Re: Diametro dell'universo dopo il periodo inflattivo

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Wed, 09 Oct 2002 20:09:06 +0200

Nello Coppola ha scritto:
> ...
> Facendo delle osservazioni riesco a vedere una galassia o comunque
> qualcosa (i telescopi sono ideali )fino a 15 miliardi di anni luce
> distanti ...
> e un mio amico posto al polo sud osserva nello stesso momento una
> galassia B a 15 miliardi di anni luce. Ora dato che le osservazioni sono
> state fatte in senso diametralmente opposto,possiamo dire che le
> galassie A e B distano tra loro 30 miliardi di anni luce e ancora dire
> di avere osservato la galassia A o B a 15 miliardi di anni luce
> significa anche averla osservata poco dopo il big bang e gia' si
> trovavano distanti tra di loro 30 miliardi di anni luce!!!!!!!!!!!!!!!
No. Confondi la distanza *ora* e quella in passato.

> Ma tutto questo ci e' spiegato dalla teoria dell'inflazione ...
> potrei dire che io oggi
> calcolo che dopo il periodo inflattivi l'universo abbia avuto un
> diametro di 30 miliardi di anni luce.
L'inflazione non c'entra niente in tutto questo, e l'hai capita male...

> Ma ora mi viene un dubbio ED E'
> QUESTA LA MIA DOMANDA , io avevo fatto le mie osservazioni oggi
> 8-10-2002 , ma immaginiamo le stesse osservazioni tra un miliardo di
> anni.Se prima le galassie A e B erano distanti nel tempo e nello spazio
> 15 milardi di anni, tra un miliardo di anni diro' che esse sono distanti
> 16 miliardi di anni,
E perche' mai?

> quindi le osservazioni fatte dal plo nord e polo sud
> mi daranno un diametro dell'universo (sempre alla fine del periodo
> inflattivo)di 32 miliardi di anni luce , mentre come ho detto prima tale
> diametro era di 30 miliardi di anni luce!!!!!!!!
Naturalmente no...

Bene. Fin qui ti ho solo detto che hai sbagliato tutto. Ora cerchero' di
spiegare come si dovrebbe ragionare, che non e' poi molto difficile...
Il tuo post e' un'altra prova dei danni che fa la cattiva divulgazione
(cioe' quasi tutta). Si sparano li' delle affermazioni parzialmente
giuste, ma che fuori contesto non possono che essere fraintese, e chi se
ne frega...
Io non riesco a credere che tanti autori siano in buona fede. Visto che
non sono dei cretini, l'ipotesi migliore per la loro intelligenza e' che
badino solo a far soldi.
Altra premessa: in fondo la ragione principale per cui partecipo ai NG
e' per vedere da vicino come si (s)ragiona quando non si hanno le basi e
si e' esposti alla cattiva divulgazione di cui sopra (poi c'e' anche da
tenere a freno i pazzoidi, ma questo per me e' relativamente meno
importante). E' una cosa che mi serve per il lavoro che faccio.
E pensare che non ci vorrebbe poi tanto per dire le cose giuste :-<

Percio' ho deciso di provare a sviluppare il discorso pulito. Ci saranno
un po' di formule e non potro' giustificare tutto, ma credo che dovrebbe
essere comprensibile.

Prima di tutto, debbo fissare il modello cosmologico in cui mi muovo,
Assumo un universo omogeneo e isotropo, e a sezioni spaziali piatte
(curvatura nulla). Chi vuole capire un pochino di piu', guardi
http://www.df.unipi.it/~fabri/divulgazione/cosmol0.htm

La scelta delle sezioni piatte ha due motivi:
1) sembra in accordo con le osservazioni
2) (piu' importante ora) rende i conti molto molto piu' semplici.

Dimenticavo: niente termine cosmologico (sempre per semplificare) e non
mi curo dell'inflazione, che comunque avra' influenzato l'evoluzione
dell'Universo per un tempo brevissimo, in cui le dimensioni (v. dopo)
restano piccolissime, altro che miliardi di anni luce!

In questo modello c'e' un parametro, che chiamero' "raggio del'Universo"
anche se in realta' non ha il significato geometrico di raggio, ma solo
di "fattore di scala". Lo indichero' con R, dipendente da t. L'esatta
dipendenza la si ottiene risolvendo le eq. di Einstein, e qui do il
risultato: R = bt^(2/3) dove b e' una certa costante che come vedremo se
ne va nei conti che servono.
Notare che R cresce con t: questa e' un'espansione, per un motivo che
spiego subito.

Consideriamo due galassie lontane tra loro: una e' la nostra, l'altra
sta chissa' dove. Al momento presente (t=tr) la loro distanza, presa
sulla sezione spaziale a t costante, avra' un certo valore, diciamo Dr;
e a un tempo t diverso?
La relazione e' questa:

D(t)/R(t) = Dr/Rr.

Ecco perche' avevo scritto che R e' un fattore di scala: dato che al
passare del tempo R cresce, crescono *nella stessa proporzione* tutte le
distanze (l'analogia del palloncino...).
Ma attenzione: in ogni caso sto pensando a distanze prese *a un certo
t*, che cambiano perche' cambia t e quindi R.
Posso anche scrivere D(t) = kR(t), dove k dipende da quali galassie
considero, ma e' costante nel tempo per due fissate galassie. Questa k
non e' altro che una "coordinata comovente", nel gergo cosmologico: un
numero che caratterizza una data galassia rispetto a un'altra presa come
origine, restando fisso lungo l'espansione.

