Re: correnti di pensiero sulle incertezze dei dati

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Tue, 03 Dec 2002 21:17:50 +0100

stefjnoskynov ha scritto:
> ... sono giunto alla conclusione che
> nel mondo della fisichetta esistono 3 correnti di pensiero distinte
> riguardanti l'incertezza dei dati sperimentali.
>
> 1) L'incertezza di un dato ricavato da misure sperimentali e' pari alla
> semidispersione max del dato ottenuta conoscendo il valore
> dell'intervallo stesso e l'intervallo di variabilita' del dato
> sperimentale preso.
> es. f=1/t, delta(f)=1/(t-delta(t))-1/(t+delta(t))
>
> 2) L'incertezza sperimentale di un dato e' pari alla radice della varianza
> del valore stesso, ottenibile attraverso uno sviluppo in serie della
> funzione che lega il dato che devo ricavare (f) dal dato che ho dedotto
> sperimentalmente (t). l'indeterminazione del dato misurato (t) e' pari
> alla indeterminazione della misura presa
> es. f=1/t derivata di f=-1/t^2
> delta(f)=sqrt((delta(t)/t^2)^2)=delta(t)/t^2
>
> 3) La terza corrente di pensiero e' del tutto simile alla 2a con la
> differenza che l'incertezza relativa al dato sperimentale e' pari
> all'incertezza statistica ottenuta tramite la radice della varianza di
> una distribuzione uniforme. In parole povere occorre dividere
> l'incertezza del dato sperimentale per 2sqrt(3)
>
> Ovviamente questi tre metodi di ottenere l'incertezza del dato
> sperimentale sono distinti e portano a risultati diversi. In base a cosa
> bisogna scegliere uno dei tre metodi? Quando uno e' meglio dell'altro?
> Cosa potete dirmi in merito?
Forse la cosa migliore sarebbe che ti rimandassi a qualche testo
classico (che pero' non ti so indicare...). Perche' la questione non si
sbriga facilmente in poche parole...

Pero' mi sembra di poter dire che la "corrente" 2 in realta' differisce
dalla 1 solo per un fattore 2, almeno se delta(t) e' abbastanza piccolo.
Alla fine del giro attraverso varianze e sqrt, stai solo dicendo che
delta(f) = f'(t) delta(t).
La corrente 3 non la conoscevo, ma anche questa ti da' solo un fattore
numerico.

Il fatto e' che sotto a tutto questo c'e' un'ipotesi su come sono
distribuiti i valori di t, o in altre parole sulle cause
dell'incertezza.
Secondo 1, si dice: "io so solo che t e' compreso fra t-dt e t+dt
(abbrevio delta(t) con dt). Di conseguenza, per ogni funzione di t so
solo che sara' compresa (se e' una funzione monotona tra f(t-dt) e
f(t+dt).

Il terzo metodo aggiunge un'ipotesi: assume che gli errori, oltre a
essere compresi in un intervallo di ampiezza 2dt, abbiano una
distribuzione di probabilita' uniforme.
In queste ipotesi anche f (se dt e' piccolo) avra' distribuzione
uniforme, chiaramente tra f(t-dt) e f(t+dt). Ma in questo caso puoi dare
una varianza e uno s.q.m. (ma potevi darlo anche per t). Quindi la
prescrizione (dividere ecc.) ti da' lo s.q.m. invece dell'ampiezza
dell'intervallo. Basta intendersi...
Pero' e' lecito assumere distribuzione uniforme?

Il vero problema e' dunque come interpretare dt, e questo dipende da che
strumento hai, da quali sono le cause delle fluttuazioni...
Non so se ho capito bene, ma il tuo dt sarebbe la meta' della differenza
fra massimo e minimo valore ottenuto dalle misure?
Questa in certi casi puo' essere la scelta migliore, in altri no...

Scusa se non sono piu' preciso, ma come ho detto nonsono cose che si
possano trattare in poche righe, e per di piu' se ne parla meglio con
riferimento a esempi concreti.
Incidentalmente, questa e' la ragione per cui io sono sempre un po'
polemico verso le "regole" su questa materia: se non si sa di che
strumento e di che misura si parla, una regola ha poco senso.
Finisco con una domanda: ma di distribuzione normale o gaussiana non ne
fate mai uso?

Comunque, siamo sempre qua ;-)
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
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Received on Tue Dec 03 2002 - 21:17:50 CET

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