Re: Many Worlds or Many Words?

From: Paolo Russo <paolrus_at_libero.it>
Date: Sun, 22 Jun 2003 21:22:29 GMT

Ho scritto molto perche', come sara` subito chiaro, ho
preferito ripartire un po' da zero, quindi e` tutta roba
semplice (insomma, una lettura scorrevole, mi auguro).

[Paolo Brini:]
>Il subject ammicca al titolo del celeberrimo articolo di Max Tegmark;

Celeberrimo, addirittura? Non speravo tanto. :-)

>il contenuto vuole essere una critica all'interpretazione many worlds
>della meccanica quantistica.

Si', l'intenzione sembra quella.
Parlo di intenzione perche' non mi e` ben chiaro quale teoria
tu stia criticando. Se non avessi avuto le idee gia`
piuttosto chiare in materia e avessi dovuto capire cos'e` la
MWI da quello che hai scritto, non ci avrei capito un tubo.
Di fatto, non posso dire d'aver capito bene buona parte di
cio` che hai scritto, anche se mi sembra di poterne trarre la
vaga sensazione che i principali sostenitori della MWI
sostanzialmente l'abbiano massacrata e data per spacciata...
una visione un po' curiosa, quanto meno, che non mi sento in
grado di commentare: sulla parte storico-filosofica della
fisica in generale e della MWI in particolare sono molto
ignorante. Cio` nondimeno ho, o almeno ritengo di avere, le
idee abbastanza chiare sulla sostanza; abbastanza, almeno,
per riconoscere distorsioni ed equivoci in libri e siti web
che parlano della MWI. Pertanto, permettimi di esporre e
difendere la MWI cosi' come *io* la intendo. Come ben sai da
altro thread, la storia dettagliata di chi ha detto cosa mi
interessa poco: del resto, se anche mi interessasse, non
potrei ne' vorrei difendere punti di vista altrui, diversi
dai miei. D'altra parte, le tue critiche riguardano (o
dovrebbero riguardare) anche le mie idee in materia, per
quanto trovi difficile riconoscerle in cio` che hai scritto,
quindi una risposta ci vuole.

>Il postulato di Everett e' la base da cui si e' sviluppata la MWI:
>
>(1) Tutti i sistemi isolati si evolvono in accordo all'equazione di
>Schrodinger

Si', piu' o meno. Direi piuttosto:
1) L'unico oggetto reale e`�la funzione d'onda universale
(che per questa ragione nella MWI andrebbe doverosamente
chiamata solo "onda", eliminando la sfortunata allusione a
una natura matematica astratta; tuttavia continuero` a
chiamarla fdo per ragioni storiche).
2) Questa funzione d'onda si evolve seguendo un'equazione
ondulatoria (ad esempio quella di Schroedinger, ma se si
volesse usarne un'altra non farebbe differenza. La MWI non
dipende strettamente dalla forma dell'equazione).
3) Eventualmente: postulato del grado di esistenza (o di
probabilita`). Su questo torno dopo.

>da cui derivano i corollari: l'Universo, essendo un sistema isolato
>per definizione, si evolve secondo l'equazione di Schrodinger;

Come vedi per me e` un postulato e sono i sistemi isolati ad
essere un corollario, ma non fa molta differenza. Quel poco
di differenza che fa e` che la funzione d'onda dell'universo
esiste, quella dei sottosistemi isolati e` un'astrazione,
un'approssimazione funzionante tanto meglio quanto piu' i
sistemi sono isolati.

> non
>esiste il collasso della funzione d'onda in quanto cio' violerebbe il
>postulato (1).

