Re: Economia della ricerca

From: Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it>
Date: Sun, 26 Jan 2003 00:36:54 +0100

Sab wrote:
> Come funziona la ricerca sotto l'aspetto dei soldi e della collaborazione
> tra pubblico e privato?
>
> 1� caso (il pi� facile): grosse imprese (Fiat, Telecom) hanno dei laboratori
> propri nei quali investendo soldi propri sviluppano i prodotti che poi
> venderanno. Se scoprono qualcosa lo brevettano ed � loro. Mi pare che cos� �
> nato il transistor. Ma nell'attivit� di ricerca privata ricevono aiuti
> pubblici dal momento che un'invenzione della Fiat diventa anche una
> ricchezza per il paese?

In paesi diversi dal nostro, il supporto alla ricerca privata c'e' ma e'
indiretto: si chiama detassazione. Per motivi che francamente mi
sfuggono (ma che sospetto fortemente dipendere dalla ignoranza crassa su
cosa vuol dire far ricerca) di questo non si parla in Italia. Forse i
condoni sono ritenuti piu' utili per il progresso di una nazione :-(


> 2� Caso Ci sono anche enti pubblici che fanno ricerca. Come si stabiliscono
> gli obiettivi della ricerca visto che non devono "vendere" niente? Una volta
> brevettata l'invenzione cosa se ne fanno del brevetto, dal momento che non
> svolgono attivit� produttiva?

Un brevetto si puo' rivendere o, ancora meglio, si puo' creare uno
"spin-off", far "gemmare" dall' ente pubblico una vera impresa privata
che in tempo breve possa camminare con le sue gambe e tagliare i cordoni
pmbelicali con l' ente di ricerca. Cosi' funziona una fetta della
ricerca fatta nelle universita' americane. Qui da noi ci ha provato ( a
mia conoscenza, posso non essere a conoscenza di altre realta') l' INFM
(Istituto Nazionale di Fisica della Materia). Il risultato piu'
clamoroso di questo timido affacciarsi verso un modo moderno di
intendere la ricerca degli enti pubblici e' la recente ipotesi del
ministro Moratti di eliminare l' INFM incorporando i suoi ricercatori
nella struttura del CNR.

Per quel che riguarda la scelta degli obiettivi, nessuno e' cosi' folle
(finora) da pretendere di decidere tutti gli obiettivi. Quello che in
genere succede e' che c'e' tutta una serie di mediazioni tra grandi
indirizzi strategici (che derivano in gran parte da esigenze produttive,
sociali, politiche...) e cosa si fa nei singoli laboratori. Qui
intervengono anche motivazioni "interne" (influenze scientifiche, mode,
concorrenza scientifica tra gruppi, curiosita',...). Quanto pesano in
percentuale i vari ingredienti dipende da vari fattori, da quel ente etc.

> 3� caso Esistono forme di collaborazione tra pubblico e privato nelle quali
> si svolgono in maniera coordinata fasi diverse della stessa ricerca?


Certamente. Anche se il vero problema e' la parte ridicolmente bassa
(per un paese che vorrebbe dirsi avanzato) svolta dalla ricerca industriale.

> Domanda politica: posto che, a quanto mi risulta, l'universit� (e non solo)
> � soffocata da un nepotismo medioevale che obbliga i ricercatori ad
> emigrare,

L' universita' e la ricerca non sono soffocate tanto dal nepotismo
medioevale (per carita', c'e' anche quello ma secondo me nei settori
scientifici e per la fisica in particolare, non a livelli
particolarmente diversi da quello che succede in altri paesi) quanto da
una mancanza di visione strategica della ricerca scientifica (che
include anche il pressappochismo nei meccanismi di reclutamento).

Parliamoci chiaro. La ricerca non si fa coi fichi secchi o sperando che
qualche cittadino in piu' decida di rischiare il cancro ai polmoni.
La ricerca costa e non poco. Ma si tratta di un investimento. Se un
paese non ritiene di volerlo fare dovra' prepararsi ad un declino
progressivo delle proprie capacita' di inserirsi nel gioco dell'
economia basata su tecnologie avanzate con tutto quello che consegue.

Certamente, sapere di avere davanti anni ed anni di gavetta incerta e
malpagata a fronte di molte maggiori soddisfazioni morali ed economiche
in altri paesi, non aiuta a restare in Italia.
L' ambiente accademico italiano ha certamente molte colpe. Tuttavia non
puo' essere da solo responsabile della seconda fuga di ricercatori che,
rientrati in Italia hanno resistito pochi anni prima di ritornare all'
estero per le difficolta' incontrate in Italia ad *organizzare* la loro
ricerca.

> non sarebbe pi� intelligente che lo Stato si limitasse a
> finanziare la ricerca privata oltretutto pi� immediatamente produttiva di
> ritorno economico?


Vedi sopra. Aggiungo altri due commenti:

1. la ricerca non puo' limitarsi ad orizzonti temporali di 2-3 mesi. Con
queste scadenze (tipiche della ricerca industriale italiana) non si
inventa il transitor. La proposta avrebbe senso qualora ci fosse un'
industria che mostra di saper far ricerca di largo respiro. In Italia
c'era. E oggi ?

2. Guardare cosa succede nei paesi piu' avanzati del nostro non sarebbe
una cosa disdicevole (soprattutto per la nostra classe politica -
nessuno escluso). Negli USA la fetta di investimento statale per la
ricerca e' enorme. E il budget dellle maggiori universita' (quelle dove
si fa ricerca di punta) dipende per piu' del 50% da fondi statali.


Giorgio
Received on Sun Jan 26 2003 - 00:36:54 CET

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