Re: Mediatori

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Wed, 7 Sep 2005 17:23:52 +0000 (UTC)

Mi scuso per la pessima impaginazione della risposta che non e'
dovuta al sottoscritto, ma al sistema di trattazione delle informazioni,
e spedisco da un altro web-gate, sperando che conservi l'impaginazione
originaria.

"Tetis" <Gianmarco100_at_inwind.it> wrote in message
news:155Z185Z25Z64Y1126092893X27025_at_usenet.libero.it

         Il 06 Set 2005, 22:58, "Elio Mattia" <elio.mattia_at_libero.it> ha
scritto:
 Il fatto che corpi di "carica" uguale si respingono viene giustificato
con
> particelle (fotoni) lanciate contro la carica (il pallone invisibile
> lanciato contro il giocatore raffigurato in questa pagina:
> http://www.infn.it/multimedia/particle/paitaliano/unseen_effect.html), il
> che, con la fisica classica � banalmente giustificabile (si vabb�...
> diciamo che � pi� semplice da capire).
>
Diciamo tutta la verita' e diciamo che non e' proprio possibile capire
di
che si parla con una approccio tanto icastico. Cerchero' di chiarire e
di
qualificare queste difficolta', limitando al minimo i tecnicismi.
Ma essenzialmente hai gia' colto la difficolta'
dicendo che in questi termini non ti puoi spiegare le forze attrattive.
E' perche' e' la verita', le forze attrattive si spiegano in un quadro
teorico preciso in termini di particelle "virtuali" dove l'aggettivo non
e' riferito al fatto che si tratti di particelle "invisibili", ma di
particelle
che contravvengono ad alcuni principi di realta'.


L'immagine che hai presentato con tutti i legittimissimi dubbi che fai
seguire e' fra le piu' abusate dell'iconistica divulgativa. E'
un'immagine che ascolto fin dalle scuole elementari. L'immagine viene
presentata spesso nella seguente forma, o in sue piu' o meno raffinate
varianti: ______"Ci sono dei corpuscoli, che pero' sono anche onde,
perche' nel mondo quantistico vige il dualismo onda corpuscolo, che
mediano le interazioni"_____. Nella presentazione che hai
segnalato questa natura speciale dei corpuscoli non e' nemmeno
accennata. Si tratta di una vulgata evidentemente priva di qualsiasi
pretesa di scientificita' nonostante l'illustre patrocinio.
Ed anche se si accennasse al carattere quantistico, la situazione e lo
statuto speciale di "virtualita'" di queste particelle non sta nel loro
carattere quantistico, bensi' su un piano molto piu' elementare, che
provero' ad articolare ricorrendo a qualche formula e qualche esempio.

Sfortuna vuole, per gli studenti
che si avvicinino a questi argomenti, che questa immagine fu usata da
Fermi dinanzi ad un uditorio con una base tecnica elevata per spiegare
il concetto di mesone e la teoria delle forze deboli e nucleari, e poi
fu ripreso dai tanti che provandosi a spiegare cosa avevano imparato da
Fermi o dallo studio delle sue opere, trovavano persone che non avevano
idea di quante cose era necessario sapere per non equivocarne il
significato. Mesone significa proprio mediatore.

Ma Fermi si esprimeva usando parole molto piu' attente dei riporti di
riporti che arrivavano alla collettivita', queste parole che suonavano
come:

"a conti fatti risulta come se una particella venisse scambiata fra gli
attoridelle interazioni", ma poi spiegava anche qualcosa che suonava
piu'
o meno cosi': "queste particelle pero' sono
molto curiose hanno proprieta' che le rendono del tutto atipiche e tali
per cui non possiamo aspettarci di osservarle mai in un esperimento
diretto se non in modalita' del tutto particolari rispetto a quelle in
cui sembrano intervenire nei processi oggetto di studio, per questo
conviene parlare di particelle virtuali, onde distinguerle da quelle
particelle che possono essere oggetto di esperienze".
 
 Ovviamente senza una minima base non solo di meccanica quantistica, ma
 proprio di teoria dei campi quantistici questa espressione rimane priva
di significato. E non ci sono scorciatoie, che io conosca, che
permettano di comprendere il senso oscuro, ma non assente in queste
parole. L'unica via sensata e' di ripercorrere e studiare il quadro
culturale in cui questa affermazione e' maturata. Ogni affermazione
privata del suo contesto semantico diventa anche priva di significato.
E questo vale anche per le affermazioni di mondo comune. Se io dico:
"dalla finestra del mio studio vedo il sole" per te rimane una
comunicazione incompleta, ma gia' hai un quadro semantico a cui
riferirla: sai cosa e' il sole, sai cosa e' una finestra, sai cosa puo'
essere uno studio". Allora provero' a dare un sapore non gia' di cosa
sia una particella virtuale, quanto di quali ne siano i difetti di
realta' usando solo nozioni relativamente comuni.
 