Perfetto.
In tutto il resto che hai scritto riesco a individuare
soltanto due critiche: quella sulla probabilita` e quella
sulla base privilegiata. Se ce ne sono altre, fammele notare
perche' non le ho viste (a parte, verso la fine, un rapido
accenno a questioni filosofiche che hai detto tu stesso di
non voler porre, ma se cambi idea posso rispondere anche a
quelle). In particolare, non sono riuscito a capire che
differenza ci fosse tra i tuoi punti 1 e 3. Il problema della
base privilegiata puo` essere inteso in due modi, ma non mi
sembrava fossero quelli.


INTRODUZIONE: IL GATTO DI SCHROEDINGER

Prendiamo ad esempio il solito gatto di Schroedinger (sarebbe
piu' semplice una particella, ma per varie ragioni preferisco
iniziare da un sistema macroscopico, che e`�poi quello su cui
si basa il nocciolo della critica), che chiamero` g, che si
trova in una sovrapposizione di stati vivo e morto (perche'
per la MWI non c'e` collasso nel passaggio al livello
macroscopico ne' in alcuna altra situazione):

|g> = |gv> + |gm>

Naturalmente esistono infiniti stati relativi a gatti vivi e
morti, al variare dello stato iniziale, ma qui ne considero
solo due, quelli coerenti con lo stato iniziale del gatto e
che quindi un osservatore potrebbe effettivamente osservare.
Per alleggerire la notazione ometto i coefficienti, sia qui
che nel resto del discorso. Introduciamo (e` fondamentale)
l'osservatore, inteso in senso generico: puo` essere una
persona, uno strumento, una persona con uno strumento, piu'
persone, eccetera. Diciamo per semplicita` che e` una persona
e chiamiamolo "o". La proprieta` fondamentale
dell'osservatore e` che si presume che sia in grado di
distinguere un gatto vivo da uno morto, riflettendo nel
proprio stato interno questa differenza osservata. In altre
parole, per definizione:

|ox>|gv> => |ov>|gv>
|ox>|gm> => |om>|gm>

dove con "=>" rappresento l'evoluzione temporale del sistema
(di qualche secondo), basata sull'equazione di Schroedinger,
con |ox> intendo uno stato iniziale qualunque (purche' non
addormentato o distratto :-)), con |ov> non "osservatore
vivo" ma "osservatore che e` convinto che il gatto sia vivo"
e similmente per m. Nota tecnica: in generale, la definizione
di cui sopra e`�inesatta, perche' i termini di sinistra (ad
esempio |ov>|gv>), essendo il risultato di un'interazione che
solitamente produce entanglement, dovrebbero essere in
effetti non semplici prodotti tensoriali, ma sovrapposizioni
di innumerevoli prodotti i cui termini componenti sono molto
simili (macroscopicamente equivalenti). Il semplice prodotto
e` un caso limite che si verifica quando l'osservazione non
altera lo stato del gatto (ad esempio perche' l'osservatore
si limita a raccogliere l'immagine del gatto: luce che
verrebbe diffusa comunque e la cui captazione non altera lo
stato del gatto). Faccio questa semplificazione perche' non
cambia la validita` del discorso, ma il non farla
complicherebbe parecchio la notazione. Ci sono anche altre
semplificazioni, come il fatto che in realta` ogni stato |ox>
porterebbe probabilmente ad uno stato |ov> (od |om>)
leggermente diverso anche se funzionalmente equivalente.
Ora, dato che l'evoluzione temporale e` lineare e che |g> =
|gv> + |gm>, abbiamo subito che:

|ox>|g> = |ox>(|gv>+|gm>) => |ov>|gv> + |om>|gm>

E se gli osservatori sono due? Introduciamo o2. Non cambia
nulla; essendo ovviamente:

|o1x>|o2y>|gv> => |o1v>|o2v>|gv>
|o1x>|o2y>|gm> => |o1m>|o2m>|gm>

otteniamo, per linearita`:

