not1xor1:
> Il 14/07/2011 12:01, Aanselm ha scritto:
>
>>> dove sarebbe la contraddizione logica?
>>> al limite la frase:
>>> "sono assolutamente certo che non esistono certezze assolute" è un
>>> paradosso (più o meno come quello di Parmenide)
>>
>> Una delle scoperte della filosofia del linguaggio riguarda l'esistenza
>> degli atti comunicativi e performativi (cfr. J.L. Austin, per esempio
>> "Come fare cose con le parole"). Tali atti estendono le frasi classiche
>> considerate dalla logica formale dove un'espressione ben formata deve
>> avere un soggetto un predicato e la frase dev'essere vera o falsa
>> secondo qualche interpretazione.
>
> dubito che scoperta sia il termine più appropriato...
> si tratta solo di categorizzazioni del tutto opinabili
gia' da questa frase si capiscono diverse cose;
l'ossimoro, categorie-opinioni, e' indicativo.
> e di
> discutibile utilità di unità del linguaggio (e ci sono tanti studi,
> veri studi, ben più seri, sul linguaggio - anche non verbale - nel
> contesto della biologia evolutiva, delle neuroscienze e
> dell'intelligenza artificiale)
forse confondi la teoria dell'argomentazione
con l'evoluzionismo o l'IA.
E' come se si parlasse di termodinamica
e si avanzassero obiezioni di elettrodinamica.
>> Una frase come "Adesso ti ho avvertito"
>> non e' ben formata secondo la logica formale perche' il suo contenuto
>> non puo' essere messo in relazione con il vero o il falso, essa e' una
>> frase che dichiara qualcosa
>
> ma non è neanche una frase performativa,
questa e' la conferma del tuo dilettantismo.
Su quale testo di filosofia analitica hai studiato?
> è solo una frase successiva
lol
> ad altre che rappresentano l'avvertimento stesso, non c'è alcuna
> azione che può dare significato alla frase, al massimo, con molta
> fantasia, si potrebbe supporre che le minacce costituenti
> l'avvertimento fossero un film o fotografie degli stretti congiunti
> (stile i Soprano per intenderci :-) )
dovresti venire a qualche seminario di filosofia del linguaggio per
portare un po' di allegria. Magari se ci scrivi un bel saggio iniziamo a
gustarne un po' prima.
>> Ora, ritornando alla tua obiezione,
>> si puo' rispondere dicendo che la contraddizione di cui si sta parlando
>> e' di tipo perfomativa, e' un atto linguistico che cozza contro il
>> contenuto dell'atto stesso. Altri autori parlano di contraddizione
>> pragmatica (Apel) o di contraddizione dialettica (Hosle), in ogni caso
>> si dice qualcosa che entra in conflitto con cio' che si fa.
>
> performativo è una traduzione un po' maccheronica dell'inglese
> performative, da performance, azione, esecuzione, attuazione
... certo che la presunzione non ti manca.
Hai qualche riferimento per ritrovare queste amenita'?
> una frase performativa è una frase che senza l'azione eseguita
> contestualmente non ha significato
oibo',
> o non è distinguibile come vera o
> falsa, qui la distinzione tra "frase" e "atto linguistico"
> (illocutionary act) mi pare una forzatura
dai, scrivi un bel saggio.
> "sono assolutamente certo che non esistono certezze assolute" non è
> contestuale ad alcuna azione, esprime semplicemente due concetti:
> 1) quantità: quanto sono certo del concetto (2)
> 2) enunciato vero e proprio
a te mancano proprio i riferimenti dei presupposti dell'argomentare.
Se l'essere certo esprime una sensazione emotiva o soggettiva non ci
interessa dal punto di vista validativo. Invece se esprime una volonta'
validativa, nel senso che tramite l'espressione linguistica si comunica
un'informazione che non vuole essere falsa allora l'atto
NON e' un concetto. Per esempio, la famosa espressione cartesiana,
"cogito, ergo sum", non e' certo un'implicazione di logica formale
ma rappresenta la risposta piu' certa contro il dubbio metodico
e non e' una concettualizzazione.
