Re: Contrazione delle lunghezze in relatività

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Wed, 19 Nov 2003 21:08:14 +0100

Seconda puntata.
Posso utilmente sfruttare una domanda di r-Daneel, che ha scritto:
> Potrebbe dirmi se i raggi colpiscono fisicamente insieme la testa e la
> coda del treno in tutti e due i casi? Cioe' se per S il ritardo e'
> dovuto al tempo che l'immagine della testa del treno illumunata
> impiega a tornare agli occhi di S?

Mi accorgo infatti che non avevo chiarito un punto, che stranamente
(per me) ritorna sempre in ballo: se essere o no simultanei certi
eventi in un dato rif. significhi che la luce emessa in questi eventi
arriva insieme *a chi guarda*...
Risposta netta: niente affatto.
Occorre assolutamente scordarsi l'eventuale presenza di un "uomo che
guarda" (e' per questo che io aborro l'uso del termine "osservatore").
La fisica si fa con strumenti, e le osservazioni dirette hanno un
ruolo del tutto marginale. Si capisce che alla fine qualcuno deve
leggere gli strumenti, ma questo puo' accadere in un secondo tempo, a
distanza, ecc. ecc.

Invece quello che non avevo precisato e' che in ogni rif. si deve
assumere di disporre di una batteria (teoricamente infinita) di
_orologi_, piazzati in tutti i punti dello spazio, e tra loro
_sincronizzati_.
Sincronizzati come? Per es. mediante l'invio di segnali luminosi. Dato
che gli orologi sono fermi uno rispetto all'altro, e che assumiamo
nota la velocita' della luce, e' facile tener conto, una volta per
tutte, del tempo di propagazione, e regolare gli orologi di
conseguenza.

Quindi abbiamo orologi sul treno, e orologi sulla banchina della
stazione.
Quando dico che il segnale arriva simultaneamente in A e in B, "visto
da T", la parola "visto" ha un significato puramente metaforico, non
coinvolge nessun "occhio vedente". Coinvolge invece i due orologi in A
e in B, che registrano l'arrivo e poi vengono letti. Se segnano lo
stesso tempo, questa e' la _simultaneita'_.
Quando dico che tra l'arrivo in B e quello in A intercorre un ritardo
tA - tB = L'*v/(c^2 - v^2), visto da S, intendo che i due orologi che
si trovano a coincidere con A e con B quando i due segnali arrivano
segnano tempi che differiscono di quella entita'.

Incidentalmente, questo chiarisce anche che cosa vuol dire che "visto
da S" il treno e' lungo L'.
Significa che se vado a cercare due orologi che hanno registrato *allo
stesso tempo* uno il passaggio di A e l'altro quello di B, li trovo
distanziati di L'.
Questo e' essenziale, perche' se non si ha chiaro che cosa significa
misurare la lunghezza di un oggetto in moto, non si puo' capire se e
perche' quella lunghezza debba risultare contratta.

E ora riprendiamo il discorso dove era rimasto.
Aggiungiamo agli strumenti di cui sono dotati gli sperimentatori due
aggeggi, situati sul treno, uno in testa e uno in coda, che quando
ricevono il lampo di luce sparano un paletto, un proiettile, uno gnocco
di vernice, quello che vi pare ... comunque qualcosa che resta sulla
massicciata e indica la posizione che avevano A e B rispetto a S
quando hanno ricevuto il lampo.
Chiamiamo A' e B' questi due punti: per quanto gia' detto, la loro
distanza (misurata da S, ovviamente) e' L'.
E' quanto vale la loro distanza misurata da T? Basta pensare a quello
che ho detto sopra, per capire che tale distanza e' L: uguale alla
lunghezza del treno.

Esaminiamo dunque la situazione a questo punto.

Abbiamo due segmenti: AB e A'B'. Il primo e' fermo rispetto a T, il
secondo e' fermo rispetto a S.
Misurati da T, hanno la stessa lunghezza L; misurati da S?
La lunghezza di AB l'abbiamo chiamata L': per il momento e' solo un
simbolo.
La lunghezza di A'B' non la sappiamo, ma possiamo calcolarla.
Ricordiamo che il treno (rispetto a S) e' lungo L', e va alla
velocita' v. La sua testa raggiunge A' *dopo* che la sua coda ha
raggiunto B': il ritardo e' il solito L'*v/(c^2 - v^2).
Ma in questo tempo il treno si e' spostato di L'*v^2/(c^2 - v^2), che
va aggiunto alla lunghezza L' del treno: risultato (fate il conto!)
L'*c^2/(c^2 - v^2).

Posso dunque compilare una tabella:

      | S T
-----+------------------------------------
AB | L' L
      |
A'B' | L'*c^2/(c^2 - v^2) L
      |

Abbiamo dunque una provvisoria conclusione: due segmenti che appaiono
uguali se misurati da T, appaiono diversi se misurati da S.
E ricordate: "appaiono" vuol dire soltanto "secondo i risultati delle
misure, come sopra definiti".

Ma facciamo un altro passo: poniamo L' = k*L.
Il senso di questa posizione e': k e' il "fattore di contrazione" per
la lunghezza di uno stesso segmento tra quando lo si misura nel rif.
in cui e' fermo, e quando lo si misura nel rif. in cui si muove con
velocita' v.
(Al momento non sappiamo quanto vale k; se non ci fosse nessuna
contrazione, sarebbe k=1. Quindi aver introdotto questo k non
c'impegna in nessun modo.)

Ma anche A'B' e' in questa situazione: e' fermo rispetto a S, si muove
(con velocita' v) rispetto a T. Dunque mi aspetto che sia

L = k*L'*c^2/(c^2 - v^2) = k^2*L*c^2/(c^2 - v^2).

Da qui ricavo subito k:

k = sqrt(1 - v^2/c^2)

et voila': siamo arrivati alla contrazione di Lorentz.

Pero' fermiamoci un momento a riflettere su che cosa abbbiamo usato.
In primo luogo, la solita invarianza della velocita' della luce.
Poi, proprio alla fine, abbiamo usato il _principio di relativita'_,
in questa forma:

"I due rif. S e T sono equivalenti (inerziali). Dunque se c'e' un
effetto di contrazione, dev'essere lo stesso tanto da S, quando si
guarda un segmento fermo rispetto a T, quanto da T, se si guarda un
segmento fermo rispetto a S."

Ecco perche' ho usato lo stesso fattore di contrazione k.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Wed Nov 19 2003 - 21:08:14 CET

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