Re: Aumento della massa con la velocità?

From: Luciano Buggio <buggiol_at_libero.it>
Date: Thu, 13 Jun 2002 16:27:58 +0000 (UTC)

"Gabriele de Chiara" <gadec_at_libero.it> wrote in message
news:ae8fkc$8ot$1_at_newsreader.mailgate.org

> Luciano Buggio ha scritto:
> > Dunque immagina ora di avere un solo elettrone (l'elettorne A) che corre
> > in un campo (ad esempio quello attivato nell'acceleratore) ilquale campo
> > che abbia intensit� in ogni punto pari a quella con la quale prima A si
> > trovava ad avere a che fare quando correva dietro a B.
> > Il campo (esterno) non eserciter� istantaneamente la stessa azione di
> > prima?
> > La carica A non verr� mobilitata allora con minor accelerazione?.
> > Dimmi dove ho sbagliato.
>
>
> Innanzi tutto ora hai cambiato problema: prima avevamo un campo elettrico
> uniforme mentre ora c'� un campo elettrico ad hoc.
Forse non mi sono spiegato, ed allora provo di nuovo, con un linguaggio
diverso, che pu� sembrare poco scientifico, ma che ho trovato impiegato
con efficacia anche nella letteratura scientifica pi� seria.
Siano due elettroni in corsa, uno dietro l'altro, e corrano non perch�
guidati da un campo elettrico esterno costante a linee parallele (come
potrebbe esser per esempio quello tra le due piastre di un
condensatore), ma, come dicevo, perch� "sparati" da qualche sorgente
(esemplificavo con la radiazione beta).
Bene. Sappiamo che, poich� sono in moto, si schiaccia
anteroposteriormente il rispettivo campo elettrico, e si respingono
quindi l'un l'altro con minore forza.
L'uno � nel campo dell'altro.
Li supporremo in un istante t0 ad una distanza d, ed avremo cos�, per
quell'istante e per quella distanza, un valore F0 della Forza di
Coulomb, che, e questo tu lo ammetti, tiene conto del fatto che lungo la
loro congiungente (procedono in fila indiana) l'intensit� del campo �
minore di quella che avvertirebbero se fossero affiancati.
Adesso cambiamo la scena e ragioniamo con un elettrone solo (anche se
poi scopriremo che gli attori sono stavolta molti di pi�).
Attiviamo un condensatore a due piastre, tra le quali facciamo s� che
l'intensit� (costante) del campo elettrico sia in ogni punto F0: le
piastre (questo per visualizzare) siano orizzontali e le linee di forza,
quindi verticali, dirette verso l'alto, in modo che una carica negativa
che si trovasse tra le armature venga forzata verso il basso.
La piastra inferiore ha un buco, attraverso cui viene sparato
dall'esterno un elettrone dentro il campo, a velocit� tale che la sua
anisotropia di campo, quando si affaccia al campo tra le piastre
supposto non perturbato dal buco (� un esperiemento mentale) sia quella
che aveva nella prima scena, quando correva insieme ad un altro
elettrone.
Sicuramente comunque possiamo, in questo (o in un altro) esperimetno
mentale, mettere le cose in modo che in un istante t0 l'elettrone si
trovi in un punto in cui il campo vale come prima F0, in cui la sua
velocit� sia tale da configurare l'anisotropia anteroposteriore di
prima.
La domanda nel linguaggio colorito che ho annunciato suona adesso cos�:
"Come fa a sapere l'elettrone che il campo in cui si trova in
quell'istante non � il campo di un elettrone che gli sta vicino
davanti, ma la composizione dei campi di una quantit� sterminata di
elettroni che restanno pressapoco fermi relativametne lontano sulla
superficie di una piastra metallica?
Che differenza fa? Solo questo, nel condensatore, � "campo esterno" per
lui? L'altro, quello prodotto dall'altro unico elettrone, non era per
lui "campo esterno"?
Inoltre non ho capito la tua risposta: poich� � un campo "ad hoc"
quest'ultimo (come vedi ho reso qui ad hoc quello tra i condensatori),
non � pi� esterno?
Attendo risposta alla domanda, prima di passare a rispodnere al resto
della tua lettera.
Ciao.
Luciano Buggio




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Received on Thu Jun 13 2002 - 18:27:58 CEST

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