Il 11/03/2021 19:24, Franco ha scritto:
> On 03/11/21 4:19, Bruno Cocciaro wrote:
>
>> Ma qui si sta parlando d'altro. Non si sta parlando della
>> misurabilita' di V=d/Dtau ma della (non) misurabilita' di v=d/Dt.
>
> Credo di aver capito quanto stai dicendo, che in fondo e` la
> differenza fra Doppler classico e Dopple relativistico, che sono
> uguali al primo ordine, basta andare sufficientemente adagio.
In realta' no, non è una questione di primo o secondo ordine, ne' una
questione di andare adagio o meno.
Ipotizziamo che le misure siano tutte infinitamente precise. La sorgente
rimane ferma in x_0, tu parti di moto uniforme (cioe' qualcuno ti da' un
calcio istantaneo, poi non hai piu' alcuna interazione con niente)
esattamente quando la sorgente emette il suo primo impulso, poi
riceverai il secondo impulso quando ti trovi in x_1=x_0+Dx. Misuri con
il tuo orologio in moto un intervallo di tempo pari a Dtau da quando hai
ricevuto il primo impulso (cioe' quando sei partito) a quando ricevi il
secondo. In totale le misure sono:
Dtau, misurato dall'orologio in moto,
x_1-x_0=Dx, misurato con i regoli fermi nel riferimento in cui e' ferma
la sorgente,
Dt0, intervallo di tempo fra un impulso e il successivo, misurato
dall'orologio fermo con la sorgente.
Tralascio la dimostrazione, cioe' tralascio di mostrare come dai
postulati della relativita' segue che le tre misure suddette saranno
legate dalla relazione
(*) Sqrt[(c*Dtau)^2+Dx^2]=c*Dt0+Dx
dove c e' la velocita' di *andata e ritorno* della luce.
La (*) e' la relazione che descrive l'effetto Doppler per quanto,
usualmente, viene mostrata in termini delle misure f=1/Dtau e f0=1/Dt0.
Nella (*) c'è tutto quello che serve. Volendo si puo' facilmente
riscrivere in termini di f e f0: Sqrt[(c/f)^2+Dx^2]=c/f0+Dx. Quello è il
legame fra f e f0 in termini delle misure.
Dalla (*) segue facilmente Dtau>Dt0 (cioè, allontanandosi dalla
sorgente, il frequenzimetro misurera' sempre una frequenza minore di f0)
e si puo' facilmente determinare la relazione Doppler classica, cioe'
l'approssimazione al primo ordine della (*) nell'ipotesi Dtau>~Dt0.
Comunque quanto dico vale esattamente, quindi in ogni approssimazione
(anche nell'approssimazione ultrarelativistica Dtau>>Dt0).
Il motivo per il quale la (*) viene espressa in altra forma (una forma
che mescola tanta di quella roba da rendere veramente complicato
distinguere le misure dalle convenzioni) e', a mio avviso, legato
sostanzialmente alla pigrizia. Prima della discesa del tempo dall'olimpo
dell' a priori ritenevamo che alcune grandezze avessero un significato
fisico diretto (fossero cioe' misurabili). Con la presa di coscienza del
fatto che tale significato fisico non c'e', la cosa che si potrebbe
immaginare normale direi che sia l'abbandono di grandezze non
direttamente misurabili quando queste potrebbero essere sostituite
egregiamente da altre grandezze direttamente misurabili. Nel nostro
esempio, sarebbe del tutto naturale dire che il frequenzimetro si sta
allontanando dalla sorgente alla velocita'
V=Dx/Dtau
cioe' definiamo la velocita' come rapporto fra lo spazio percorso e
l'intervallo di tempo misurato mentre quello spazio veniva percorso. E
siccome la discesa del tempo dall'olimpo dell' a priori ci ha insegnato
che non ha senso parlare di intervallo di tempo se non si spiega quale
orologio misura tale intervallo di tempo, la cosa naturale e' dire che
l'orologio che misura l'intervallo Dtau e' quello che si muove con il
frequenzimetro. Se volessimo sapere che frequenza verra' misurata se il
frequenzimetro si sta allontanando alla velocita' V dalla sorgente, la
(*) ci direbbe:
Sqrt[c^2+V^2]=c*(f/f0)+V
cioe'
(**) f/f0 = Sqrt[1+(V/c)^2] - (V/c).
Purtroppo, per "pigrizia", Dtau e V non ci piaciono. Preferiamo ancora
chiamare velocità il rapporto v=Dx/Dt dove Dt non è un intervallo di
tempo misurato da un qualche orologio ma e' un mischiume di misure che,
in sincronizzazione standard, e' dato da Dt=Sqrt[Dtau^2+(Dx/c)^2].
Per esprimere la (*), cioe' la (**), in termini della strana grandezza,
v, che vogliamo ostinarci a chiamare velocita', dobbiamo semplicemente
esprimere la V in termini della v. Semplici calcoli ci danno
V = v / Sqrt[1-(v/c)^2]
che, sostituita nella (**) da'
(***) f/f0 = Sqrt[(1-(v/c))/(1+(v/c))].
Invertendo la (***) otteniamo
v=c*(f0^2-f^2)/(f0^2+f^2)
dove c, ricordiamolo, e' la velocita' di *andata e ritorno* della luce,
cioe' e' una grandezza misurabile, cosi' come sono misurabili sia f che
f0. Quindi possiamo dire che, tramite l'ultima relazione, possiamo
ottenere v dalle misure di f, f0 e c.