|o1x>|o2x>|g> => |o1v>|o2v>|gv> + |o1m>|o2m>|gm>

Quindi esiste un entanglement tra gli stati degli osservatori
e del gatto. E` importante notare che o2 puo` osservare il
gatto un'ora dopo o1, o semplicemente parlare con o1; basta
una qualunque interazione tra o2 e o1 o g perche' o2 entri a
far parte dell'entanglement. Non solo: a causa della
correlazione tra o1 e g, o2 puo` ad esempio prima parlare con
o1, poi guardare di persona il gatto e trovera` sempre una
corrispondenza. Dall'"interno" di uno stato non c'e`
praticamente modo di accorgersi che ne esiste anche un altro.
Per questa ragione, i due stati cosi' ottenuti vengono
chiamati "mondi multipli" o "universi paralleli" nella MWI.
Attenzione, pero`: e` necessario prima verificare che i due
stati siano praticamente non interagenti, cioe` che non si
possa rilevare una loro interferenza, per poterli chiamare
"mondi" a tutti gli effetti. Comunque, nell'esempio appena
visto ho volutamente ignorato la decoerenza, che e` vitale
quando si parla di un sistema macroscopico. Cos'e` la
decoerenza? Semplicemente, il gatto, essendo un sistema
macroscopico, interagisce fortemente con l'ambiente esterno
in molti modi. Gia` la sola differenza di distribuzione della
massa che c'e` tra un gatto vivo e uno morto produce
differenze niente affatto trascurabili; non parliamo poi del
campo elettrico. Tutto questo non sposta di molto il
discorso: semplicemente, quando l'osservatore apre la scatola
e guarda il gatto, i due "mondi" si sono gia` separati da un
pezzo: "o" si trova gia` in una sovrapposizione di stati
quasi identici (x e x') e correlati con G quando osserva il
gatto:

|ox>|g> => |ox'>|gv> + |ox">|gm> => |ov>|gv> + |om>|gm>

e questo anche se la differenza tra x, x' e x" e` molto
piccola (basta un leggero spostamento di una sola
particella). In pratica la decoerenza anticipa la separazione
dei mondi, ma non cambia il risultato finale (anche se in
verita` una differenza la fa, e la vedremo tra poco). La
decoerenza e`�una cosa di cui bisogna tenere conto quando il
sistema osservato e` macroscopico; se e` microscopico di
solito non e` molto difficile tenere la decoerenza sotto
controllo, in un esperimento ben fatto; se cosi' non fosse,
sarebbe impossibile osservare fenomeni di interferenza.


IL PROBLEMA DELLA BASE PRIVILEGIATA

Chiarito di cosa si sta parlando, veniamo alla critica, che
dice che nel ragionamento di cui sopra si fa un riferimento
ingiustificato a una base preferenziale, quella costituita da
v ed m. La critica in sostanza e`: come possiamo affermare
che l'universo si divide in due mondi, in uno dei quali il
gatto e` vivo, mentre nell'altro e` morto? Perche' allora non
dovrebbe dividersi in due mondi definiti da una base diversa?
Cioe`, se e` lecito dire che lo stato |g> del gatto di
Schroedinger rappresenta una sovrapposizione di due mondi
distinti v ed m, perche' non possiamo dire che anche un
comunissimo gatto del tutto vivo si trova in una
sovrapposizione di stati a cui corrispondono due (o piu')
mondi? Ad esempio:

|gv> = |ga> + |gb>
con
|ga> = |gv> + |gm> (ad esempio)
|gb> = |gv> - |gm>

concludendone che un gatto vivo esiste in due mondi a e b ed
in entrambi e` un po' morto? Insomma questa critica asserisce
che la MWI non e` in grado di dire quando, come e perche'
dovrebbe avvenire una divisione in piu' mondi (e che quindi
non ha alcun potere predittivo). Questa critica e`�totalmente
infondata; vediamo perche'.