Il punto piu' delicato dell'immagine usata da Fermi e contestata spesso
dai virtuosi del significato, fra cui lo stesso Fermi va incluso, e' che
se
un oggetto dotato di massa si muove da Q1 a Q2 deve portare anche
un impulso orientato da Q1 a Q2. Se l'impulso si deve conservare non
puo' succedere che dopo lo scambio di questa particella
Q1 e Q2 se, poniamo, viaggiavano parallele, comincino ad avvicinarsi.
 
Questo e' anche il contenuto della tua perplessita'. Ora chi ha studiato
la teoria dei campi quantistici sa che non esiste davvero nessun
corrispettivo classico per descrivere questi mediatori, che sono
particelle virtuali. Al punto che la prima tentazione che uno potrebbe
avere, pensare a masse negative, per spiegare il mistero di impulsi che
puntano in direzione contraria al moto si rivela una trappola
pericolosa. Le particelle virtuali sono talmente dispettose che se
un'esperto si mette a tavolino a calcolare la massa di una particella
virtuale associata ad un processo di attrazione usando la relazione
m^2 c^4 = E^2 - (cp)^2 puo' trovarsi a dover estrarre la radice quadrata
di un numero negativo. Ad esempio: supponiamo di avere due particelle
inizialmente in moto una contro l'altra su due rette parallele
(anche su questo ci sarebbe da fare una lunga serie di distinguo legate
al principio di indeterminazioni, ma sorvoliamo) Q1 e Q2 hanno cariche
opposte, dopo essere passate vicine le troviamo con la stessa energia
che avevano prima dell'avvicinamento ma su due rette differenti.
Siccome nell'interazione l'impulso complessivo del sistema deve
risultare conservato troviamo che, se vogliamo spiegare quello che e'
successo introducendo una particella partita dalla carica Q1 nel punto
L che ha raggiunto la carica Q2 nel punto M dopo un volo di durata t,
dobbiamo attribuire la variazione di impulso nel punto L ad una
particella che si e' fatta carico della differenza. Questo impulso,
deve puntare lungo la retta LM ma punta non verso M ma verso la
direzione contraria. E questa e' la prima sorpresa. L'impulso di
qualsiasi oggetto classico non puo' puntare contro il suo verso di moto.
La seconda sorpresa e' che se vogliamo che l'energia totale si conservi
e nel punto L non abbiamo variazione di energia, allora la particella
che si e' staccata in L e' zero. In breve usando la relazione
m^2 c^4 = E^2 -(cp)^2 trovi che vale m^2c^4 = -(cp)^2. Cioe' il
quadrato di un numero negativo. Abbiamo trovato in questo esempio che
la massa quadra delle particelle virtuali che abbiamo inventato per
spiegare la deflessione osservata e per tenere in piedi l'apparato
delle leggi di conservazione valido in tutta la meccanica classica ed
anche nella fenomenologia delle particelle osservabili nei laboratori,
deve essere negativa. Ma che razza di numero ha un quadrato negativo?
Un numero immaginario. Ecco allora la seconda sorpresa. Alle particelle
virtuali possiamo attribuire una massa immaginaria. A questo
punto un ragazzo sveglio si puo' chiedere se per queste particelle
valgano le classiche definizioni newtoniane di impulso ed energia
cinetica, o per lo meno le loro estensioni einsteniane: ricordiamo le
relazioni di Einstein. Per particelle di massa m l'energia e'
 
 I) E=mc^2 / sqrt(1-v^2/c^2) e l'impulso e'
 II) p=mv / sqrt(1-v^2/c^2). E l'energia cinetica si ottiene
dall'energia che ho scritto sottraendo mc^2. La velocita' si trova
da v=c^2p/E Ma alle nostre particelle noi abbiamo attribuito una
energia nulla, per ragioni di bilancio energetico, d'altra parte la
massa, pur se immaginaria non e' nulla. E questa allora e' la terza
sorpresa: le relazioni
 
