Giorgio Pastore ha scritto:
> Se prendi veramente sul serio gli infinitesimi (e si puo' fare nell'
> analisi non-standard) dovresti supporre di avere, oltre ai reali usuali,
> anche degli altri "reali infinitesimi" (i d(qualcosa), per intenderci,
> che godono essenzialmente della proprieta' che x + d(qualcosa) = x ed
> altre cose del genere che, nei reali usuali non funzionano per qualsiasi
> elemento diverso da zero.
L'analisi non standard l'avevo studiata un po' parecchio tempo fa, e
anche con una veloce scorsa a un libro, non garantisco troppo di dire
cose giuste.
Pero' non mi pare che le cose stiano proprio come dici.
Se lavori con gli "iperreali", oltre ad avere numeri infiniti, nel
precisosenso diessere maggiori di ogni naturale, hai anche gli
infinitesimi.
Se F e' l'insieme dei finiti (escludendo gli infiniti e includendo gli
infinitesimi) questose ricordo bene e' un anello, mentre gli
infinitesimi ne formano un ideale I.
I reali R sono un campo isomorfo al quoziente F/I, il che vuol dire che
esiste un _omomorfismo_ f -> R, che manda tutti gli infinitesimi in 0, e
manda ogni insieme della forma x+I (un reale piu' tutti gli
infinitesimi, quella che mi pare di ricordare che Robinson chiamasse
"monade") nel reale x.
quindinon e' vero che x + d(qc) = x, ma e' vero che tutti gli x + d(qc)
vanno in x sotto l'omomorfismo.
> ...
> Aggiungo, per chi sa qualcosa di piu', che volendo si potrebbe
> introdurre la derivata a partire dal concetto di miglior apporssimazione
> lineare agli incrementi locali di una funzione. Per esempio, questo
> punto di vista e' estremamente utile in analisi funzionale. Tuttavia se
> sei all' inizio della decifrazione dell' analisi classica, ti
> consiglerei di considerare la frase precedente come scritta in piccolo
> (da saltare in prima lettura!).
Guarda caso, questa e' proprio la strada che avevo scelta quando feci il
corso di Fisica I.
Definivo in primo luogo una funzione continua come una f. che ammette
un'appross. con una costante, con errore infinitesimo con l'ampiezza
dell'intorno.
Poi passavo all'appross. con una f. lineare, e definivo differenziabile
una f. che ammette un'appross. lineare f(x0) + k(x0)*h (h=x-x0) con
errore infinitesimo di ordine superiore al primo rispetto all'ampiezza
dell'intorno.
Si dimostra subito che una tale appross. lineare se esiste e' unica, e
df = k(x0)*h si chiama differenziale.
Per la particolare funzione y=x si ha dx=h.
k(x0) e' per definizione la derivata f'(x0) di f in x0, e da quanto
appena detto segue che identicamente f'(x0) = df/dx.
Purtroppo ho tenuto il corso per un tempo troppo breve per poter
verificare se l'approccio funzionava...
> ...
> E da questo punto di vista mi sembra che molte delle FAQ dei NG
> scientifici siano una testimonianza della situazione di fatto.
Vero. E ne segue che un po' di riflessione sulla didattica e sui
fondamenti sarebbe utile, anzi necessaria a tutti i docenti
universitari.
Invece per definizione un prof. univ. quanto alla didattica e'
intoccabile: si chiama (del tutto a sproposito) liberta'
d'insegnamento...
-------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
-------------------
Received on Sat Mar 29 2003 - 20:41:47 CET
This archive was generated by hypermail 2.3.0
: Wed Feb 05 2025 - 04:23:29 CET