Cominciamo con il misurare lo spin di una particella p.
Supponiamo che abbia spin x+:

|ox>|px+> => |oz+>|pz+> + |oz->|pz->

con opportuni coefficienti, naturalmente. Se pero`
l'osservatore ruota lo strumento prima della misura, ottiene:

|ox>|px+> => |oy+>|py+> + |oy->|py->

Quindi nel primo caso per la MWI abbiamo una divisione in due
mondi che possiamo chiamare z+ e z-, nel secondo in due
mondi, diversi da quelli del primo caso, che possiamo
chiamare y+ e y-. C'e` quindi una base preferenziale per la
scomposizione? No. E` l'osservatore a decidere quali mondi si
formeranno nel momento in cui decide quale osservabile
intende misurare.
Passiamo adesso a misurare non lo spin, ma la posizione di
una particella che colpisce uno schermo. Diciamo, per
semplificare, che puo` colpirlo in due zone 1 e 2 a cui
facciamo corrispondere due stati |p1> e |p2> subito prima
dell'impatto:

|p> = |p1> + |p2>

Esiste una base preferenziale? Be', insomma... non proprio,
ma quasi. Se poniamo un rivelatore in 1 o 2 e se la
particella e` nello stato |p> definito sopra, otterremo
l'usuale scomposizione nei due mondi 1 e 2. Se invece la
particella e` gia` nello stato, ad esempio, |p1>, non ci
sara` nessuna scomposizione. E se cambiassimo osservabile e
quindi base? Usiamo la base {a,b}:

|pa> = |p1> + |p2>
|pb> = |p1> - |p2>

Se misuriamo l'osservabile |pa><pa| di una particella nello
stato |p> (=|pa>), non ci sara` nessuna scomposizione, mentre
se misuriamo la stessa osservabile di una particella nello
stato |p1>, otterremo una scomposizione:

|ox>|p1> => |oa>|pa> + |ob>|pb>

Quindi anche qui la base dipende dall'osservabile che si
decide di misurare, ma c'e` gia` una prima differenza:
misurare |p1><p1| e` molto facile, basta un rivelatore,
mentre per misurare |pa><pa| bisogna realizzare un
esperimento di interferenza, che e` gia`�piu' difficile:
bisogna far convergere le due traiettorie nello stesso punto,
ad esempio con degli specchi, e mettere un sensore li'.

Passiamo adesso al gatto. Esiste una base preferenziale? Si'.
Perche'? Non dipende anche qui dall'osservabile che si decide
di misurare? In teoria si', in pratica no, per due ragioni.
In teoria, ad un qualunque stato |x> si puo` associare
un'osservabile che misura la "x-osita`" di un qualunque altro
stato: |x><x|. Quindi, in teoria, se puo` esistere lo stato
|ga> = |gv> + |gm>, esiste un'osservabile |ga><ga|. Il
problema e` che per misurare quest'osservabile bisogna
realizzare un esperimento di interferenza tra gatti vivi e
morti... teoricamente, bisognerebbe piazzare qualche miliardo
di miliardi di piccolissimi specchi in grado di far
riconvergere in uno stesso punto ogni singola particella del
gatto che si trovi in posizioni diverse nei due stati, e guai
a tralasciarne una... ehm... forse non e` molto fattibile.
Quindi, l'osservabile |ga><ga| e` di fatto inosservabile
(anche per ragioni termodinamiche, su cui sorvolo). Un altro
modo di esprimere lo stesso concetto e` che e` lecito pensare
che uno stato rappresenti una sovrapposizione di due "mondi"
separati solo se tale scomposizione mantiene inalterate le
osservabili ragionevolmente osservabili (scusate il gioco di
parole); cioe`, se questa e` la scomposizione:

|a> = c1|a1> + c2|a2>

e |x> e` un autostato di una qualunque osservabile X che sia
praticamente osservabile, deve valere:

|<x|a>|^2 = |c1|^2*|<x|a1>|^2 + |c2|^2*|<x|a2>|^2

Notiamo quindi che un gatto vivo non e` scomponibile in stati
astratti; l'esempio era (questa volta metto i coefficienti,
con k=sqrt(2)/2):

