Elio Fabri ha scritto:
> Aleph ha scritto:
...
> > Ma veniamo alle perplessit�:
> > 1) l'impiego della formula di Wien per descrivere la distribuzione in
> > frequenza della radiazione � improprio: la formula corretta da
> > utilizzare doveva essere quella (gi� nota da qualche anno) di Planck.
> > Questo per� � un peccato veniale: infatti ad alte frequenze le due
> > formule coincidono e quindi, pur di limitarci a considerare quanti di
> > alta frequenza, l'approccio di Einstein rimane valido anche partendo
> > dalla formula di Wien [interessante per� notare che utilizzando la
> > formula di Planck non si perviene in alcun modo alla (*)];
> Non e' un peccato, perche' E. lo sapeva benissimo.
Sicuramente, d'altra parte gi� Planck prima di lui aveva calcolato
l'entropia della radiazione partendo dalla formula di Wien.
> Infatti ripete
> piu' volte che la sua conclusione vale per radiazione di bassa
> densita'.
> Non solo: osserva esplicitamente che se questa ipotesi non e'
> soddisfatta il comportamento della raidazione potrebe essere diverso.
Infatti ho parlato di "peccato veniale"..., ma il punto interessante che
volevo sottolineare � che *SOLO* basandosi sulla formula di Wien, Einstein
riusc� ad ottenere l'espressione (*), che � funzionale alla sua tesi della
validit� dell'ipotesi quantistica.
La mia idea � che Einstein (molto probabilmente) prima adott� la
(corretta) formula di Planck e quando vide che in quel modo otteneva
un'espressione di validit� generale ma inadatta a sostenere la propria
tesi, prov� con il limite ad alte frequenze e la formula di Wien, ovvero:
E. gi� sapeva in anticipo dove voleva andare a parare.
> > 2) l'equazione di stato della radiazione e.m. � differente, ed
> > Einstein lo sapeva bene, da quella valida per il gas perfetto e quindi
> > l'identificazione delle relazione (*) e (**) appare un po' forzata.
> Certo: E. sapeva tutto benissimo, come prova quello che dice in un
> lavoro del 1909.
Qui fai un salto storico e logico che non condivido: io sto parlando del
lavoro del 1905 e delle motivazioni esposte da Einstein a quell'epoca. Il
fatto che negli anni successivi egli abbia precisato in modo sempre
migliore il proprio pensiero raggiungendo via via risultati sempre pi�
importanti e definitivi non ha nulla a che vedere con la mia tesi.
> In quel lavoro ricava per la pirm avolta una relazione generale che
> da' le fluttuazioni di energia in termini dell'entropia, per un
> sistema termodinamico qualsiasi. Poi usao l'espressione dell'entropia
> ricavata dalla legge di Planck (quindi non al limite di Wien) per
> mostrare che nel caso della raidazione nera le fluttuazioni consistono
> di due termini: uno corpuscolare e uno ondulatorio.
Si lo so ma, ripeto, il lavoro del 1909 viene ben quattro anni dopo
il celebre lavoro sull'effetto fotoelettrico ed � di quest'ultimo che ci
stiamo occupando.
...
> > Conclusione: le motivazioni originarie che convinsero dapprincipio
> > Einstein della bont� dell'ipotesi quantistica vanno ricercate
> > (probabilmente) pi� nella propria elegante ed efficace spiegazione
> > dell'effetto fotoelettrico e nell'interpretazione radicale e
> > innovativa dei lavori di Planck sul corpo nero, che nella
> > "giustificazione termodinamica" non del tutto soddisfacente da egli
> > presentata nel suo celebre articolo.
> Certamente E. da' la dovuta importanza alle verifiche sperimentali, ma
> resto del parere che la la "molla" sia stata invece quella teorica.
Mi pare difficile credere che E. si sia convinto della realt� dei "quanta"
unicamente sulla base delle motivazioni teoriche da lui esposte nel 1905,
poich�, come abbiamo visto (e mi pare che su questo punto concordi anche
tu), si trattava di teorizzazioni piuttosto parziali e incomplete.
Saluti,
Aleph
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Received on Fri Sep 24 2004 - 12:10:46 CEST