Re: aiuto elettromagnetismo

From: Davide Pioggia <dpioggia_at_NOSPAMlibero.it>
Date: Thu, 13 Nov 2003 23:32:48 GMT

Nell'articolo <bp0l6n$1m9i$1_at_newsreader1.mclink.it>
Elio Fabri ha scritto:

> Il problema che vedo e' che nella tua esposizione manca un pezzo,
> senza del quale non si capisce perche' per es. nel teorema di Sokes ci
> vada il rotore, o in quello della divergenza appunto la divergenza...

S�, s�, hai ragione :-)

Ma parliamone un po', ch� mi interessa vedere fino a che punto si potrebbe
portare avanti un approccio "intuitivo".

> Anzi, i pezzi sono due.

> 1) Le tue forme differenziale "di secondo ordine" nn hai detto che
> debbono essere antisimmetriche.

Ecco, questo � stato il punto che mi ha fatto "soffrire" di pi�.

Stavo per dirlo, poi ho deciso di no, avevo cominciato a scrivere "forme" di
tutti i tipi, per mostrare che alcune non vanno bene, poi ho cancellato
tutto e alla fine mi � rimasto quel maledetto "dx dx", che non ci doveva
essere, o meglio ci doveva essere solo per mostrare che non si integra in
(dx)^2.

So che tu sei contrario alla "divulgazione", per� so anche che quando vuoi
sai dare delle belle spiegazioni "intuitive", per questo mi interessa sapere
come faresti tu (non � quindi una "sfida").

Io avrei seguito la strada a cui ho accennato poco fa.

Basterebbe osservare, ad esempio, che quando vogliamo scrivere un integrale
doppio in tre dimensioni, le forme differenziali devono contenere solo i
termini "misti", dxdy, dxdz e dydz, e non dxdx, dydy e dzdz. Questo a me
sembra "evidente", ma se non lo fosse baster� osservare che cos� come un
segmento infinitesimo dl si proietta sugli *assi* coordinati, allo stesso
modo una superficie dS si proietta sui *piani* coordinati.

Quindi tanto per cominciare bisogna usare solo le "forme" che non hanno
termini "diagonali".

Poi c'� anche da dire che se integro una funzione f(x,y) in dxdy o in dydx �
la stessa cosa, sicch� la nostra matrice, oltre a non avere la diagonale, ha
un numero di "gradi di libert�" che � pari al numero di elementi contenuti
nel "triangolo" sopra la diagonale.

Tutto ci� pu� essere detto "tutto assieme" facendo in modo che il
"coefficiente" di dxdy si divida in due parti simmetriche rispetto la
diagonale, poi introduciamo un "prodotto" fatto in modo tale che dx ^ dy non
� pi� uguale a dy ^ dx, ma cambia di segno. Allora il coefficiente di dxdy,
che avevamo "distribuito" in due parti uguali attorno alla diagonale, cambia
anche lui di segno (o sopra o sotto la diagonale).

Ecco fatto: basta che questa matrice sia antisimmetrica ed abbiamo in un
colpo solo tutti i requisiti che abbiamo elencato fin qui.


> 2) Manca la dualita', che ti permette di trattare une 3-forma come una
> 0-forma, con le dovute avvertenze.

Beh, qui direi che il discorso � in gran parte collegato a quello
precedente. L'unico termine che ci interessa � dxdydz, e quindi il
"coefficiente" � unico.

E' vero che poi lo andiamo a "distribuire" tutto attorno alla "diagonale di
un cubo" per avere la nostra anti-simmetria, ma quel "cubo antisimmetrico"
ha un solo "grado di libert�".

> Non puoi dire che lo fai per semplificare; non tanto perche' cosi'
> avvilisci il lavoro del povero Cartan :) quanto perche' in realta'
> senza quelle indicazioni manca il modo sicuro di collegare tutti i
> vari casi particolari.

S�, ma secondo me un po' di "unit�" nel mio discorso la si poteva cogliere.

Spero, ad esempio, che ora il nostro amico veda che un integrale triplo
diventa doppio, uno doppio diventa singolo, uno singolo diventa una
differenza. E contemporaneneamente un operatore differenziale che agisce
sulla "forma" da integrare si "trasferisce" al dominio di integrazione, che
viene trasformato nel suo "derivato".

E' una equazione che � "esteticamente entusiasmante".

Peccato che ora tu mi dimostrerai che non l'ho capita... ;-)

Ciao, grazie per gli spunti.

Davide
Received on Fri Nov 14 2003 - 00:32:48 CET

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