|gv> = k|ga> + k|gb>
con
|ga> = k|gv> + k|gm> (ad esempio)
|gb> = k|gv> - k|gm>

Prendiamo l'osservabile "vita del gatto", ossia, per
semplicita` (in realta` un gatto e` vivo in innumerevoli
stati distinti), |gv><gv|; sempre per semplicita`, assumiamo
una definizione "esatta" di v ed m, ossia che <gv|gm> = 0 (se
un gatto e` vivo c'e` probabilita` zero di trovarlo morto e
viceversa). Ovviamente, un gatto vivo e`... vivo, e basta:

<gv|gv> = <gv|(k|ga>+k|gb>) = 1

Tuttavia, la scomposizione non funziona:

<gv|gv> = |k|^2*|<gv|ga>|^2 + |k|^2*|<gv|gb>|^2
<gv|gv> = |<gv|ga>|^2/2 + |<gv|gb>|^2/2
<gv|gv> = |<gv|(k|gv>+k|gm>)|^2/2 + |<gv|(k|gv>-k|gm>)|^2/2
<gv|gv> = |<gv|(|gv>+|gm>)|^2/4 + |<gv|(|gv>-|gm>)|^2/4
<gv|gv> = |(1+0)|^2/4 + |(1-0)|^2/4
<gv|gv> = 1/4 + 1/4 = 1/2
1 = 1/2

Pertanto, a e b non sono mondi. La ragione di questa
asimmetria non va cercata nella forma generale dell'equazione
di Schroedinger, ma nell'hamiltoniana, ossia nelle leggi
fisiche relative alle interazioni, che di fatto privilegiano
la base posizionale, essenzialmente perche' la posizione di
una particella e` la sua caratteristica che influenza
maggiormente le sue interazioni con il resto dell'universo,
pertanto tendono di solito a svilupparsi correlazioni di tipo
posizionale. E` quindi corretto, ma irrilevante, sostenere
che dalla sola forma generale dell'equazione ondulatoria non
si possa derivare una base preferenziale: perche' assumere
che l'hamiltoniana non debba avere voce in capitolo?
E se, nonostante tutto, esistesse un modo di misurare
l'osservabile A=|ga><ga|? Entrerebbe in scena la decoerenza,
tipica dei sistemi macroscopici. Se non ci fosse decoerenza,
l'osservazione farebbe questo:

|ga> = k|gv> + k|gm> |gb> = k|gv> - k|gm>
|g> = k|gv> + k|gm> = |ga>

|ox>|g> => |oa>(|ga><ga|g>) + |ob>(|gb><gb|g>) =
 = 1|oa>|ga> + 0|ob>|gb> = |oa>|ga>

Pertanto l'osservatore troverebbe sempre, con probabilita` 1,
il gatto nello stato |ga>.
Invece, basta che una sola particella p nell'ambiente esterno
sia stata in qualche modo influenzata dallo stato del gatto
e che si trovi con esso in uno stato di entanglement, che
tutto viene rovinato (assumo ortogonali i due stati pv e pm):

|g,p> = k|gv>|pv> + k|gm>|pm>
|ox>|g,p> => |oa>(|ga><ga|g,p>) + |ob>(|gb><gb|g,p>) =
 = |oa>(|ga><ga|(k|gv>|pv>+k|gm>|pm>)) +
 + |ob>(|gb><gb|(k|gv>|pv>+k|gm>|pm>)) =
 = |oa>(|ga><ga|(k(k|ga>+k|gb>)|pv>+k(k|ga>-k|gb>)|pm>)) +
 + |ob>(|gb><gb|(k(k|ga>+k|gb>)|pv>+k(k|ga>-k|gb>)|pm>)) =
 = (1/2)(|oa>|ga>|pv>+|oa>|ga>|pm>+|ob>|gb>|pv>-|ob>|gb>|pm>)

