Ciao, grazie della risposta.
Non capisco bene quale sia il problema allora.
Un serio problema ci sarebbe se l'effetto dipendesse
dalla scelta di gauge. Questo perche' noi NON possiamo
controllare tale scelta sperimentalmente.
Invece la teoria e' invariante di gauge. Allora non e' vero
che e' il campo A che interviene, o meglio, cio' che conta
e', come dicevo, la classe delle configurazioni di A che differiscono
per una trasformazione di gauge, cioe' la configurazione del campo B.
Non mi riferisco a B inteso localmente ma come
"configurazione del campo B", visto che come spesso accade in MQ
gli effetti sono non locali.
Si, quindi e' in parte simile al caso del campo elettrostatico e della
costante additiva arbitraria (in tal caso le differenze di potenziale
le puoi sempre scrivere come integrale del campo).
Credo che pero', il vero punto non accettato da tutti,
sia la non localita':
e' si la configurazione di B che conta, ma conta in modo non locale.
La configurazione ha degli effetti sperimentali anche dove B e' nullo
(ma dove A *non lo e'* e cio' genera il fraintendimento che sia A che
conti...). Questo credo sia il vero punto.
Comunque come dicevo la non localita'degli effetti non e' una novita'
in MQ, basti pensare, in altri contesti, all'effetto EPR e ai vari
effetti di entanglement.
Ciao, Valter
Hypermars wrote:
(cut)
>
> Non mi ricordo a memoria la referenza, ma ci sono lavori recenti a
> proposito, se vuoi ci guardo. Cmq ripeto, matematicamente sara' anche dura
> la cosa, ma fisicamente non capisco perche' il potenziale elettrostatico e'
> considerato "reale" mentre il potenziale magnetico no. Tra l'altro, esiste
> anche l'effetto AB-elettrico (e mi pare che nel lavoro originale loro
> partano da questo, non dall'AB-magnetico).
>
> Bye
> Hyper
>
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Valter Moretti
Faculty of Science
Department of Mathematics
University of Trento
Italy
http://www.science.unitn.it/~moretti/homeE.html
Received on Thu Apr 03 2003 - 17:07:32 CEST