Recentemente, sull'argomento in oggetto, sono stati postati da Franco, su
is, alcuni riferimenti (
http://arxiv.org/abs/gr-qc/0211091 e
http://arxiv.org/abs/gr-qc/0208056) che provano il fatto che, diversamente
da come immaginavo, la questione sia ancora oggetto di attenzione in ambito
scientifico. Cioe', cosi' almeno mi pare di aver capito, non c'e' ancora
unanime accordo sul fatto che le evidenze sperimentali della relativita'
siano, almeno in maniera indiretta, un prova sperimentale della validita'
del postulato di costanza della velocita' della luce.
Non ho studiato con attenzione gli articoli segnalati da Franco (il che
significa che potrebbe anche darsi che li' ci siano le risposte ai quesiti
che pongo qua ... se qualcuno mi aiutasse a chiarirli evitandomi lo sforzo
di andare a cercare da solo le risposte, lo ringrazio fin da ora), vorrei
pero' sottoporre all'attenzione del gruppo alcuni passi tratti da "Filosofia
della Fisica" a cura di Boniolo (1997 Bruno Mondadori editore).
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pag 47 e seguenti (riporto fra *...* cioe' che nel testo e' in corsivo):
In effetti la critica di Einstein alla simultaneita' assoluta era partita
proprio dall'impossibilita' in linea di principio di verificare la
contemporaneiuta' di eventi a distanza, e quindi da una posizione filosofica
sostanzialmente *verificazionista*. Il verificazionismo sostiene che una
proposizione qualsiasi e' dotata di senso se e solo se e' possibile indicare
in linea di principio un metodo per verificarla.
...
la verifica diretta della simultaneita' tra due eventi puo' darsi solo
quando i due eventi sono spazialmente quasi coincidenti [nota mia: non
capisco il "quasi" che Boniolo ripete piu' volte avanti nel testo in
proposizioni analoghe. A me pare che il "quasi" vada tolto]. Di conseguenza,
da parte di coloro che, come i neopositivisti, dividono la conoscenza
scientifica in una componente empirica o dipendente dal mondo e in una
definitoria o dipendente dal nostro modo di guardare a esso [nota
dell'autore: Tale distinzione riecheggia quella invocata da Kant tra
elementi a priori ed elementi a posteriori della conoscenza umana ...], si
e' spesso affermato che la determinazione temporale di eventi a distanza e'
frutto di una *convenzione*, ovvero di una definizione svuotata da ogni
contenuto fattuale. La natura convenzionale della coordinatizzazione
temporale di eventi a distanza sembrerebbe portare un ulteriore argomento a
favore della concezione secondo cui la simultaneita' di eventi a distanza
non ha alcun carattere oggettivo.
Il termine 'ulteriore' va sottolineato: la controversa tesi filosofica della
*convenzionalita'* della simultaneita', sostenuta da Reichenbach, Grunbaum e
vari altri autori, va in ogni caso tenuta distinta da quella, universalmente
condivisa, della *relativita'* della simultaneita'.
... 'l'evento *a* e' simultaneo all'evento *b*' ... Se gli eventi sono
separati da un intervallo di tipo *spazio*, nello spaziotempo di Minkowski
acquista un valore di verita' definito solo se essa e' riferita a un
particolare sistema inerziale, motivo per cui la tesi della relativita'
della simultaneita' assume significato solo tra *diversi* sistemi inerziali.
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In sostanza Boniolo distingue la questione della "relativita' della
simultaneita'", sulla quale tutti concordano, dalla questione della
"convenzionalita' della simultaneita'" e si chiede (pag 49 e seguenti):
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In che senso in relativita' siamo di fronte a tale secondo problema?
Considerato che in fisica ogni asserzione concernente la durata temporale di
un fenomeno e' in realta' corrispondente a una lettura di orologi, il
problema da cui parti' Einstein nel 1905 era quello di trovare un metodo per
sincronizzare due orologi ideali supposti identici e posti in due punti
spazialmente distanti di uno *stesso* sistema inerziale. ... Il metodo
originalmente suggerito da Einstein consisteva nell'inviare un segnale
luminoso da una linea di universo inerziale O, rappresentante il primo
orologio, a un'altra linea di universo inerziale O' corrispondente al
secondo orologio e poi far riflettere il segnale da quest'ultimo indietro
verso il primo.