Se non ci fosse decoerenza, se fosse quindi |pv> = |pm>, i
termini con |ob> si cancellerebbero a vicenda, mentre quelli
con |oa> si sommerebbero rafforzandosi; invece, grazie alla
decoerenza, l'osservatore ha probabilita` 1/2 di osservare
|ga> e 1/2 di osservare |gb>, proprio come accadrebbe con un
gatto nello stato |gv> o |gm>. Si puo` quindi dire che la
decoerenza provoca una scomposizione in "mondi" in modo
prevalentemente posizionale, sempre a causa
dell'hamiltoniana, indipendentemente da cosa poi si cerca di
misurare a decoerenza ormai avvenuta.

Sembra infine che esista una seconda variante, a mio avviso
ancora piu' banale, della critica sulla base privilegiata,
che dice che il significato fisico di uno stato del tipo:

|ov>|gv> + |om>|gm>

non e` chiaro e che potrebbe benissimo essere interpretato
come un gatto sia vivo che morto e un osservatore che vede un
gatto sia vivo che morto e che quindi la MWI non spiega
perche' mai non si osservino gatti mezzi vivi e mezzi morti.
A me sembra strano che il significato fisico di quella
sovrapposizione non sia immediatamente evidente a chiunque,
basta considerare come si evolve, ma non importa: se davvero
qualcuno pensa che in quello stato l'osservatore stia
percependo un gatto sia vivo che morto, bene, chiediamolo a
lui: dovra` scrivere su un foglio di carta f la lettera "v"
se vede un gatto vivo, la lettera "m" se vede un gatto morto
e "?" in qualunque altro caso. Ovviamente succedera` questo:

|ov>|gv>|f> + |om>|gm>|f> => |ov>|gv>|fv> + |om>|gm>|fm>

Ora, sfido chiunque a sostenere che la sovrapposizione
quantistica di una lettera v e una lettera m dia un punto
interrogativo.


IL PROBLEMA DELLA PROBABILITA`

Passiamo ora alla critica sulla probabilita`.

>[...]
>se ogni possibile esperienza si verifica in parallelo allora che senso
>ha dire che le probabilita' per ogni evento non siano 1? [...]

Almeno questo e` piuttosto ovvio. Supponiamo che un alieno
potentissimo (con tecnologia almeno trekkiana :-)) ti chiuda
in una stanza con una moneta. Ogni volta che tiri la moneta,
l'alieno a tua insaputa crea un duplicato esatto della
stanza, compreso te e la tua memoria, e fa in modo che in una
stanza venga testa e nell'altra venga croce. Dopo dieci lanci
ci saranno 1024 te stessi. Uno di questi avra` visto 10
teste, uno 10 croci, ma la maggioranza avra` visto
proporzioni piu' ragionevoli. Dopo cento lanci la stragrande
maggioranza sara` dell'opinione che la moneta dia una
casualita` fifty-fifty del tutto normale. Soprattutto,
*nessuno* di loro avra` visto simultaneamente cento teste *e*
cento croci; anzi, non avra` visto una cosa del genere
neanche in un solo lancio, quindi nessuno di loro riterra`
che testa e croce abbiano entrambe probabilita` 1.

Il problema vero e` quello che scrivi dopo: che succede se la
moneta e` asimmetrica? Se per esempio testa ha probabilita`
2/3 e croce 1/3? Se ogni volta l'alieno da una stanza ne fa
due, non puo` sperare di riprodurre le corrette probabilita`.
Per farlo, dovrebbe ogni volta moltiplicare le stanze per
tre: due dove viene testa e una dove viene croce. Di per se',
questa soluzione non mi appare di una difficolta`
sconvolgente.
Passiamo quindi alla MQ: se abbiamo un'osservabile con due
possibili valori (ad esempio, uno spin) con probabilita` 2/3
e 1/3, e se all'atto dell'osservazione si creano due
differenti universi, in ognuno dei quali c'e` un osservatore
che vede un esito diverso, come si spiega che le probabilita`
percepite non siano 1/2 e 1/2?
Questo e` effettivamente un problema aperto, ma non perche'
non ammetta soluzione, ma perche' non e` ben chiaro quale sia
quella giusta.

