Re: Incertezza o certezza delle leggi fisiche?

From: Aanselm <aanselmbb_at_gmail.com>
Date: Tue, 12 Jul 2011 09:19:00 +0000 (UTC)

Elio Fabri:
> Aanselm ha scritto:
>> La frase:
>> "Credo che dobbiamo adattarci alla consapevolezza
>> che dobbiamo vivere ed agire senza certezze assolute"
>> per quello che dice come contenuto
>> vale essa stessa come certezza non assoluta
>> per cui implica che esistono certezze assolute.
> Sebbene io abbia scarsissima simpatia per discussioni come quelle che
> si sono sviluppate in questo thread, mi pare utile intervenire per
> commentare la frase che ho citata.
> Vi si trova una classica argomentazione di quella che io giudico la
> forma peggiore di filosofia.

Argomento privo di supporto logico
perche' esprime una semplice opinione,
niente di piu'. Certo, il termine "peggiore" esprime
una valutazione, ma non essendo argomentato
e' frutto di soggettivita'.

Inoltre non e' una "classica argomentazione"
perche' nasce dalla filosofia analitica del linguaggio
e dall'ermeneutica che sono abbastanza recenti.

> E' evidente che chi l'ha scritta esprime un'opinione,

nient'affatto,
non e' ne' evidente ne' un'opinione
ma un'analisi logica del linguaggio
che evidenzia come proposizioni assolutistiche negative
come per esempio:
"non esistono certezze assolute"
sono logicamente contraddittoria.

> tutt'altro che
> una certezza assoluta,

la logica e' quanto di piu' certo ci sia
sicuramente maggiore delle ipotetiche leggi fisiche
e degli ipotetici giudizi opinabili.

> e la enuncia come suggerimento di una regola di
> condotta, quindi sul piano della condotta (non ricordo il termine
> filosofico) e non su quello della conoscenza.
> Infatti la frase recava altre 4 parole, che sono state amputate:
> "eppure vivendo e agendo". Malafede od ottusita'?

Le proposizioni complesse sono costruzioni di proposizioni atomiche,
ma torniamo alla frase iniziale:

"Ormai questa idea non mi disturba piu' molto.
Credo che dobbiamo
adattarci alla consapevolezza che dobbiamo vivere ed agire
senza certezze assolute, eppure vivendo ed agendo.
"

Come si sa, in generale, ogni verbo individua una proposizione
ma senza stare a sottilizzare con l'analisi del periodo
e' indubbio che il perno del senso di questa frase complessa
sia l'adattamento alla "consapevolezza"

che "DOBBIAMO" [affermazione di valore forte]

"vivere senza certezze assolute" e "agire senza certezze assolute".

Ma il nocciolo di questo pensiero e':
"non vi sono certezze assolute"

Se non piace il verbo essere si puo' usare:

"non si puo' vivere [o agire] con certezze assolute".

In ogni caso l'adattamento a tale consapevolezza
e' un aspetto marginale in quanto esprime un atteggiamento soggettivo
invece la tesi forte e' che le certezze assolute non si possono
vivere o praticare perche' evidentemente non si sa cosa siano.
Poiche' una certezza assoluta e' una verita',
potremmo riassumere quato pensiero con lo scetticismo antico:
non vi sono verita' (certezze assolute)
anche se vi fossero non potremmo conoscerle,
anche se potremmo conoscerle non si possono comunicare
quindi non possiamo vivere ed agire con esse.

I concetti possono essere espressi in tanti modi,
per esempio si possono attenuare
e limitare i significati con vari aggettivi
ma il senso di una frase puo' essere sempre ridotto
nelle sue forme atomiche.
Nel nostro caso specifico la tesi di base
e' che non e' possibile vivere ed agire con certe assolute
perche' evidentemente non esistono, e se esistessero
non si possono conoscere e se si potessero conoscere
non sono utili per vivere ed agire concretamente nella vita.

> Invece (anche grazie all'amputazione) tu la leggi come se fosse
> un'asserzione _logica_ circa l'esistenza o meno di certezze assolute,
> e la utilizzi, con un tipico procedimento speculativo, per concludere
> (falsamente) che la frase dimostra l'esistenza di certezze assolute.

Ogni frase porta a certezze inaggirabili, non solo questa,
come ho gia' detto nel messaggio precedente.
Cio' e' dovuto al fatto che per dialogare bisogna assumere
principi logici razionali senza i quali non sarebbe possibile
comunicare alcunche'.
Apel e Habermas, filosofi viventi, hanno esplicitato questa struttura
universale del dialogo (cfr. "Etica del discorso").
In particolare ogni espressione che nega certezze assolute
con o senza verbi che esprimono azioni vitali,
che poi non cambia nulla dal punto di vista logico,
porta all'autocontraddizione.
Ma ho anche fatto notare che se l'espressione non vale
in senso assoluto, cioe' "non esistono certezze assolute"
vale in senso ipotetico allora tale frase non contesta
la certezza assoluta perche' si limita solo a casi particolari
validi ipoteticamente e non realmente.
Infatti una persona puo' benissimo vivere ed agire
come se non sapesse che esistono certezze assolute
ma tale posizione non confuta nulla e non confuta
la certezza assoluta.
L'obiezione e' logicamente respinta,
e la speculazione non c'entra nulla
e' solo un pregiudizio di chi e' abituato
a ragionare con sistemi ipotetici della fisica
e si inquieta quando si imbatte in strutture inaggirabili.

> Detto in altri termini, il pensiero che legifera su se stesso (se
> stesso ontologizzato, astratto o estratto dai pensanti contingenti).

Non e' un argomento la contingenza dei pensatori
perche' l'autoriflessione ha criteri di coerenza logica
per evitare errori razionali. Le argomentazioni di Godel
sono tra le piu' note come dimostrazioni autoriflessive.
L'autoriflessione, come dicono Apel e Habermas,
non e' un problema.

> Si tratta proprio del tipo di argomentazioni che Hume avrebbe buttato
> nel fuoco, e io sono d'accordo con lui.

Peccato che Hume elabora teorie etiche e morali,
nonostante il suo scetticismo.

Saluti.

-- 
A
Received on Tue Jul 12 2011 - 11:19:00 CEST

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