Re: problema di accelerazione

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Wed, 03 Aug 2005 11:24:06 GMT

"sergio" <sertorassa_at_hotmail.com> wrote in message
news:1122887859.266170.198630_at_z14g2000cwz.googlegroups.com...

> un astronauta ha perso la propria navicella e sta vagando per lo spazio
> in una zona che possiamo considerare priva di influenze gravitazionali.
> Improvvisamente (e qui mi si perdoni l'ipotesi inverosimile) compare
> alle sue spalle una stella densissima che lo fa accelerare verso di
> essa con un'accelerazione di diversi ordini di grandezza superiore a g.
> Ipotizzando che il campo gravitazionale sia uniforme (cio� trascurando
> l'effetto che potrebbe risultare dalla differenza di campo tra i piedi
> e la testa), il povero astronauta si accorgerebbe dell'improvviso
> cambiamento di moto (da lineare uniforme a fortemente accelerato)?

Io vedrei due tipi di problemi:
1) il passaggio da campo nullo a campo costante =/= 0 deve pur avvenire in
qualche modo, che so un'onda che si propaga al di qua campo nullo al di la'
campo non nullo, e in tal caso esisterebbe un intervallo di tempo durante il
quale l'astronauta sara', ad esempio, accelerato alla testa ma non ai piedi;
2) anche volendo trascurare l'effetto 1) (ad esempio immaginando che il
campo si "accenda" ovunque "contemporanamente", e trascurando il fatto che
sarebbe abbastanza arduo dare un significato fisico alle parole "ovunque
contemporaneamente") c'e' poi il problema che se il campo e' uniforme, cioe'
se testa e piedi seguono la stessa accelerazione (localmente), allora
l'astronauta si sentira' "allungare". Ad esempio, osservando l'astronauta
dal riferimento in cui egli era in quiete prima che si accendesse il campo,
vedremo testa e piedi seguire ripettivamente le leggi orarie xt(t) e xp(t),
e sara' xt(t)=xp(t)+L, dove L e' la lunghezza dell'astronauta (lunghezza "a
riposo"). Quando la velocita' della testa (o dei piedi che tanto vanno alla
stessa velocita') avra' raggiunto il valore [SQRT(3)/2]*c l'astronauta si
sara' allungato del doppio.
Questo naturalmente immaginando l'astronauta come una fila di particelle non
interagenti fra loro, cosa che ovviamente non e'. Le particelle costituenti
l'astronauta interascono fra loro e la loro interazione sara' tale da
prevenire l'allungamento suddetto. Ma questo e' come dire che l'astronauta
si "accorgera'" del fatto che e' immerso in un campo uniforme.

La questione apre problemi sulla corretta interpretazione del principio di
equivalenza che al momento a me non risultano chiarissimi.

> sergio

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Wed Aug 03 2005 - 13:24:06 CEST

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