[it.scienza.fisica 02 Mar 2021] Bruno Cocciaro ha scritto:
> .....
> Il punto è questo: diamo la definizione operativa di lunghezza (si fa
> con il metro), diamo la definizione operativa di intervallo di tempo (si
> fa con il cronometro), diamo la definizione della grandezza derivata a
> cui diamo il nome di velocità come rapporto fra le due misure di
> lunghezza e intervallo di tempo.
> A questo punto diciamo che ci bastano metro e cronometro per misurare la
> velocita' di un corpo.
> Fino alla fine dell'800 nessuno si e' posto la domanda cruciale:
> "Ma il cronometro per misurare l'intervallo di tempo dove lo metto? Nel
> punto di partenza, così sono sicuro di farlo scattare esattamente
> all'istante iniziale, o nel punto di arrivo, così sono sicuro di
> bloccarlo esattamente all'istante finale?"
> Che io sappia, il primo a porsi la domanda cruciale, nella forma "Che
> ora è adesso a Parigi?" (si trovava in America del Sud), e' stato Poincare'.
> .....
> E Poincare' prende coscienza che la risposta alla sua domanda non
> esiste. La risposta si puo' dare solo facendo delle assunzioni (tipo
> assumere che la velocita' della luce per andare da A a B e' uguale a
> quella per andare da B a A) che equivalgono a scegliere noi la risposta.
> Si arriva cioe' alla presa di coscienza di cui parli. La velocita' della
> luce e' una grandezza fisica la cui definizione operativa prevede anche
> che si _definisca_ *in un qualche modo* la sincronizzazione di orologi
> lontani.
> .....
La velocita' (mica solo quella della luce!) e' una grandezza fisica che deve
essere definita operativamente. Chiaramente non basta definire la velocita'
come grandezza derivata Dx/Dt se non e' stato definito l'intervallo temporale
Dt tra eventi spazialmente separati. Mi chiedo pero' che senso abbia asserire
convenzionalmente qualcosa riguardo alla "One way speed of light" senza avere
prima definito la grandezza fisica velocita'.
Ripensando allo schema logico proposto nel 1910 da W.S.Ignatowsky nell'articolo
"Einige allgemeine Bemerkungen uber das Relativitatsprinzip", la mia attenzione
si e' concentrata sul cosidetto "Principio di reciprocita'" (ossia trasformazioni
inverse ottenute cambiando di segno le variabili temporali t e t'), fisicamente
equivalente a stabilire che se S' si muove con velocita +v rispetto ad S, allora
reciprocamente S si muove con velocita' -v rispetto a S'.
Adottando il Principio di Reciprocita' (senza il quale verrebbe meno il concetto
di "velocita' relativa") si perviene per le coordinate degli eventi (x,y,z,t) ad
una formattazione delle formule di trasformazione S <-> S' contenente un unico
coefficiente indeterminato gamma >=1.
Nel caso non-galileiano (gamma>1) tali formule implicano che debba esistere una
velocita'limite c isotropa ed invariante, che (a posteriori) viene ovviamente
identificata con la velocita' delle onde elettromagnetiche nel vuoto.
Concludendo, il "Principio di Reciprocita'" e l'asserto sulla "One way speed of
light" mi sembrano essere assiomi sostanzialmente equivalenti.
Pero' il primo si presenta logicamente come un completamento della definizione
operativa della velocita', mentre il secondo attribuisce all'incolpevole luce una
proprieta' non controllabile sperimentalmente (enfatizzata dal convenzionalismo).
A prima vista direi che cambia solo la forma ma non la sostanza del discorso,
comunque IMHO le osservazioni di Ignatowsky rendono formalmente piu' appetibile
il metodo di sincronizzazione standard di Einstein.
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Elio Proietti
Valgioie (TO)
Received on Fri Mar 05 2021 - 10:08:11 CET