Infatti non si puo' dubitare del proprio pensiero
e del linguaggio con cui si esprime il pensiero.
Confutare il giudizio sintetico a priori di Cartesio
significa contraddirsi perche' la confutazione lo presuppone,
allo stesso modo di come si presuppone il principio di non contraddizione.
E qui si parla di presupposti.
> il paradosso consiste nel fatto che il significato del concetto (2) è
> in contraddizione con quanto enunciato dal concetto (1)
No, sei fuori strada,
non stiamo parlando di significati e
non e' una questione semantica.
> in realtà spesso viene comunicato solo l'enunciato (2) lasciando
> l'enunciato (1) all'interpretazione più o meno corretta basata
> sull'esperienza (conoscenza dell'enunciatore, autorevolezza, ecc.),
> eventuale linguaggio non verbale, ecc.
No.
> ma anche in questo caso particolare, pretendere che si tratti di
> "performative utterance" mi sembra una forzatura o quanto meno un
> fattore del tutto irrilevante
Per te e' irrilevante perche' ti sfugge l'aspetto validativo dei
presupposti di una frase.
>> Considero la frase logicamente contraddittoria piu' corta possibile:
>> "Non esiste verita'"
>>
>> dal punto di vista logico formale non c'e' contraddizione
>> ma resta la difficolta' di provarla.
>
> no, è una frase sintatticamente ineccepibile,
la sintassi e' solo un singolo aspetto formale,
non racchiude la filosofia del linguaggio.
> in termini strettamente
> logici è un paradosso a meno che non venga preceduta da un ulteriore
> frase che la disambigui, per esempio: "a parte quanto vado ad
> affermare, non esiste verità"
Non ti avvedi che la contraddizione non e' rimossa?
"a parte quanto vado ad affermare non esiste verita'",
viene affermata?
Se non viene affermata non ci interessa,
ma se viene affermata
vuol dire che cerca di far valere che "non esiste verita'",
questa mancanza di verita' ha, pero', come eccezione, la sua pretesa,
che non esclude la riflessione su se stessa.
Tale eccezione e' vera?
Questa obiezione genera:
"a parte quanto vado ad affermare sulla prima riflessione,
e a parte quanto vado ad affermare direttamente,
non esiste verita'"
l'esclusione del livello riflessivo genera una regressione
all'infinito che cercando di eliminare la contraddizione
la sposta al metalivello.
Frasi simili sono:
"tutti si contraddicono, tranne io", oppure,
"tutti dicono il falso, tranne io", ecc.
Si nota che si contraddicono se qualcun altro le proferisce.
Allora si potrebbe dire:
"non esiste verita' tranne se lo dice not1xor1"
ma se io dico:
"non esiste verita'"
risulterebbe falsa perche' non sono not1xor1.
Si potrebbe continuare in questo modo mostrando in concreto come si
confutano le asserzioni che vanno contro l'esistenza della verita'.
> la natura non aborre il vuoto come erroneamente affermava un po' di
> tempo fa un tuo collega, ma il linguaggio della scienza, invece,
> rifugge l'ambiguità (o almeno ci prova :-) )
osservazione fuori luogo per l'argomentazione.
> ovvero tornando alla logica, il tuo enunciato, corretto da un
> enunciato di disambiguazione, dividerebbe semplicemente gli enunciati
> possibili in due insiemi:
> 1) frasi vere: contenente "non esistono verità" e tutte le frasi
> semanticamente equivalenti
> 2) l'insieme complementare a (1)
Ripeto, non stiamo argomentando solo nel campo semantico e sintattico.
Stiamo analizzando i presupposti di una frase non solo come atti
linguistici ma anche come atti linguistici gnoseologici in base a regole
aprioriche che permettono la possibilita' della comunicazione.
>> Se invece ci poniamo nel contesto allargato della filosofia del
>> linguaggio la frase e' pragmaticamente contradditoria
>> perche' se fosse vera nel suo contenuto, cioe' che e' vero che non
>> esiste verita', allora andrebbe ad annullare se stessa come frase
>> che pretende performativamente di essere vera.
