Angelo M. ha scritto:
> Mi spiace davvero che tu non ravveda la necessità della divulgazione
> scientifica.
Be, io magari avrei scritto "ravvisi".
> Che tu non percepisca che una grande quantità di persone senta il
> bisogno di entrare, in una certa misura, nel grande gioco delle
> rappresentazione del mondo, che abbia voglia di partecipare alla
> bellezza delle teorie scientifiche.
Ho mai scritto qualcosa del genere?
> Se la vedi, ma continui a sostenere che non ci sia nulla da fare,
> allora getti la spugna troppo presto, perché questa è una partita
> importante.
Il punto è che continuiamo a discutere con premesse non comunicanti e
così non è possibile intendersi (che non vuol dire essere d'accordo,
ma almeno capirsi).
Tu dici che il problema è importante, quindi si *deve* trovare una
soluzione, o forse dici addirittura "ci deve essere una soluzione".
Io dico che non ignoro il problema (anche se ho forti riserve che in
molti casi sia un falso problema). Ma ho anche una lunga e - credo di
poter dire - profonda esperienza della materia, che mi ha portato, non
troppo presto, ma anzi con un lavoro molto più lungo di quanto mostri
credere, a concludere che la soluzione non c'è.
Che quindi la cosa più saggia da fare è "farsene una ragione" [cit.]
Il che corrisponde, tra l'altro, a una mia visione filosofica
generale, che non è nata ieri.
> Proprio perché è cresciuto il livello di complessità e di
> astrazione, c'è bisogno di studiare seriamente il modo di diffondere
> al "vulgo" concetti astratti e complessi.
Primo: chi lo dice che c'è bisogno?
Secondo: se non si può non si può, bisogno o no.
Casomai bisogna insegnare perché non vale la pena, anzi è dannoso
proporsi obiettivi irraggiungibili.
> ...
> Ma quello che assolutamente non mi va è pensare che non esiste
> soluzione al desiderio di partecipazione.
In parte mi ripeto, ma direi che la differenza tra me e te sta in
questo.
Io parlo sapendo di che parlo, perché la bellezza di cui continui a
parlare almeno in una certa misura la conosco.
La tua invece è essenzialmente un'aspirazione, un anelito.
Dovresti mettere in conto che non possa essere soddisfatto.
Ci sarebbe poi un altro discorso, che tiro fuori solo perché proprio
non mi va di esser visto come una persona gretta, insensibile ai
problemi, ecc. ecc.
Non posso spiegarmi in dettaglio "per la contraddizion che nol
consente", ma il mio rapporto con la ricerca fisica d'avanguardia è
sempre stato critico, tanto da spingermi più d'una volta a cambiare
settore di lavoro.
Dicendo "sempre" intendo quasi da subito dopo la laurea.
E puoi star certo che questo non ha giovato alla mia carriera.
Non poche volte ho pensato che la ricerca fondamentale in fisica si
fosse (sia) messa su strade sbagliate.
Più o meno nel 1958 ebbi anche uno scontro (solo intelettuale, ma con
conseguenze pratiche) con Giorgio Salvini, il quale arrivò a dirmi
"insomma lei non crede nella fisica delle particelle elementari!".
Ma questo è un problema del tutto diverso da quello che poni tu.
Se non altro perché, come ho già osservato qua e là, il distacco della
fisica dal senso comune e la conseguente incapacità dell'"uomo comune"
di capire quello che fanno i fisici risale a molto tempo addietro,
molto prima che io nascessi.
Il mio invece è un problema tutto interno alla fisica, a come si è
evoluta.
Non posso sapere in che misura ho ragione nel sentirlo, ma anche se
fossi nel giusto ciò non cambierebbe di un'unghia la difficltà su cui
stiamo bisticciando.
--
Elio Fabri
Received on Sat Feb 05 2022 - 21:44:31 CET