Data la finitezza della velocita' della luce, un osservatore solidale
all'orologio sulla linea di universo O potra' solo calcolare il tempo totale
di andata e ritorno impiegato dalla luce dall'istante di emissione TE
all'istante di assorbimento TA. ... Poiche' l'osservatore lungo O puo' solo
calcolare i tempi di andata e ritorno della velocita' della luce, nulla
vieta che essa abbia una velocita' diversa nei due tratti, in quanto,
secondo vari studiosi, nessun esperimento potrebbe smentire tale ipotesi di
anisotropia della propagazione. ... Risulta quindi opportuno esprimere
questa possibile anisotropia scegliendo una variabile EPS [nota mia: il
testo riporta TEPS, non EPS, ma e' un evidente errore di stampa] che possa
assumere come valore ogni numero reale tra zero e uno, esclusi gli estremi.
Allora la risposta piu' generale al problema di determinare l'istante TEPS
[TEPS era stato precedentemente definito come l'istante, sulla linea di
universo di O, corrispondente alla riflessione del fascio, che viene
chiamata *b*, su O'] su O che e' simultaneo alla riflession *b* su O' e' di
assumere che
TEPS=TE+EPS*(TA-TE) ...
L'argomento principale in favore della convenzionalita' della simultaneita'
consiste essenzialmente nell'affermare che la scelta di una particolare
relazione di simultaneita' (ovvero di uno tra l'infinita' piu' che
numerabile di valori che EPS puo' assumere) non e' vincolata da alcun dato
empirico. Tale difficolta' fu risolta da Einstein con una stipulazione che
corrisponde a porre EPS=1/2 (ossia che TEPS=TB [nota mia: questa non l'ho
capita; TEPS=TB per definizione, quale che sia il valore di EPS scelto.
TEPS, se ho ben capito, e' l'istante, registrato su O, che decidiamo (per
convenzione, c'e' da capire se i dati sperimentali ci supportano o meno, qui
si afferma di no) di considerare identico al valore TB registrato su O'
quando avviene la riflessione del fascio]), la cosiddetta relazione
*standard* di simultaneita', il che a sua volta corrisponde all'ipotesi
fisica, *che secondo i convenzionalisti e' in linea di principio
non-verificabile*, che nel viaggio di andata e in quello di ritorno la luce
impieghi lo stesso tempo a percorrere la distanza data (isotropia della luce
ovvero sua uguaglianza in tutte le direzioni). Malgrado la questione sia
ancora aperta, ci sembra che a tutt'oggi non esistano argomenti decisivi che
ci permettanio di attaccare le tesi della convenzionalita' della
simultaneita' sulla base della possibilita' di misurare la velocita' della
luce "solo andata" (*one-way velocity of light*) (sull'isotropia della
velocita' della luce, cfr. Clifton (1989) "Some recent controversy over the
possibilty of experimentally determining isotrpy in the speed of light", in
'Philosophy of Science', n. 56, pp 688-696).
...
A tale proposito, ricordiamo che un teorico causale del tempo quale
Reichenbach ha giustificato la convenzionalita' della scelta *standard* non
solo per la sua maggiore semplicita', ma anche con un argomento di tipo
"circolo vizioso". Per stabilire che TB e' davvero fattualmente e
oggettivamente simultaneo con *b*, dovremmo poter verifica l'isotropia della
velocita' della luce, dovremmo cio'e poter misurare la velocita' della luce
in una sola direzione (solo andata), supponendo nota la distanza tra O e O'.
Dato che pero' il calcolo della velocita' presuppone la determinazione del
tempo e dunque l'aver sincronizzato gli orologi a distanza, ci ritroviamo
nella situazione di partenza, dato che per sincronizzare dovremmo sapere
quali eventi sono simultanei. In una parola, per determinare la
simultaneita' dobbiamo presupporre l'isotropia della velocita' della luce,
ma per determinare quest'ultima dobbiamo assumere la simultaneita', e il
circolo vizioso si chiude.
