On 1 Ott, 04:18, "dumbo" <_cm..._at_tin.it> wrote:
> ma quando ricerche indipendenti convergono alle stesse
> conclusioni come si fa a non accettare queste ultime come
> reali ?
Dunque ogni fenomeno, nella nostra modellizzazione teorica, ha una sua
validita' tanto piu' forte quanto <<maggiore>> e' il numero di
"testimonianze" terze (le tue ...ricerche indipendenti
convergenti...) indipendenti.
Quello che ci sfugge purtroppo e' il termine di paragone rispetto a
quel <<maggiore>> di cui sopra, relativo a quelle ricerche...
sostanzialmente relativo ad altri fenomeni che suffragano la sua/loro
correttezza.
Anche se ne avessimo trovato tanti <<convergenti>> non possiamo
sapere quanti sono quelli "discordi" ma sconosciuti a noi adesso.
Sto enfatizzando il carattere ontologico della discussione, cosi' come
mi pare debba essere. Il punto che sollevo in questa discussione sta a
monte... non interpretarlo col pragmatismo fisico della Tekn�, cosi'
ragioneremmo su due piani concettuali differenti.
E' una ipotesi realistica quella di credere che <<noi riusciamo a
vedere solo quei fenomeni per i quali abbiamo capacita'>> di analisi?
E tali capacita' da dove ci arrivano?
A me interessa sapere fino a che punto la nostra conoscenza <<e'
nostra>> in quanto frutto essa stessa della <<nostra conoscenza>>.
Tutta la nostra conoscenza non raggiunge mai una verita' assoluta ma
si rende plausibile nel momento in cui disponiamo di quella tecnica e
di quei mezzi che la giustificano in maniera migliore: tale tecnica
nondimeno e' figlia della nostra conoscenza di adesso.
Risuciamo a definire sempre meglio il concetto della teoria dell'oggi
solo raffinando gli strumenti di indagine di domani; e gli strumenti
di oggi servono a realizzare gli strumenti di domani; ma i concetti di
oggi ci portano a realizzare gli strumenti.
Received on Fri Oct 01 2010 - 15:16:19 CEST
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