 III) m^2 c^4 = E^2 - (cp)^2
 IV) p = vE/c^2
 
 sono incompatibili nel caso di queste particelle virtuali. Infatti
energia nulla imlica, in accordo con la seconda equazione, impulso
nullo. E questo non e' possibile, perche' abbiamo attribuito alla nostra
particella virtuale un impulso non nullo. Quindi nulla: per le
particelle virtuali dobbiamo rinunciare alle definizioni einsteniane di
energia ed impulso che valgono per le particelle reali massive. Ora
questo problema si presenta anche nel caso dei semplici fotoni. Ma se
nel caso dei fotoni basta rinunciare alle relazioni

 I) e II) oppure adattarle con il ricorso a numeri speciali che
implementano il concetto di infinitesimo, nel caso delle particelle
virtuali anche la la IV) deve essere abbandonata e la III) puo' essere
conservata solo a patto di fare ricorso a masse immaginarie. E' percio'
che non esistono scorciatoie e che l'aggettivo "virtuali" va usato
quando si parla di mediatori di interazione nel contesto delle
"teorie quantistiche dei campi".
 
> Ma ora, dato che molte forze sono attrattive (EM per le "cariche" opposte,
> gluoni per la forte, gravitoni per la gravitazionale), "come � possibile"
> che delle particelle si attraggano?
> Poi, perch� i corpi _generano_ queste particelle e perch� le "inviano"
> proprio agli interlocutori dello stesso tipo di forza (e non, tipo,
> dappertutto... perch� se cos� fosse, un corpo perderebbe sempre energia)?
> E, a seguire, questi mediatori hanno massa e/o energia? Perch� senza queste,
> allora potrebbero giusto "sparare" mediatori tutt'intorno e aspettare una
> risposta (che costituirebbe magari l'interazione stessa).
>
> So che le domande sono alquanto particolari e ostiche, ma sono altrettanto
> interessanti.
 
E' vero e ti diro' che la requisitoria liquidatoria della questione che
poni e che ho presentato e' valida in un contesto ben preciso che e' in
verita' previo alla teoria quantistica dei campi relativistici. In
questa teoria sono pensabili dei dribbling terminologici che io nel mio
schema non sono autorizzato a fare. Ad esempio e' possibile distruggere
una particella prima di crearla. Esiste una formulazione
in cui questi dribbling sono vietati, ma il costo di questo divieto e'
quello di rinunciare a qualcuna delle relazioni che ho indicato prima.
E non escludo che un giorno si giunga ad una formulazione coerente in
cui anche le formule di Einstein vengano adattate al caso di particelle
virtuali, eventualmente ricorrendo ad opportune estensioni.
 
 Faccio un esempio di fantasia: giusto un'auto provocazione che mi
concedevo al tempo in cui studiavo fisica teorica: se le particelle
Q1 e Q2 fossero su una sfera e la particella venisse effettivamente
creata in L e raggiungesse M viaggiando su una sfera non per la via
piu' breve ma per la via piu' lunga ci sarebbe un modo di rendere
coerenti tutte le posizioni. Ti dico che non lo so e che con il senno
di poi ritengo d'ostacolo all'apprendimento delle teorie esistenti
questo genere di pensieri, che pure sono inevitabilmente suggeriti
dalla nostra immaginazione che vive in contatto con i sensi e con una
dimensione quotidiana che fino a prova contraria non e' percepita solo
in termini di pensieri astratti.
  
Infatti le strutture delle teorie correnti sono gia' talmente
sofisticate ed astratte da richiedere un notevole impegno per costruire
un ponte significativo con la sensibilita' umana. Allora tanti di questi
pensieri sono destinati a non trovare un seguito ed una collocazione
coerente in un quadro astratto che viene costruito in una dimensione
per l'appunto astratta e dove i concetti direttamente tratti dalla
sensibilita' rappresentano solo una parte del complesso di termini e di
concetti necessari a formare una struttura teorica, pur se formano la
parte di maggiore rilevanza semantica. Per esempio la struttura
quotidiana di spazio e tempo tratta dall'esperienza delle misure di
spazio e di tempo deve essere finalmente ritrovata da qualunque teoria
che si proponga di spiegare l'universo. Ma il ruolo dello spazio e del
tempo in una teoria sofisticata possono risultare in una posizione
tanto defilata che senza una padronanza severa dei termini del discorso
si rischia di perdersi in meandri di non-sense. Questa difficolta' che
gia' si pose nella teoria quantistica dei campi diventa un'urgenza
drammatica nel caso delle teorie di stringa o delle teorie di grande
unificazione in cui spazio e tempo hanno un ruolo privilegiato in un
quadro estremamente complesso ed articolato.
  
