Dal Corriere della Sera di oggi.
Professor Carlo Rubbia le piace l'idea del Mit italiano, il nuovo
istituto per la ricerca applicata previsto dalla legge finanziaria?
�Mi pare che non ci sia molta consapevolezza su che cosa significhi la
nascita di un organismo del genere: tutto � molto pi� complicato di
quanto si immagina. Nessuno, comunque, mi ha chiesto che cosa ne penso.
Invece devo constatare che c'� un silenzio assordante sugli altri enti
italiani di ricerca gi� esistenti come il Cnr, l'istituto di fisica
nucleare, lo stesso Enea. Per cominciare a raccogliere qualche frutto da
una istituzione nuova occorrer� una decina d'anni e intanto che cosa
succede agli altri enti? E poi perch� crearne un altro se quelli gi�
attivi possono fare le stesse cose? Di questi, invece, non si parla pi�.
Risolviamo i problemi che hanno ma salviamo ci� che di buono offrono e
sosteniamoli con una politica di sviluppo. Si destinano 100 milioni di
euro l'anno al neonato organismo quando l'intero contributo dello Stato
all'Enea, 3.700 dipendenti e 10 laboratori, � di 200 milioni di euro
l'anno. Che cosa poi debba fare il fantomatico Mit italiano � oscuro�.
Dovrebbe svolgere una ricerca applicata...
�La ricerca applicata � una banalit�. Come diceva Einstein esistono
soltanto le applicazioni della ricerca. Prima, per�, bisogna investire
nella scienza fondamentale. Oggi non avremmo l'ingegneria genetica se
Watson e Crick non avessero scoperto cinquant'anni fa la struttura del
Dna. Puntare solamente alla ricerca applicata � un grosso errore�.
E allora su che cosa dobbiamo puntare?
�Sui ricercatori. Nei discorsi che si ascoltano negli ultimi tempi ci
si dimentica degli uomini e delle donne che fanno ricerca. Inseguiamo
modelli stranieri ma intanto da tre anni sono bloccate le assunzioni e
oggi l'et� media di chi lavora � intorno ai 50 anni, quindi fuori gioco.
Nel frattempo ci sfuggono le nuove generazioni dalle quali nascono i
risultati. In altre parole, si � perso il fulcro della discussione�.
E poi su che cosa crede che bisognerebbe investire?
�Sulle infrastrutture, gli strumenti, che nei nostri centri sono
vecchi, superati e non ci permettono di essere competitivi. Dobbiamo
rimettere in funzione la ricerca pubblica, riempire i laboratori di
giovani e la messe fiorir�.
Il ministro Letizia Moratti ha varato una strategia della ricerca. Non �
adeguata?
�Sono state formulate solo delle linee guida generali. Possono andare
bene ma ancora non c'� un vero piano destinato a precisare che cosa si
vuol fare e, soprattutto, con quali risorse. Quel piano, poi, dovrebbe
nascere con il concorso degli scienziati e non fatto scendere dall'alto.
Cos� perdiamo tempo e andiamo indietro invece che progredire�.
Il governo vuole arrivare per la fine della legislatura a spendere l'1%
del Pil nella ricerca pubblica, mentre un altro 1% dovrebbe essere
garantito dal mondo privato...
�Mancano due anni alla fine della legislatura e non vedo cambiamenti
in prospettiva rispetto alle risorse attuali: alla fine rimarr� il
solito 1%, tutto compreso. Nascondersi dietro le difficolt� economiche
internazionali non serve. I Paesi nordici sono nella stessa condizione
ma investono intorno al 3% e cifre altrettanto pesanti dedicano Francia,
Germania, Giappone e Usa. Ci siamo dimenticati che i ministri della
ricerca europei a Barcellona nel 2000 si sono impegnati ad arrivare in
dieci anni ad una spesa, per l'Ue, pari al 3% del Pil�.
Rinnovando le strutture, aprendo ai giovani e garantendo risorse
potremmo emergere dal fondo delle statistiche internazionali in cui ci
troviamo per innovazione e competitivit�?
�No. Ci vuole anche un cambiamento di metodo. In Italia si lavora con
la mentalit� del singolo ricercatore. Invece, oggi, per vincere bisogna
fare team. Poi occorre modificare il modo di gestire la ricerca. Un
esempio: nel '99 l'Enea ha presentato un piano sull'idrogeno che doveva
essere finanziato con soldi recuperati dalle licenze per i cellulari
Umts. Erano stati garantiti 100 milioni di euro. Poi tutto si complic� e
solo all'inizio di quest'anno si � iniziata una valutazione, ma con
disponibilit� ridotta a un quarto. Conclusione: si sono persi 4 anni. Un
ricercatore impegnato su questo fronte che cosa dovrebbe fare intanto?�.
Per migliorare le cose � utile cercare di riportare a casa gli
scienziati italiani che lavorano all'estero?
�In nessun Paese straniero verrebbe in mente di lanciare un'operazione
del genere. Io mi preoccuperei soprattutto di quelli che sono in Italia.
Abbiamo tanti cervelli eccellenti che non hanno le possibilit� di
esprimersi: pensiamo a loro invece di rimpatriare uomini con il miraggio
di non far pagare le tasse per incentivarli. Pensiamo a non fare
scappare quelli che abbiamo, che essendo bravi vengono subito accettati
all'estero dove fanno carriera. E poi chi lavora all'estero cosa
verrebbe a fare in Italia, senza risorse per la ricerca, senza
infrastrutture, senza organizzazione adeguata?�.
Non c'� un piano della ricerca, ma pare impossibile anche avere un piano
energetico...
�L'Italia � al primo posto al mondo nel prezzo dell'energia elettrica.
Perch� industriali e cittadini devono spendere tanto? Il problema �
nella produzione: impianti vecchi in un sistema mai adeguato alle
necessit�.
L'Enel collabora con i francesi per studiare un nuovo reattore nucleare
di tipo Epr (European Pressurized-Water Reactor)...
�� un dinosauro, un reattore vecchio che cercano di ammodernare e che
alla fine avr� costi di produzione dell'energia troppo elevati�.
Su che cosa si dovrebbe investire per il futuro?
�Sul solare e sul nucleare sicuro che gi� esiste. Si possono
fabbricare reattori a ciclo chiuso che non presentano il problema delle
scorie. E con il solare e il nucleare si pu� sviluppare l'idrogeno,
arrivando all'energia davvero pulita e senza fine. Ma ancora non vedo
all'orizzonte strategie o decisioni�.
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Valter Moretti
Faculty of Science
Department of Mathematics
University of Trento
Italy
http://www.science.unitn.it/~moretti/homeE.html
Received on Tue Nov 04 2003 - 11:43:07 CET