>
> il problema è che assumi ad archetipo, metro di distinzione tra logico
> e illigico, contraddittorio e no, idee che sono del tutto arbitrarie
non so come si possano fare giudizi cosi' piatti
senza mostrare ne' di aver capito di cosa si discute
ne' di aver proposto riferimenti di filosofia analitica.
>> "sono relativamente certo"
>> che esprime una soggettivita' ininfluente sui presupposti analitici del
>> discorso, ripeto, i presupposti sono al livello di metalinguaggio,
>> rappresentano la possibilita' di esprimere il giudizio soggettivo
>> e come condizione di possibilita' sono sempre veri, pena la distruzione
>> del linguaggio;
>
> il presupposto non è ininfluente: in questo caso è un elemento di
> disambiguazione che determina il secondo enunciato come non paradossale
non c'entra nulla la disambiguazione
ma poiche' non ti e' chiaro di casa argomentiamo
ti riduci ai significati.
I presupposti sono gli aspetti
piu' importanti in gnoseologia,
ma non e' facile,
sia per mancanza di abitudine filosofica
sia per un'abitudine riduttiva
che ragiona in modo formale ed estrinseco,
riconoscere i pre-giudizi del discorso.
Un esempio puo' essere il dialogo "Parmenide" di Platone
dove vengono esposti esempi di argomenti autoriflessivi
che molti confondo come argomenti fisicizzati o logicizzati.
>> Se si fosse detto
>> "esistono certezze assolute"
>> non ci sarebbe stata contraddizione.
>
> peccato che questo non provi assolutamente niente
> puoi scrivere centinaia di romanzi su personaggi con poteri
> immaginari, e date delle premesse, restare sempre coerente con queste,
> senza cadere mai contraddizione, ma questo non renderebbe i tuoi
> personaggi reali
ma con cio' mica hai scritto una confutazione
alla frase "esistono certezze assolute".
>> Questo e' un risultato sorprendente
>> (la motivazione va ricercata nell'intrascendibilita'
>> del linguaggio che sempre presuppone certezze assolute
>> come condizioni di possibilita' del dialogo).
>
> in realtà non esiste alcun presupposto,
ecco, questa frase va incorniciata.
> semplicemente in qualsiasi
> specie e in particolar modo in quelle sociali, gli individui che non
> sono in grado di comunicare (generalmente - non in assoluto, visto che
> sono comunque piuttosto comuni i fraintendimenti) in modo
> soddisfacente con i propri simili hanno minor successo riproduttivo,
> quindi con il tempo emerge un insieme di individui che hanno una
> ragionevole condivisione semantica (acustica, chimico-olfattiva,
> gestuale o semplicemente visiva - es. cromatica)
porti esempi empirici quando stiamo parlando di validita' di asserti nel
campo delle condizioni a priori per esprimere qualcosa.
Secondo il tuo modo di ragionare grossolano il principio di non
contraddizione si ridurrebbe a una questione sociobiologica.
>>> inoltre il metodo scientifico funziona proprio per il fatto che le
>>> certezze sono relative, questo implica che c'è sempre un feedback
>>> ricorsivo tra ipotesi ed esperienza
>>
>> Come abbiamo detto, per provare che alcune frasi siano vere bisogna
>> ricorrere all'esperienza: "la Luna gira intorno alla Terra"
>
> il problema è che per esperienza scientifica si intende qualcosa di
> diverso e di più di quanto inteso dal senso comune, altrimenti si
> riterrebbe ancora oggi valida l'affermazione di un tuo collega che
> alcuni oggetti cadano più velocemente in virtù del proprio peso
L'affermazione aristotelica, risalente a oltre due millenni fa,
fu confutata da Galileo anche in modo logico: se si legano due oggetti
di peso diverso non si capisce piu' cosa fa il sistema. Venne usato un
argomento per criticare una vecchia affermazione. Ma e' necessario
comunque il ricorso all'esperienza per la verifica. Invece tutto quello
che si e' detto si riferisce alle condizioni aprioriche della
possibilita' dell'esperienza, ai presupposti non misurabili con
l'esperienza perche' sono questi presupposti permettono l'esperienza.
Saluti.
--
A
Received on Fri Jul 22 2011 - 12:43:15 CEST