cometa_luminosa ha scritto:
...
> Le esatte parole originali sono:
> "Se non facciamo nucleare siamo esposti allo stesso rischio, perche'
> abbiamo tredici centrali nucleari ai nostri confini: in Svizzera, in
> Francia, in Slovenia. Quindi, dal punto di vista della sicurezza, non
> cambia niente."
> Fazio: "Pero', aggiungere insicurezza, anziche' semmai togliere quella
> che c'e'...semmai uno deve disincentiva..."
> Veronesi: "No, voglio solo dire questo: che il problema si pone a
> livello _mondiale_. Ed e' per questo che noi stiamo insistendo per
> trovare delle soluzioni a livello mondiale. Perche', come vedi,
> Fukushima interessa anche noi, anche a distanza e figuriamoci cosa
> succede se scoppia una centrale nucleare ai nostri confini".
> No comment...
Qualche commento mi sento di farlo io, visto che l'argomento specioso
della vicinanza delle centrali di altri Paesi ai nostri confini �
diventato il tronco d'albero nell'oceano su sui si aggrappano, per non
affondare, i nuclearisti di questi tempi.
Non � vero che avere una centrale sul proprio territorio (dentro il
proprio territorio) o a qualche decina di chilometri di distanza � la
stessa cosa che averla al di l� delle Alpi a qualche decina di chilometri
di distanza, poich� gli effetti delle ricadute radioattive tendono a
diluirsi con la distanza.
La radiazione di Fukushima � arrivata a Tokyo (con effetti per ora modesti
modesti), ma ha messo a dura prova soprattutto il territorio circostante
nel raggio di 30 km circa (quantunque abbia inquinato anche a distanze
maggiori, Greepeace parla di 40 km).
C'� poi da considerarare la meteorologia locale (come spirano i venti al
momento del rilascio delle ipotetiche nubi radioattive), che nel caso del
nord italia � condizionata dalla presenza della catena alpina, che pur non
essendo uno sbarramento impenetrabile tende a sfavorire la diffusione di
eventuale materiale radioattivo di provenienza francese o svizzera (nel
caso di masse d'aria d'umida dirette dal nord-europa verso l'Italia
attraverso la catena alpina il fenomeno noto come Stau, garantisce che
buona parte degli eventuali radionuclidi verrebbero depositati assieme
alle precipitazioni sul versante nord delle Alpi).
Infine la pesantissima incombenza economica e sociale della gestione del
sito radioattivo nel dopo-disastro (intombamento nel cemento dei reattori,
abbandono delle zone limitrofe, comprese case d'abitazioni, ospedali,
scuole, opifici, etc. e trasferimento della popolazione altrove) ricade
essenzialmente sul Paese ospitante e non certo sui Paesi vicini.
Saluti,
Aleph
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Received on Mon Apr 04 2011 - 16:51:12 CEST