Re: differenziali

From: Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it>
Date: Fri, 28 Mar 2003 13:14:09 +0100

albert wrote:
...
> 1) Sul piano semantico, perch� in analisi standard infinitsimo non significa
> quantit� infinit. piccola. (a proposito: � per via di questa "questione
> semantica" che si parlava/parla di calcolo infinitsimale?)

Come intuisci, c'e una stratificazione di concetti e terminologia. Si'
analisi infinitesimale deriva proprio dagli infinitesimi (nel senso di
quantita' infinitamente piccole).
L' accezione post-Cauchy di infinitesimo (in un punto) e' invece:
funzione che ha limite zero in quel punto. E in questa definizione di
"infinitamente piccolo" non c'e' traccia (c'e' qualcosa da dire sul
limite ma lo faro' piu' avanti).

> 2) Sul piano concettuale. Ed allora, dopo aver capito che non bisogna
> parlare di infinitesimi (che sono un'altra cosa), bisogna riconoscetre un
> ruolo di primissimo piano in analisi standard al *concetto* di quantit�
> infinitamente piccola. Qu� non c'entra la "manipolazione garibaldina dell'
> analisi pre-ottocentesca" (che c'entra invece con la questione semantica
> IMHO): il concetto di quantit� infinitamente piccola � il fulcro del
> classico calcolo integro-differenziale: o non lo credi?

Proprio no. Nella sistemazione moderna dell' analisi il fulcro del
calcolo differenziale (e di parte del calcolo integrale) e' nel
concetto di limite che a sua volta, nella forma piu' generale e' un
concetto topologico e non metrico. La topologia permette di definire il
concetto di "vicino", "intorno" senza nessun riferimento a misure o
grandezze.

> 3) sul piano "formale"...beh...questa � un'altra questione. Ed � quella a
> cui accenni dei "reali infinitesimi " e cmq della esigenza di ricorrere a
> qualcosa di diverso dai "classici" numeri (reali).
> A me per� sembra che tu ti riferisca non solo ad uan questione semantica, ma
> alla validit� ed al rigore (seppur non formale) del concetto stesso di
> "quantit� inf. piccola": se fosse cos�, come spiegheresti il rigore che sta
> alla base del calcolo differo-integrale? Su cosa si baserebbe se non sul
> concetto di quantit� "sempre" pi� piccole di qualunque numero reale?

Questo e' il punto delicato. Nella definizione di limite in uno spazio
metrico (quelle con gli epsilon e delta) il tuo "sempre" ha il
significato di un "piu' piccolo in potenza", non "in atto".
Non si dice "prendiamo un incremento della variabile indipendente che
sia piu' piccolo di qualsiasi numero reale esistente " ma si stabilisce
la possibilita' soddisfare sempre meglio certe relazioni di ordine
(senza alcuna limitazione). In questo senso potrebbero rientrare in
gioco gli infinitesimi nell' accezione di "funzioni che hanno limite
zero". Tuttavia, tenendo conto sia delle confusioni storiche, sia del
punto di vista moderno su limiti e derivate, mi sembrerebbe preferibile
evitare completamente il termine "infinitesimo" se non riferito all'
analisi e confronto di funzioni che hanno limite zero.
 
> > Si' ma con la differenza che qui si resta nell' ambito dell' analisi
> > classica. L' approssimazione dell' incremento della funzione con la
> > migliore approssimazione lineare (il differenziale) vale in un intorno.
> > Quanto e' grande (o piccolo) un intorno non e' specificato (ed e'
> > corretto che sia cosi').
> Vedi che qui consideri importante e rigoroso, seppur non formalizzabile (o
> meglio: non "quantificabile") il concetto di quantit� infinit. piccola?

Credo di aver chiarito sopra il mio punto di vista.
Aggiungo solo, per chiarezza, che nell' analisi reale non c'e' proprio
modo di dare rigore ad un concetto di "quantita' infinitamente piccola"
senza entrare in contraddizione con le definizioni accettate dei numeri
reali. Quello che l' analisi infinitesimale delle origini faceva era
proprio di introdurre degli oggetti "nuovi", gli infinitesimi, che
permettevano di "giustificare" formule del tipo di:

(x+dx)^2 = x^2 + 2 x dx

con dx diverso da zero.
Il problema pero' e' che nell' ambito della matematica classica, l'
introduzione coerente di "oggetti" con queste proprieta' e' impossibile.
Da cui la necessita' di ripensare completamente il concetto di derivata
e di basarlo su una definizione corretta di limite.

Solo negli ultimi 50 anni l' analisi non-standard ha trovato un modo
consistente dal punto di vista matematico di introdurre accanto ai reali
anche "quantita' infinitamente piccole". Ma l' operazione non e' banale
venendo dall' analisi standard, anche se c'e' chi sostiene che da un
punto di vista didattico sarebbe piu' semplice partire dall' analisi
non-standard. Su questo non ho elementi per pronunciarmi.

Giorgio
Received on Fri Mar 28 2003 - 13:14:09 CET

This archive was generated by hypermail 2.3.0 : Fri Nov 08 2024 - 05:10:30 CET