Sottolineiamo il carattere *epistemico* di questo argomento, ossia il suo
fondarsi su una una tesi di significanza delle proposizioni di tipo
neopositivista. Basandosi sul principio di verificabilita', tale argomento
si applica anche a tentativi di definire la simultaneita' con il metodo
alternativo del cosiddetto *trasporto lento* di orologi, inizialmente
coincidenti e dunque sincronizzabili
...
Reichenbach argomenta pero' che anche fosse possibile la sincronizzazione
attraverso tale metodo, essa fornirebbe solo una *definizione alternativa*
di simultaneita': persino supponendo che nel momento in cui il secondo
orologio viene riportato su O si potesse verificare che esso e' in accordo
col primo,
non potremmo mai essere sicuri che durante il trasporto il comportamento del
secondo orologio non sia mutato.
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Siamo finalmente arrivati al punto che vorrei discutere.
A me pare che l'argomento di Reichenbach sia debole!
Sara' pur vero che tramite il trasporto lento si ha "solo" una definizione
alternativa di simultaneita', ma proprio questo fatto, cioe' l'avere due, in
linea di principio diverse, definizioni di simultaneita', ci permette di
verificare la loro rispondenza reciproca. E non mi pare che ci sia alcuno
spazio alla convenvenzionalita'.
Intendo dire questo:
nell'origine di un asse si trovino due orologi O e O2, sincronizzati. Lungo
l'asse sono state precedentemente piantate delle bandierine associando ad
ognuna di esse la ascissa i (0<=i<=L). Cio' e' stato possibile grazie
all'uso di un regolo rigido.
O2, trovandosi nello stesso punto di O viene sincronizzato ad esso, poi
viene spostato (a bassa velocita', tale velocita' e' misuralibe da O2 che
"vede" passare le bandirine ad intervalli di tempo regolari; ad ogni modo,
O2 "mentre" viaggia e' in grado di misurare la velocita' in oggetto e puo'
anche decidere, una volta arrivato e fermatosi nel punto dove si trova
l'ultima bandierina, L, di correggere l'istante segnato dal suo orologio
tramite il corretto uso del fattore gamma che si puo' calcorare utilizzando
il valore della velocita' che aveva misurato durante il viaggio).
Fatto cio' da O parta un segnale luminoso all'istante TE (registrato in O),
tale segnale verra' ricevuto, dopo riflessione nel punto L (dove nel
frattempo si era portato O2), all'istante TA. Limitandoci a misure fatte da
O sara' pur vero, per i motivi ripostati sopra, che e' "convenzionale" la
scelta dell'istante in cui avviene la riflessione (cioe' e' convenzionale la
scelta del parametro EPS), ma non mi pare affatto convenzionale l'esito
della misura che fara' O2, cioe' O2 (una volta sincronizzato con il metodo
del trasporto lento), misurera' un istante che sara' in accordo solo con un
ben preciso valore di EPS (e la eventuale verifica sperimentale a me pare
che debba dare il valore EPS=1/2, altrimenti, mi pare, "cadrebbe" la
relativita' e si imporrebbe la ricerca di una nuova teoria che sia in grado
di accordarsi, oltre che con un valore misurato di EPS diverso da 1/2, anche
con tutte le verifiche sperimentali della relativita' gia' note).
Il fatto che le due diverse definizioni di simultaneita' saranno in accordo
solo con un preciso valore di EPS mi pare che chiuda il discorso sulla
convenzionalita' della simultaneita'.
Chiuso tale discorso, mi pare si rendano possibili (cioe' passibili di
verifica sperimentale, non affette da critiche tipo "circolo vizioso") le
misure one-way della velocita' della luce.
Mi scuso per la lunghezza ma la citazione del testo di Boniolo mi sembrava
poco sintetizzabile.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Sat Aug 09 2003 - 18:00:56 CEST