Pero' questo non esclude che alle volte delle suggestioni cosi'
immaginifiche possano condurre, in una collettivita' opportunamente
preparata alla corrispondenza quantitativa fra la teoria e l'esperienza
a nuovi orizzonti teorici.
 
> Scusatemi per gli eventuali errori concettuali che vorrete correggermi. >
> Grazie anticipatamente
>
> Ciao!
> Elio
>
> P.S.: se mettete in mezzo concetti e/o formalismi esagerati
> (deformazioni e curvature dello spaziotempo e simili), possibilmente
> spiegateli (nel limite del possibile)... altrimenti il dubbio,
> nonostante il vostro sforzo, rimane l� (so che sarebbe colpa mia,
though...).
  
Non si tratterebbe certo di una colpa, quanto di una inadeguata
preparazione. Mi permetto comunque di aggiungere una nota che potrebbe
risultare utile anche ad altri che leggono e spero anche a te
se non gia' nel presente in un qualche futuro. Quello che aggiungo
tuttavia potrebbe risultarti incomprensibile. Ma e' solo per
parare eventuali critiche che potrebbero emergere dall'equivocazione
delle parole usate.

P.s.: un lettore attento e critico potrebbe obiettare che ho
tentato di applicare concetti propri dei gruppi
d'onde a singole componenti d'ampiezza. In verita' si accorgerebbe
presto, con una piu' attenta riflessione, che il problema
delle interazioni e degli scattering e' proprio che non c'e'
modo ragionevole di costruire il concetto di gruppo relativo
ad una singola particella scambiata in una interazione fra due o
piu' attori. E quella che ho presentato e' un'evidenza elementare
di questa circostanza.

Ovvero non e' possibile trattare l'interazione separatamente
dalla considerazione delle possibili coppie stato iniziale
finale, componente per componente rinunciando al concetto
di gruppo. Questo non toglie che alcune modalita' particolari
di interazione possano essere utilizzate al fine di evidenziare
le proprieta' di shell di queste particelle. Ovvero il concetto
di stato fisico di una particella di interazione puo' emergere
da una restrizione del concetto di stato virtuale.

Piu' tecnicamente: lo schema di scattering richiede la considerazione
di "stati iniziali" e "stati finali" di particelle in interazione e,
se si vuole fattorizzare l'interazione ricorrendo a particelle
che la mediano, occorre introdurre
i cosiddetti "stati virtuali" dei campi di gauge. Il problema degli
stati virtuali tuttavia e' precedente alle teorie di gauge e riguarda
anche particelle che non vengono considerate campi intermedi o campi
di interazione secondo il modello standard delle interazioni.
La mia posizione e'
che non si debba necessariamente fare ricorso alla nozione di
stato virtuale quando si procede correttamente nella teoria
perturbativa e con la diagrammatica associata ad imporre i vincoli
di conservazione, si puo' benissimo parla di propagatori, stati,
campi, operatori di creazione e distruzione senza mai usare
la nozione particella per indicare quello che nella teoria e' uno
stato o una collezione di elementi di matrice fra stati delle
particelle.
Tuttavia scegliendo questa
strada occorre essere consapevoli della natura strettamente contestuale
alla teoria delle interazioni che ha la nozione di virtualita' della
particella di scambio, scrollandosi di dosso la comune vulgata
che esistono delle particelle che sono virtuali perche' non si vedono
o non si possono osservare.
 
Questa credenza non e' in alcun modo riconducibile al pensiero che:
a conti fatti risulta come se una particella venisse scambiata fra gli
attoridelle interazioni", ma poi spiegava anche qualcosa che suonava
piu'
o meno cosi': "queste particelle pero' sono
molto curiose hanno proprieta' che le rendono del tutto atipiche e tali
per cui non possiamo aspettarci di osservarle mai in un esperimento
diretto se non in modalita' del tutto particolari rispetto a quelle in
cui sembrano intervenire nei processi oggetto di studio, per questo
conviene parlare di particelle virtuali, onde distinguerle da quelle
particelle che possono essere oggetto di esperienze"

 Lo status di questa affermazione e' piu' forte di
quello che aveva l'osservazione di fine ottocento: "gli atomi non
esistono" Gli atomi erano enti teorici impiegati allo
scopo di spiegare interazioni chimiche, ma nulla nell'ipotesi vietava la
loro esistenza individuale. Gli stati virtuali sono per ipotesi
altro dagli stati fisici, che ne sono una particolare manifestazione,
o se si vuole una restrizione.




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