Riccardo Castellani ha scritto:
> Dove, quando? Ovviamente non mi riferivo ai lavori scientifici, ma ai comuni
> libri di testo anche a livello dei primi anni universitari.
Certo non prima del terzo anno di universita', per le ragioni piu' volte
dette.
Non ti posso indicare libri recenti, perche' sono molti anni che non
insegno piu' m.q. e percio' non ho seguito l'editoria in argomento. Ma
dato che libri del genere esistevano in passato, ritengo che esistano
anche oggi.
> Ma quando si parla a livello elementare di meccanica classica, non si usano
> certo le formulazioni matematiche professionali, ma questo non impedisce di
> raccontare le cose senza falsificare troppo il contenuto.
Il problema e' sempre il solito: "non falsificare troppo" e' un'impresa
da far tremare le vene ai polsi...
Non dico che sarebbe impossibilein assoluto, ma certonon con una
presentazione divulgativa: occorrerebbe un lavoro paziente e faticoso
(comunque, uno _studio_). E mi pare che la disponibilita' a questo
sforzo sia difficile da trovare in giro...
> Diciamo quindi che questo non e' possibile per la fisica moderna, e quel che
> e' peggio credo che il divario tra la ricerca di punta e cio' che puo'
> essere divulgato e' destinato a crescere.
Ci puoi credere: oggi nella ricerca di punta e' gia' difficile capirsi
fra ricercatori di campi diversi, anche non troppo lontani :-(
> Quindi siate piu' indulgenti quando si usano metafore troppo ardite, oppure
> cercate per quanto vi e' *possibile* di correggerle senza scadere nel
> _formale_!
Il problema non e' l'arditezza delle metafore: e' che le metafore *non
servono a niente*, non permettono di capire!
Quello che tu chiami "formale" e' semplicemente il linguaggio
necessario.
In fondo questo succede da secoli: per es. il Newton dei "Principia" non
era comprensibile alla grande maggioranza dei sapienti del suo tempo.
> Credi _veramente_ che ci sia qualcuno che pensi che lo sia?
Mah...
> Ma se per calcolare, almeno l'ordine di grandezza, di un effetto nel quale
> e' coinvolto lo spin si usa il modello classico, qual'e' il problema?
> Calcoli approssimati anche grossolani, non credi che siano meglio di niente?
Il problema e' che non puoi sapere se il modello classico ti porta a
qualcosa di significativo oppure no. Lo puoi sapere solo se conosci la
teoria quantistica.
Per questo spesso conti fatti in quel modo sono "giochi delle tre
carte", nel senso che riescono solo perche' chi li fa sa come si
dovrebbe fare anche il calcolo "giusto"; invece chi se li sente
raccontare non lo sa, e viene imbrogliato.
> Il punto al solito e' si puo' dare senso fisico a cio'? Piu' di una volta
> hai detto di no.
> Benissimo ne prendiamo atto.
Mai detto questo. E' la pretesa di chiamare "senso fisico" solo cio' che
si puo' descrivere in termini classici, che e' inaccettabile.
Per me (e per chiunque conosce la m.q.) tutto quello che ho detto *ha*
senso fisico, e non ha bisogno di altro.
Guarda che la questione e' filosofica: quelli che ragionano come te
subiscono un pregiudizio, per il quale solo certi modi di pensare e di
ragionare sono ammissibii, altri no. C'e' perfino che dice che "non sono
logici".
Il piu' profondo insegnamento della fisica del 20-mo secolo e' che siamo
noi che ci dobbiamo adattare alla realta', non viceversa. Veramente lo
diceva gia' Galileo, ma poi ce ne siamo dimenticati...
> Sentendo parlare dell'equivalenza massa-energia fino alla nausea, viene
> spontaneo attribuire una massa anche al fotone.
Sicuramente ne avrai sentito parlare a sproposito, come accade molto
spesso (anche in parecchi libri di scuola secondaria)...
> Se ricordo bene si dice che e' la massa a riposo del fotone ad essere nulla.
> Ma in quale sistema di riferimento il fotone e' fermo?
Infatti sarebbe bene omettere quel "a riposo".
Dire che la massa di un fotone e' nulla equivale a dire che per un
fotone E = cp.
La piu' utile definizione di massa e' nel vederla come l'invariante
ricavato da
mc^2 = E^2 - c^2 p^2. (*)
Qundo un fisico misura la massa di una particella, intende questo.
> Se nell'effetto Compton si calcola la frequenza del fotone dopo l'urto
> attribuendogli una massa pari a hf/c^2 si ottiene almeno l'ordine di
> grandezza della variazione di frequenza oppure tale calcolo da un risultato
> del tutto sballato?
Non mi e' chiaro come faresti il calcolo.
Il fenomeno e' un urto elastico fra un elettrone (inizialmente fermo) e
un fotone.
Per studiare l'urto devi usare la conservazione dell'energia e della
quantita' di moto.
Dove entra la "massa" del fotone? Quella che entra di certo e' la
relazione E = cp che ho scritta sopra; e inoltre la (*) applicata
all'elettrone.
Se conosci un modo diverso, fammelo vedere.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
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Received on Sun Feb 09 2003 - 20:22:05 CET
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