Parliamo ora del "redshift". Questo significa che la luce da una
sorgente lontana ci arriva "arrossata", ossia che la l. d'onda ricevuta
(lr) e' maggiore di quella emessa (le). Si dimostra (ma non posso farlo)
che vale la semplice relazione:

lr/le = Rr/Re

dove Re e' il raggio al tempo te di emissione, Rr quello al tempo tr di
ricezione.
Si chiama "parametro di redshift" z l'espressione (lr - le)/le: dunque
lr/le = z+1.

Come si misurano le distanze? In tanti modi, ma qui spiego solo il piu'
semplice da capire: attraverso il redshift. E' intuitivo che se una
sorgente e' lontana, la luce ci mette molto ad arrivare, quindi se
arriva ora e' partita a un tempo te in cui il raggio era molto piu'
piccolo (visto che l'Universo si espande). Ma se Re<<Rr, anche le<<lr, e
quindi z e' grande: ci deve dunque essere una relazione tra distanza e
redshift... Ora la troviamo.

(Questo sara' il passo piu' difficile di tutto il discorso, ma chi non
lo segue puo' sempre limitarsi a usare il risultato...)

La propagazione della luce in uno spazio-tempo in espansione non e'
facile da immaginare. Non e' impossibile darne una descrizione senza
strumenti matematici avanzati (l'ho gia' fatto in un altro contesto) ma
ci vuole un po' di spazio, ci vogliono figure... Qui mi accontento di
dare una semplice relazione (che non dimostro):

c dt/R(t) = dk.

Significato: la luce viaggia nel corso del tempo, e attraversa punti con
diversa coordinata k. La relazione (differenziale) fra t e k e' quella
che ho scritto. Ma sappiamo che R = bt^(2/3), e quindi possiamo
integrare:

k = (3c/b)*[tr^(1/3) - te^(1/3)]

e sostituendo, al posto di t, (R/b)^(3/2):

k = (3c/b^(3/2))*[Rr^(1/2) - Re^(1/2)].

La distanza Dr al tempo attuale (tr) e' k*Rr:

Dr = k*Rr = 3c(Rr/b)^(3/2)*[1 - (Re/Rr)^(1/2)] = 3c*tr*[1 -
(Re/Rr)^(1/2)].

Ora ricordiamoci che Rr/Re = lr/le = z+1:

Dr = 3c*tr*[1 - 1/sqrt(z+1)]. (*)

Saremmo a posto se conoscessimo tr... A questo serve la *legge di
Hubble*, che ricavo subito.
Se la sorgente e' vicina, z e' piccolo, e posso approssimare 1/sqrt(z+1)
con 1-z/2. Ottengo

Dr = (3c*tr/2)*z cioe' z = (2/(3c*tr))*Dr.

Conclusione: ricordiamo che stiamo al tempo presente. A primo membro ho
z per piccole distanze; a secondo membro ho una costante (2/(3c*tr))
moltiplicata per la distanza della sorgente. Dunque:
"il redshift e' proporzionale alla distanza".

Questa e' la legge di Hubble; la costante si scrive di solito H/c (H =
costante di Hubble):

z = H*Dr/c, con H = 2/(3*tr).

Posso sostituire nella (*) e trovo finalmente la relazione
distanza-redshift per questo modello:

H*Dr = 2c*[1 - 1/sqrt(z+1)]. (**)

Ora H si misura sfruttando sorgenti di cui si conosca la distanza per
altra via, e a questo punto se misuro z per una data galassia, dalla
(**) ne ricavo la distanza.

N.B.: non bisogna dimenticare che la (**) non e' una relazione
universale: vale solo per il nostro modello. Ma per ogni possibile
modello c'e' una relazione simile.

Facciamo un esercizio: qual e' la distanza di un oggetto che ha un
redshift z=4? (un redshift bello grosso, anche se ne conosciamo di
superiori a 5).
Occorre sapere H. Un valore attendibile oggi e' H = 65 km/(s Mpc) (Mpc
si legge megaparsec: lo spiego dopo).
Ora non c'e' che mettere i numeri, e si trova
Dr = 5.1 Gpc (gigaparsec = miliardi di parsec).
Se la vogliamo in anni-luce, c'e' solo da ricordare che 1 pc = 3.26 al,
e si trova
Dr = 16.6 miliardi di al.
Possiamo anche calcolare altre cose: quanto vale tr? Lo trovo da
tr = 2/(3H) = 9.8 miliardi di anni (dal big bang).

Quando e' stata emessa la luce da quell'oggetto lontano?
Calcolo
te/tr = (Re/Rr)^(3/2) = (1+z)^(-3/2) = 0.089
e quindi
te = 0.87 miliardi di anni (sempre dal big bang).

Percio' se Nello avesse osservato due galassie, in direzioni opposte,
entrambe con redshift z=4, esse *ora* disterebbero tra loro 33 miliardi
di al. Ma quando hanno emesso la luce che oggi vediamo, la loro distanza
sarebbe stata soltanto (si fa per dire) 6.6 miliardi di al (debbo
dividere per z+1).

Possiamo fare un altro esercizio interessante. Nella (**) mandiamo z a
infinito (di piu' non si puo'...) e troviamo Dr = 2c/H = 9.2 Gpc =
3x10^10 al.
Piu' lontano non si puo' vedere: e' quello che si chiama l'Universo
"visibile", anche se nel nostro modello l'Universo e' infinito.
Non si deve pero' dimenticare, lo ripeto, che questo e' un modello
semplificato. Con un modello piu' realistico i numeri possono venire
alquanto diversi.
Ma l'importante e' che non ci vogliono nozioni stratosferiche per capire
qualcosa a modo giusto.

(Tutto salvo errori di calcolo: qualcuno vuol controllare?)
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
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Received on Wed Oct 09 2002 - 20:09:06 CEST

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