero che quelli piu' giovani di me
neppure riescono a capire come si possano pensare le cose che Stefania
pensa...
Intendiamoci: anch'io ragiono come loro, ma con qualche annetto di piu'
sulle spalle ho forse una maggiore consapevolezza storica.
Che cosa e' successo nel frattempo, che ha fatto cambiare
atteggiamento?
Prima di tutto, e' nata la mecc. quantistica. Questa non e' stata
tanto importante per i suoi successi, quanto perche' ci ha obbligato a
riconoscere un fatto oggi scontato ma un secolo fa inammissibile: che
il mondo a diverse scale puo' non essere descrivibile in base alle
stesse categorie che usiamo alla nostra scala.
E' quello che intende Federico Zema quando scrive:
> Riguardo il fatto che sia rigida ... come
> definiresti la rigidita' di una particella elementare nell'ambito
> della meccanica quantistica relativistica? Io finora ho solo visto la
> definizione di rigidita' per un corpo esteso in meccanica newtoniana.
In altre parole: la mecc. newtoniana, che e' nata per spiegare i corpi
macroscopici (sassi, pianeti, poi anche auto e aerei) parla di corpi
rigidi (come schematizzazione) e sappiamo che cosa significa.
Ma quella fisica e' del tutto inadeguata alla scala atomica e oltre, e
abbiamo ormai imparato che concetti come "rigido" non hanno senso e
utilita' a quelle scale.
In un post di ieri ho discusso il problema connesso delle "dimensioni"
di una particella, e potrei riprenderlo ora: quali sono le dimensioni
di un elettrone?
La risposta della fisica odierna e' che a tutti gli effetti un
elettrone e' puntiforme.
Ma che vuol dire esattamente?
(E gia' immagino Stefania che domanda: ma come fa un oggetto puntiforme
ad avere spin?)
Il fatto e' che il nostro punto di vista e' meno realista (in senso
ingenuo, ossia nel senso che ci sia un preciso corrispondente tra la
"realta'" e i nostri concetti) e piu' strumentalista.
Voglio dire che domande come quelle di cui sopra hanno senso solo a
due condizioni:
a) che siano inquadrate in una ben precisa teoria
b) che si riferiscano a chiare operazioni sperimentali.
Percio' se dico che un elettrone e' puntiforme e ha spin, intendo che
esiste una teoria in cui queste due proprieta' sono ben definite ed
entrano in modo essenziale, e che ci sono precisi esperimenti che
vanno d'accordo con questa teoria.
Nient'altro.
Giusto per spiegarmi meglio: posso dire che un protone e' puntiforme?
La risposta e' no, ma va qualificata.
Anche un protone non ha delle dimensioni ben definite, se non in
riferimento a un certo tipo d'interazioni e di esperimenti.
Come ha accennato Marina Saggese:
> Per provare il contrario, cioe' che l'elettrone non e' una
> particella elementare occorre colpirla con altre particelle ed
> ossevare queste particelle dopo l'urto .
Piu' o meno allo stesso modo, se voglio sapere quanto e' grande un
protone, debbo farlo interagire con qualcos'altro.
Il fatto interessante e' che non mi devo aspettare lo stesso
risultato se faccio interagire un protone con un neutrone oppure con
un elettrone: infatti nel primo caso entra in gioco l'interazione
forte, nel secondo quella elettromagnetica.
A Marina obietterei qualche cosa:
> Precisi ? Li abbiamo misurati con una certa accuratezza, ma non
> hanno nulla a che vedere con la precisione con la quale conosciamo il
> valore numerico di pigreco, di cui sono note centinaia di cifre
> decimali.
Intanto il confronto e' improponibile, perche' in un caso si tratta di
grandezze fisiche, nell'altro di un numero definito in modo certo e
assoluto.
E poi, le cifre note di pigreco sono ormai parecchi miliardi...
Un'obiezione piu' seria farei quando dice
> Viceversa elettrone e positrone possono annichilarsi generando solo
> energia
> ...
> i fotoni, che sono i quanti di energia
Qui riemerge una concezione antica, di cui mi e' gia' capitato di
parlare di recente: la contrapposizione materia/energia.
Non e' corretto definire i fotoni "quanti di energia". Se mai sono
quanti del campo e.m., ma sono particelle a tutti gli effetti, anche se
di massa nulla.
Ma l'essere di massa nulla non li rende "puri spiriti", ossia "pura
energia"...
Infine un commento a Federico Zema:
> Il mio consiglio, a questo punto, e' di lasciar perdere totalmente la
> divulgazione e passare a testi piu' seri, tipo quelli scolastici e poi
> universitari. La materia e' molto bella ... almeno per me lo e' e ti
> vedo molto interessata, ma lascia stare la divulgazione da quattro
> soldi, perche' non ti porta da nessuna parte :-)
Sarei del tutto d'accordo con te, se i testi scolastici e poi
universitari discutessero questioni come quelle cui ho accennato
sopra.
Ma sai benissimo che cosi' non e': quelli di noi che hanno
approfondito gli aspetti meno tecnici della fisica, lo hanno fatto per
loro scelta e gusto, ma non perche' il loro curriculum di studi lo
richiedesse.
In questo senso ci sarebbe spazio per dei libri che non chiamerei di
divulgazione (nel senso che questa parola ha oggi) ma di riflessione.
Libri cosi' si scrivevano 50 o piu' anni fa, mentre oggi sono
praticamente spariti. Ci sono varie spiegazioni per questo, ma rimane
una lacuna...
--
Elio Fabri
Received on Thu Nov 10 2005 - 21:43:38 CET