Re: L'"interpretazione" della MQ

From: Davide Pioggia <me_at_privacy.net>
Date: Thu, 11 Dec 2003 02:11:35 +0100

Nell'articolo <3fd669a5.24509382_at_news.fastwebnet.it>
Thanatos ha scritto:

> Qual'e' la differenza fondamentale tra cio' che dici e la teoria di
> Einstein (& Co.) delle variabili nascoste, gia' scartata per evidente
> incompatibilita' con i dati sperimentali?

La teoria della variabili nascoste cerca di salvare a tutti i costi la
concezione geometrica (o, se vuoi, cinematica) del mondo ed anche il
determinismo.

Ad esempio Bohm, pur di poter dire che l'elettrone se ne sta sempre in
qualche punto dello spazio e percorre delle traiettorie deterministiche,
arriva a sostenere che quelle traiettorie sono "guidate" da "onde pilota", e
che l'elettrone si "infila" su uno o l'altro dei possibili "binari" a
seconda di qualche dettaglio microscopico, che � "nascosto" o comunque
"invisibile".

Ora, a me del fatto che i fisici vogliano salvare una certa concezione del
mondo che � loro cara (geometrica, deterministica, locale, globale, o quel
che �) non interessa minimamente. Mi interessa solo cercare di mantenere una
certa "pulizia concettuale" (che poi io, come sostiene qualcuno, non ci
riesca, � solo un mio limite personale, ma per quello che mi riguarda sono
tranquillamente disposto a sacrificare qualunque concezione pur di non
alimentare dei paradossi o delle contraddizioni).

Quindi tanto per cominciare io non ho alcun problema a sacrificare ci� che
per Einstein, Bohm & Co. � invece assolutamente intoccabile: la concezione
geometrica del mondo (che, lo ricordo, � interamente basata sul concetto di
"corpo rigido", il quale ormai � stato talmente scardinato da far apparire
del tutto incomprensibile come si possa ancora parlare di "spazio" in
termini del tutto "ingenui").

Detto ci�, mi limito a porre le seguenti domande:

1) Cosa si deve intendere per "stato"?

Se lo "stato" � la "massima informazione possibile" allora bene, vuol dire
che io costruisco un "gatto classico" che � sia vivo che morto, tanto quanto
quello "quantistico" di Schroedinger.

Se invece vogliamo ragionare (ed abbiamo letto non dico tutta
l'epistemologia del XX secolo, ma almeno Kant) allora bisogner� rendersi
conto che il concetto di "stato" � legato a quello di "propriet�". Nella
meccanica classica tu dici che q e p definiscono lo stato di un sistema
perch� in *ogni* istante di tempo tu puoi assegnare al sistema *una* ed *una
sola* configurazione ed *una* ed *una sola* quantit� di moto. E' questo che
intendi quando dici che un sistema *ha* una configurazione: per ogni t �
definita in modo univoco la configurazione del sistema.

2) La posizione � una "propriet�" del quanto?

Possiamo dire che in ogni istante un elettrone ha una ed una sola
"posizione", cio� che in ogni istante essa � definita ed univoca?

No, non possiamo (a meno che non ci mettiamo a fare i deliri alla Bohm,
dopodich� mi deve spiegare che razza di interazione sia quella che tiene
l'elettrone "inchiodato" sulla "onda pilota", e come facciamo le onde pilota
a adattarsi istantaneamente in ogni punto a qualunque modifica delle
condizioni al contorno, fosse pure a distanza infinita).

Dunque, la posizione non � una propriet� del quanto. Non � vero che in ogni
istante per un quanto pu� essere definita una posizione in modo univoco,
quindi essa � in-definita (non in-determinata, perch� in-determinata vuol
dire che il quanto *ha* una posizione ma essa non � determinata).

Quindi quando diciamo che

<l'elettrone viene assorbito in x al tempo t>

stiamo descrivendo l'interazione fra due oggetti:

a) uno microscopico, del quale conosciamo una serie di propriet� (cio�
grandezze che possono essere definite sempre ed in modo univoco) come la
massa a riposo e la carica, ma *non* la posizione, che non � una sua
propriet�;

b) uno macroscopico (lo "strumento") che � definito in base alle sue
propriet�, fra le quali c'� anche la posizione.

Ora, che tipo di interazione � questa fra due oggetti che hanno propriet�
diverse?

E' una interazione fra un oggetto microscopico ed uno macroscopico, con
quello macroscopico che ha delle propriet� in pi�, e quindi si deve trattare
di propriet� "emergenti" (come la temperatura).

E che tipo di teoria � quella che descrive le interazioni fra un oggetto
microscopico (descritto da propriet� microscopiche) ed uno macroscopico
(descritto da propriet� macroscopiche)?

E' una teoria "mesoscopica", come ce ne sono altre (es. il moto browniano).

E come � fatta una teoria mesoscopica?

Semplice:

a) � sempre necessariamente probabilistica (cio� consente di calcolare delle
correlazioni fra eventi), e questo *a prescindere* dal fatto che la teoria
microscopica sottostante sia deterministica o probabilistica;

b) perch� essa sia definita richiede sempre la presenza di un "oggetto
macroscopico" (quello che nel caso del quanto fornisce la "posizione", cio�
d� un significato fisico a quella "x") o un "bagno termico" (quello che nel
caso del moto browniano fornisce la "temperatura", cio� d� un significato a
quella "T" che compare nelle propriet� statistiche della particella).