E v e' la velocita' one-way del frequenzimetro.
E allora in cosa consisterebbe la storia che la velocita' one-way non e'
misurabile?
Beh la risposta direi che sia nel "mischiume" di cui parlavo sopra.
Abbiamo "misurato", tramite le misure di f, f0 e c, una grandezza che
abbiamo definito come
v = Dx/Dt = Dx/Sqrt[Dtau^2+(Dx/c)^2]
ma lo sapevamo gia' che quella grandezza e' misurabile perche' sono
misurabili Dtau, Dx e c.
Il problema e' la "pigrizia". È il non voler accettare che il mischiume
che abbiamo messo a denominatore, Dt=Sqrt[Dtau^2+(Dx/c)^2], *non e'* una
misura di intervallo di tempo effettuata da un qualche orologio.
La cosa sarebbe di scarsissimo interesse se, nei millenni in cui il
tempo se ne stava nell'olimpo dell'a priori, non gli avessimo sempre
dato un significato che abbiamo capito che non ha solo da poco più di un
secolo. Al Dt definito sopra siamo portati a non dare il semplice
significato di grandezza fisica definita in termini di altre (Dtau, Dx e
c) in maniera un po' strana. Posta l'abitudine di millenni, ci viene
naturale trattare quel Dt come un "vero" intervallo di tempo (ci viene
naturale anche se abbiamo imparato che le parole "vero intervallo di
tempo" non hanno significato per eventi distanti), cioe' ci viene da
dare ad esso una accezione causale.
Nello specifico del nostro esempio, ci viene da dire che il
frequenzimetro impiega un tempo Dt per spostarsi da x_0 a x_0+Dx. Ci
viene anche da dire che nessun evento che avviene in x_0 simultaneamente
alla partenza del frequenzimetro potra' dare in x_0+Dx un effetto che
avviene con un anticipo maggiore di Dt rispetto all'arrivo in x_0+Dx del
frequenzimetro. Ci viene da dire: "All'istante 0 il frequenzimetro e il
segnale S partono da x_0. Il frequenzimetro arriva in x_0+Dx all'istante
Dt. Il segnale S non può arrivare in x_0+Dx con un anticipo maggiore di
Dt rispetto al fequenzimetro perché significherebbe arrivare in un
istante minore di 0, cioe' arriverebbe prima di partire. E questo
violerebbe la causalita'".
Ecco, un errore gravissimo come questo avviene in letteratura
spessissimo. È stato commesso, e continua ad essere commesso, da
eminentissimi fisici, Einstein in primis. E il fatto che lo abbia
commesso Einstein e' per me la cosa piu' stupefacente di tutte perche'
proprio lui (insieme a Poincare') ci ha spiegato che il tempo doveva
scendere dall'olimpo dell' a priori (per quel poco che conosco la storia
delle origini della RR, direi che Einstein ce lo abbia spiegato meglio
di Poincaré, anche se mi pare si debba dire che Poincaré sia stato il
primo a compiere i passi decisivi). È un errore che continua ad entrare
in maniera pesantissima in temi centrali del dibattito scientifico, ad
esempio in alcuni argomenti riguardanti i fondamenti della MQ, in
particolare nelle interpretazioni degli esperimenti EPR e nelle
definizioni che vengono date della parola "località".
Discorsi analoghi si possono fare per la grandezza che chiamiamo
velocita' one-way, v. È vero che v possiamo dire che si misura nella
maniera detta sopra, ma il punto e' che alla parola velocita' siamo
abituati a dare un significato, anche qua, legato al concetto di
causalita'. Siamo abituati a interpretare la direzione (e verso) di
vec{v} come direzione di propagazione del corpo (o, in generale, del
segnale) che ha quella velocita' one-way. Diverso e' il discorso per
quanto riguarda la V=Dx/Dtau (o la p=m*V) che da' la direzione di
propagazione del segnale. Infatti V, e p, vengono considerati misurabili.
Le parole "la velocita' one-way non e' misurabile" vanno intese nel
senso che v si puo' certo definire in termini di un certo insieme di
misure (il "mischiume" di cui parlavo sopra), ma quella v non avrà il
significato fisico di "direzione di propagazione" che siamo abituati ad
assegnarle. Cioe' un segnale potrebbe avere velocità one-way v=10m/s,
essere in x=0 all'istante t=0, in x=10m all'istante t=1s ecc, ma la sua
propagazione potrebbe avvenire nel verso *negativo* delle x, cioè
potrebbe essere generato in x=50m all'istante t=5s per poi essere
rivelato in x=-30m all'istante t=-3s. Questa cosa *non dovrebbe*
stupirci. Se la cosa ci sembra strana, allora, per evitare le stranezze,
e' sufficiente smettere di fare uso di grandezze convenzionali e usare
solo grandezze di chiaro significato fisico. Basta smettere di usare Dt
e v, e fare uso solo di Dtau e V.
È questo l'insegnamento profondo che sta sotto le parole "la velocita'
one-way non e' misurabile".
Bruno Cocciaro.
--
Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus da AVG.
http://www.avg.com
Received on Sat Mar 13 2021 - 20:10:04 CET