Il 23/11/2021 21:09, Elio Fabri ha scritto:
> Per di più non vedo - come tu pensi - che il brano che citi di
> Poincaré sia "di straordinaria importanza".
Provo a spiegare.
La "importanza straordinaria" è, a mio avviso, nella seconda parte.
Questo periodo
"due intervalli di tempo hanno la stessa durata e' un'asserzione di per
se' priva di significato, che puo' acquisirne uno solo in base a una
convenzione"
a me pare pressoché una banalità. Ogni grandezza fisica è convenzionale
nello stesso senso. È come dire che le parole "intervallo di tempo"
vanno definite operativamente, ma questo direi che sia vero per ogni
grandezza fisica (per quanto sul "per ogni" si potrebbe discutere, io
tenderei ad essere intransigente sul "per ogni", ma non è questo il
punto ora).
Invece questo altro passo
"non abbiamo neppure un'intuizione diretta della simultaneita' di due
eventi che si verificano in luoghi distinti"
ha tutto un altro valore. L'importanza straordinaria sta nel fatto che,
a mio avviso (ma, direi, anche secondo Reichenbach e direi che dovrebbe
concordare ogni sostenitore delle tesi della convenzionalità della
simultaneità), è proprio da qui che "nasce" la relatività ristretta.
> Un solo esempio: perché si deve dare tanta importanza alla "intuizione
> diretta"?
> Nel caso specifico, saprei proporre una serie di criteri operativi per
> definire quando due intervalli di tempo sono uguali, e credo lo
> saprebbe fare chiunque mi stia leggando. Quindi?
Appunto, quanto dici qua, se ben capisco, è un po' quanto dicevo sopra
relativamente al primo dei due passi citati.
> Forse P. spiega altrove nel libro perché sia essenziale il ricorso
> all'intuizione diretta (che vorrei vedere definita, se qualcuno ci
> riesce). Però ne dubito.
Non lo so se lo spiega altrove. Ma credo che "sotto" alle parole di
Poincarè, relativamente al secondo passo citato sopra, ci fosse qualcosa
del genere di quanto vado a dire. Non saprei dire sei in Poincaré ci sia
tutto quanto dico sotto (non ho studiato gli scritti di Poincaré con
sufficiente cura). Forse sono stati necessari anche Einstein e
Reichenbach e forse potrebbe essere stato necessario tutto il dibattito
sulla convenzionalità della simultaneità che non si è ancora chiuso.
Sotto alle parole di Poincaré io ci vedo questo:
anche dopo aver stabilito (per convenzione, ma sono tutte convenzionali
le parole che decidiamo di associare a una grandezza misurabile) che
"intervallo di tempo" significa "quello che si misura con un orologio",
siamo ancora nell'impossibilità di stabilire se due eventi distanti sono
simultanei o meno. E se provassimo a cavarcela con una nuova definizione
operativa (tipo mi metto nel punto medio del segmento AB e se ricevo
simultaneamente due segnali luminosi partiti uno da A e l'altro da B
allora dico che i due segnali sono partiti simutaneamente) *non*
risolveremmo la questione. Gli orologi risolvono la questione di
permettere una definizione operativa di quel concetto che intuitivamente
abbiamo in testa e che chiamiamo "intervallo di tempo".
La definizione operativa di simultaneità a distanza fatta con i segnali
partiti dagli estremi A e B del segmento (o qualsiasi altra definizione
equivalente) *non* risolve la questione, cioè *non dà* quel concetto che
intuitivamente abbiamo in testa e che chiamiamo "simultaneità (a
distanza)". Questo concetto è legato al concetto di causalità. Con
eventi simultanei a distanza intendiamo eventi che non possono essere
legati causalmente (nel senso che non può uno essere causa dell'altro)
se non tramite "telepatia". E questo concetto, il non legame causale fra
eventi distanti, non può essere stabilito per convenzione. L'ente che
definiamo facendo uso dei segnali partiti dagli estremi A e B *non è* la
"vera" simultaneità, non è la definizione operativa di quel concetto che
abbiamo in testa e che associamo alle parole "eventi simultanei (a
distanza)". Invece "quello che si misura con l'orologio" è la "vera"
definizione operativa del concetto che abbiamo in testa e che chiamiamo
"intervallo di tempo".
In ultima analisi Poincarè ci insegna che la "vera" simultaneità non
esiste, non possiamo definire operativamente quel concetto che abbiamo
in testa. O, almeno, qualora fosse possibile una definizione operativa
di quel concetto, di sicuro per ora è a noi ignota. Quel concetto è solo
una nostra costruzione mentale alla quale, almeno per il momento, non
riusciamo ad associare alcunché di operativamente definito.
La "straordinaria importanza" che vedrei io nel passo di cui sopra sta
nel fatto che, per come pare a me, la relatività *nasce* proprio grazie
alla presa di coscienza di ciò. Presa di coscienza che a me pare chiara
sia in Poincaré che in Einstein. Entrambi hanno chiaro che la
simultaneità a distanza possiamo "solo" definirla e che la definizione è
una sorta di "surrogato" perché non soddisfa i requisiti del concetto
intuitivo di simultaneità che abbiamo in testa.
Quello che definiamo con i segnali partiti dagli estremi A e B è un
"surrogato" e dobbiamo tenere bene a mente il suo status. Dobbiamo
tenere a mente il fatto che non è detto che se due eventi sono
simultanei secondo la defizione "surrogata" allora non è detto che essi
non possano essere legati causalmente.
Non è poi per niente strano il fatto che, secondo la definizione
surrogata, due eventi risultino simultanei per me ma non per il tipo che
sta sul treno. Il concetto di causalità ha valenza assoluta (se un
evento è causa di un altro lo è sia per me che per chiuque altro), il
surrogato che decidiamo di chiamare simultaneità non si vede per quale
motivo dovrebbe avere valenza assoluta.
Certo, la simultaneità "surrogata" ci permette di dire che, se noi
comunichiamo a distanza solo per mezzo di segnali che sono luminosi o
subluminali, allora, ovviamente, se gli eventi E1 ed E2 avvengono a
distanza, E1 nel punto P nel momento in cui un segnale luminoso S parte
da P, E2 nel punto Q prima del momento in cui il segnale S arriva in Q,
allora certamente o E1 e E2 non sono legati causalmente, oppure, se lo
sono, il loro legame causale non è stato stabilito tramite i segnali
(luminosi o subluminali) che noi sappiamo usare. Ma questa, per
l'appunto, è una ovvietà. Potremmo ripeterla pari pari anche se
decidessimo di comunicare a distanza solo tramite segnali di piccioni
viaggiatori o sub-piccioni viaggiatori.
Il concetto intuitivo di simultaneità che abbiamo in testa è molto più
stringente delle semplici conclusioni che possiamo trarre dalla
simultaneità surrogata.
Bruno Cocciaro.
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Received on Fri Nov 26 2021 - 17:27:32 CET