No, dico, se questa non � la meccanica quantistica cos� come noi la
conosciamo!

Che altro c'� da mostrare, da "interpretare"?

Dopodich� o a me appare evidente ci� che non lo � affatto, oppure pu� darsi
che qualcuno sia reso cieco da qualche "tab�", come ad esempio quello
secondo il quale il mondo deve essere per forza "geometrico".

> In che modo la tua teoria sarebbe concordante con l'esperimento
> di Parigi sulla disuguaglianza di Bell?

Premetto che io non faccio il fisico e non ho alcuna "teoria".

Come dicevo cerco solo di mantenere una certa "pulizia" dei concetti che si
usano, come "stato", "propriet�", "in-determinazione" eccetera.

Quanto alla tua domanda, mi limito a ripetere quanto gi� affermavo nel mio
primo intervento: se non possiamo definire una posizione per il quanto, non
ha senso dire che esso di "allontana" dal dispositivo o si "avvicina" a
quello che lo sta per assorbire.

Negli esperimenti EPR il problema della "localit�" � del tutto privo di
senso. Chiedersi se il comportamento EPR sia "locale" o "globale" avrebbe
senso solo se potessimo associare una "posizione" ai quanti. Ma questo non
lo possiamo fare. Non possiamo dire che essi dopo un certo tempo t si sono
"allontanati". Possiamo solo dire che dopo un certo tempo t c'� una certa
probabilit� che essi vengano assorbiti da due rivelatori che sono *lontani*
(i rivelatori s�, che si possono dire *lontani*!)

Ma dire che due quanti si sono "allontanati" � una assurdit�. Sarebbe come
voler dire che una molecola che ha lasciato un bagno termico e viaggia nel
vuoto ha ancora una "temperatura".

Immagina che una molecola abbandoni un bagno termico che ha temperatura T, e
prenda a viaggiare nel vuoto.

Che temperatura le assegniamo? Magari ancora la temperatura T? O diciamo che
la sua temperatura sta cambiando?

E se dopo un po' la molecola viene assorbita da un altro bagno termico a
temperatura T', che diciamo, che nel frattempo la temperatura della molecola
si stava "allontanando" da T e si stava "avvicinando" a T'? Oppure diciamo
che la temperatura della molecola era "contemporaneamente" T, T' e qualche
altra, e poi � "collassata" in T'?

Ma che modi sono di strutturare i concetti?

Se tutto ci� fosse chiaro (ma a quanto pare non lo �) il passo successivo
sarebbe quello di fare la stessa cosa con t, con il tempo, altro grande
"mito" della fisica.

Se tutto il discorso che ho fatto venisse posto in forma relativistica, ci
renderemmo conto che x e t devono essere "simmetrici" (a meno della solita
metrica) e quindi � tutto il cronotopo che a livello microscopico �
indefinito.

Questo significa che quando diciamo che l'elettrone viene assorbito in x al
tempo t, dovremmo dire che l'elettrone viene assorbito da un corpo
macroscopico che al tempo t ha posizione x, o meglio che ha una posizione
spazio-temporale (x,t). Insomma, � il corpo macroscopico che "ha" sia x che
t.

E cos� come non ha senso dire che l'elettrone si "allontana" dal dispositivo
che lo emette e si "avvicina" a quello che lo assorbe, allo stesso modo non
ha senso dire che per l'elettrone "passa il tempo".

Anche questo a me sembra evidente: come spiegare altrimenti gli esperimenti
di "scelta ritardata"?

La fisica fondamentale, se esiste, � una fisica "sub specie aeternitatis",
dalla quale emergono a livello macroscopico sia lo spazio che il tempo.

Non c'� niente da "interpretare": basta solo rendersi conto che ci troviamo
di fronte ad una teoria *mesoscopica*, il che � come dire che lo spazio ed
il tempo sono propriet� emergenti.

Dopodich� tutto divente perfettamente chiaro, se non addirittura implicito:

a) la struttura probabilistica della teoria;

b) il fatto che si necessario lo "strumento di misura" per dare un
significato fisico alla teoria;

c) gli esperimenti EPR, quelli di scelta ritardata, quelli di Aspect, e
tutte quelle cose l� che appaiono "paradossali" solo se si vuole salvare a
tutti i costi l'etere-cronotopo.

Prima di finire vorrei osservare che se si arriva a comprendere che la
teoria fondamentale, se esiste, � "sub specie aeternitatis", allora
chiedersi se essa sia o meno "intrinsecamente probabilistica" o
"intrinsecamente deterministica" � del tutto privo di senso.

Ammesso che la realt� sia qualcosa essa pu� essere solo un "cristallo
matematico", che se osservato "a grana grossa" mostra delle propriet�
spazio-temporali. D'altra parte ho gi� osservato che una teoria mesoscopica
� comunque probabilistica, a prescindere da quale sia la teoria microscopica
sottostante.

Sia chiaro che non mi sognerei mai di andare a raccontare ad un fisico
questa cosa del "cristallo matematico". Per ora mi accontenterei di una
tranquilla formulazione "non relativistica", che sta a quella "sub specie
aeternitatis" come l'equazione di Schroedinger sta a quella di Dirac.

--
Ciao,
Davide
Received on Thu Dec 11 2003 - 02:11:35 CET

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