Ti rispondo pensando al modello a "cubi metallici", che mi pare pi� sicuro:
> Perch� se � vero che le cariche si dispongono in superficie, per quanto la
> superficie affacciata all'altro cubo sar� di certo quella a maggior
> densit� di carica, tutte e sei le facce del mio cubo/soluzione dovrebbero
> presentarsi cariche.
No. Se le due facce sono abbastanza vicine, tutte le altre le "vedranno"
come un'unica superficie neutra (cariche positive e negative si
neutralizzano a vicenda) e i tuoi due cubi diveneteranno in pratica un unico
parallelepipedo neutro. Ovviamente questa � una schematizzazione, e ci
saranno eprturbazioni ed effetti "di bordo" tanto pi� marcati quanto pi�
sono lontani i due cubi.
Infondo non � strano: fra la situazione dei due cubi a distanza infinita e
quella dei due cubi attaccati ci si muove con continuit�, e quindi cambia
con continuit� la distribuzione delle cariche sulle facce esterne dei cubi,
da tutte cariche Q/6 (dove Q � l'eccesso di carica) nel primo caso a tutte
neutre eccetto una, con carica Q, nel secondo caso. Situazioni "abbastanza"
similia quest'ultima le avrai per cubi "abbastanza" vicini.
>Questa sembra una sciocchezza, lo so, ma ha un suo
> significato nel momento in cui voglio misurare la ddp tra le due celle.
> Se infatti immergo i due elettrodi, uno per cella, per avere una ddp devo
> finire nelle porzioni di semicella non elettroneutre, altrimenti non
> misurer� alcuna ddp. E' giusto questo discorso?
No! Le tue celle sono conduttrici, come tu stesso le hai schematizzate.
All'equilibrio elettrostatico un conduttore � tutto allo stesso potenziale,
e dove lo becchi lo becchi misurerai sempre la stessa ddp.
Immagina che tu tenga la sonda in un punto fisso nel primo contenitore, e in
due punti A e B nel secondo: se trovassi che la ddp in A � diversa da quella
in B, allora vorebbe dire che, essendo sempre lo stesso il riferimento, il
potenziale i A � diverso da quello in B. Ma siccome sei in un conduttore e
le cariche possono muoversi liberamente, ci sarebbe uno spostamento di
cariche positive verso il punto a potenziale pi� basso, e di cariche
negative in verso opposto, e questo continuerebbe fino all'equalizzazione
del potenziale.
> Per misurare una ddp devo finire a ridosso della membrana (ai suoi due
> lati) o anche a ridosso di una qualsiasi delle superfici dei due cubi?
Dove vuoi: il potenziale in una cella � sempre lo stesso. Questo ovviamente
a meno di forti correnti: in questo caso la velocit� di spostamento delle
cariche potrebbe non essere sufficientemetne rapida da equalizzare il
potenziale e si potrebbe verificare una disomogeneit� di potenziale
all'interno della cella fintanto che dura la corrente.
> Quest'ultimo quesito � per me cruciale. Infatti se fosse un conduttore di
> prima specie, prescindendo dal campo elettrico e dalla densit� di carica
> sulle sei superficie, sugli spigoli e sui vertici, avrei una situazione di
> equipotenzialit�. In realt� da un punto di vista elttrostatico anche nel
> conduttore di 2� specie devo avere equipotenzialit�. Ma il problema � che
> quando penso alla misurazione della ddp con un voltmetro con elettrodi e
> penso a questa reazione chimica che deve avvenire...mi perdo. Penso ad
> esempio che se l'elettrodo finisse in zone a minor densit� di carica o
> addirittura elettroneutre, mi vedrebbe un potenziale minor......e cos� si
> va a far benedire il principio di equipotenzialit�...
> chi mi aiuta????
Qui probabimente entra in gioco la mia ignoranza: se ti � chiara
l'equipotenzialit�, quel'� il problema (fatti salvi fenomeni in cui la
velocit� di migrazione delle cariche non si pu� considerare infinita)?
Considera comunque che zone "elettroneutre" non vuol dire "prive di
portatori di carica", ma solo con ugual concentrazione degli uni e delle
altre...
Ciao
Giacomo
Received on Wed May 26 2004 - 11:41:16 CEST
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