La piu' semplice e` aggiungere un postulato, quello che ho
messo come numero tre, che dice essenzialmente che ogni stato
ha un grado (o quantita`) di esistenza proporzionale al
quadrato del modulo della fdo, laddove per quantita` di
esistenza intendo sostanzialmente l'estensione al continuo
del concetto delle tre stanze ("la" stanza dove viene testa
esiste "piu'" di quella dove viene croce). Possibili
critiche:

1) Complessita` aggiuntiva. E allora? Questo postulato esiste
pari pari nell'interpretazione di Copenaghen, con la
differenza che li' si parla di probabilita` anziche' di grado
di esistenza. La MWI continua a vincere sul fronte della
semplicita` con parecchi altri postulati in meno. L'unica
interpretazione che conosco che riesca a farne a meno e`
quella di Bohm... che in realta` ha bisogno di altri
postulati, come quello di equilibrio iniziale, per
raggiungere lo stesso risultato. In effetti, a ben vedere,
non conosco nessuna interpretazione che non abbia bisogno di
qualche postulato ad hoc per far quadrare i conti delle
probabilita`.

2) Gratuita`: perche' proprio il quadrato della fdo? Perche'
non la quarta potenza, o il valore reale? Critica metafisica
che francamente non comprendo: perche' allora non
meravigliarsi che l'eq. di Schroedinger abbia quella forma e
non un'altra? Vedere anche oltre.

3) Incoerenza: se (poniamo) si creano due universi, non e` un
fare violenza a questo fatto l'attribuire loro arbitrari
gradi di esistenza? Non e` un lercio trucco per far quadrare
i conti ignorando i fatti? Ebbene, la risposta e` che questo
e` un altro deleterio effetto dell'infausto nome della
Many-Worlds Interpretation, di cui svariati many-worlder
giustamente si lamentano. Si pensa ai "mondi" e si dimentica
cio` che realmente la MWI dice, e cioe` non che esistono dei
"mondi paralleli" (sono solo parole), ma che esiste una
funzione d'onda universale che non collassa mai. Gli stati
possibili in un certo senso esistono gia` tutti nello spazio
di Hilbert, che la funzione d'onda ci passi sopra o no, ma
sono una realta` statica, senza tempo. Per la MWI la storia
del nostro universo e` la storia di cosa combina la funzione
d'onda. E` l'unica variabile, quindi l'unico attore, l'unico
vero oggetto esistente. Il fluire della fdo corrisponde al
fluire dei nostri eventi. Mi pare giusto quindi lasciar
perdere gli stati e guardare proprio la fdo. Di cosa e`
"fatta" la fdo? E` una domanda senza risposta, ovviamente, ma
possiamo farne una piu' sensata: a prescindere dalla sua
natura noumenica, e` possibile misurare la quantita` di
questa "roba"? E` possibile insomma associare a una parte
della fdo una misura di "estensione" (qualcosa tipo massa,
volume)? Se imponiamo che sia qualcosa che si conservi (da
sempre, in fisica, sono gli invarianti che contano), la
risposta non e` che una: l'integrale del quadrato del modulo,
cio` che nella MQ fornisce la probabilita`. E` l'unica misura
coerente. Ora, se davvero la fdo e` l'unica cosa che esiste,
ed e` "fatta" di una "roba" che si conserva, ed e` il fluire
di questa "roba" a dare vita al flusso degli eventi che
vediamo, e` davvero cosi' assurdo e arbitrario che la
quantita` di questa "roba" effettivamente conti, che ogni
infinitesimo di questa "roba" equivalga a una delle stanze
dell'esempio? Il concetto puo` non piacere, ma da qui a
escluderlo ce ne corre.

Poi c'e` la vaga possibilita` che si riesca a derivare il
principio di probabilita` senza porlo come postulato. La
derivazione originale di Everett funziona solo assumendo per
buona la norma quadratica per "pesare" i mondi in quanto e`
l'unica conservativa, oppure calcolando il limite
all'infinito, nel qual caso la norma quadratica si
autoimpone. Mi spiego meglio: se consideriamo N misure su N
sistemi nello stesso stato, dove ci aspettiamo di misurare un
certo valore di un'osservabile con frequenza f, allora per
N->oo la norma complessiva dei mondi dove si osserva una
frequenza diversa da f (cioe` con differenza da f superiore a
un certo epsilon) tende a zero. In questo caso la critica
sull'arbitrarieta` della norma perde qualunque valore: norma
zero significa che non c'e`�onda in quegli stati: quegli
stati non esistono e basta. In sostanza, il passaggio al
limite ci obbliga a prendere atto dell'importanza della
quantita` di onda: se anche possiamo porre in dubbio che ci
sia differenza tra un mondo in cui passa una certa quantita`
di onda e uno in cui ne passa la meta`, quando questa
quantita` va a zero diventa impossibile assumere che non
faccia differenza.

Il limite di questa dimostrazione e` che... vale solo al
limite. Nella realta`, nessuna misura viene ripetuta infinite
volte; il passaggio al limite puo` introdurre proprieta`
che non esistono in qualunque singolo elemento della
successione. C'e` ad esempio il paradosso del cappello. A
mezzogiorno meno un minuto metto in un cappello delle palline
numerate da 1 a 10 e tolgo la 1. A mezzogiorno meno mezzo
minuto metto quelle da 11 a 20 e tolgo la 2. In generale, a
ogni mezzogiorno meno 1/n minuti metto nel cappello le
palline da 10n-9 a 10n e tolgo la n, quindi il numero di
palline aumenta di 9. Quante palline ci saranno nel cappello
a mezzogiorno? Infinite? No: zero. Per ogni n, la pallina
corrispondente e` stata messa a mezzogiorno meno
1/int((n+9)/10) minuti e tolta a mezzogiorno meno 1/n minuti,
quindi a mezzogiorno non ce n'e` piu' nemmeno una.

Non escludo a priori la possibilita` che in qualche modo si
riesca a derivare il principio di probabilita` senza porlo
come postulato, anzi, mi piacerebbe molto che ci si
arrivasse. Sono queste le ricerche infruttuose di cui
parlavi. Una strada per fare cio` sarebbe di trovare un
criterio obiettivo di discretizzazione degli universi e
vedere a cosa porta il tutto. A me sembra una procedura un
po' arbitraria (la fdo e` continua), come del resto hai
rilevato, ma se dovesse portare a risultati concreti, potrei
anche cambiare idea. Sto leggendo in questi giorni una
derivazione di Graham, che ho difficolta` a comprendere (tira
in ballo principi di meccanica statistica che non conosco) e
che, da quanto finora mi sembra d'aver capito, non mi
convince neanche un po'.

In generale, mi pare piuttosto evidente che qualunque norma
diversa da quella del quadrato porterebbe a dei seri problemi
e, in generale, a uno scardinamento delle leggi fisiche. In
particolare, sarebbe possibile modificare la probabilita` di
un evento dopo che e` accaduto... si potrebbe usare questo
fatto per inviare informazioni a velocita` >c, eccetera.
Pertanto, la possibilita` che siano in qualche modo le leggi
fisiche a definire e imporre una norma non e`, forse, del
tutto campata in aria. Vedremo...

Ciao
Paolo Russo
Received on Sun Jun 22 2003 - 23:22:29 CEST

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