Re: relatività della simultaneità in RR: un esempio su facebook
Rispondo qui a due messaggi di Bruno.
[Bruno Cocciaro:]
> Il 21/04/2022 21:05, Paolo Russo ha scritto:
>
>> Per me, ed evidentemente anche per l'autore del testo in
>> questione, dire che due orologi in quiete l'uno rispetto
>> all'altro sono sincronizzati significa semplicemente che
>> segnano la stessa ora nello stesso momento, ma per dire
>> "nello stesso momento" bisogna specificare un sistema di
>> riferimento, per cui l'essere o meno sincronizzati dipende
>> dal sistema di riferimento.
>
> Se i due orologi sono in quiete l'uno rispetto all'altro direi che il
> riferimento sia specificato: è quello in cui sono in quiete entrambi
> gli orologi.
Diciamo che si potrebbe sottintenderlo ove non diversamente
specificato. Il testo in questione lo specificava, in base a
quanto riferito.
> Direi che, più che specificare il riferimento (che, come dicevo, a me
> pare implicito), nella definizione che dai sopra si dovrebbe
> specificare cosa si intende con "nello stesso momento". Il che è come
> dire che si dovrebbe spiegare quale sia la procedura di
> sincronizzazione adottata.
>
> In relatività, quando si parla di "procedura di sincronizzazione" si
> intende sempre che c'è un riferimento nel quale sono piazzati, fissi,
> orologi in ogni punto del riferimento. Affinché gli istanti segnati da
> quegli orologi possano avere un significato fisico, gli stessi vanno
> _sincronizzati_ secondo una qualche procedura da specificare
> operativamente.
> [...]
Non sono del tutto d'accordo con questa visione.
Naturalmente sono d'accordo che in relativita` occorra
definire una procedura di sincronizzazione per definire la
coordinata temporale dei sistemi di riferimento, tuttavia lo
vedo come un punto di partenza della teoria ma non della sua
base concettuale. I concetti di sistema di riferimento, di
tempo, di simultaneita` e di sincronizzazione non li ha
inventati Einstein. Einstein ha "solo" capito come questi
concetti dovessero evolversi per accordarsi con la realta`
che si stava scoprendo in quegli anni.
La sincronizzazione alla Einstein non e` arbitraria: e`
chiaramente finalizzata alla definizione di un concetto di
tempo il piu' vicino possibile a quello classico, intuitivo.
Ad esempio, una proprieta` base che la sincronizzazione deve
avere e` la transitivita`: se A e B sono sincronizzati tra
loro e se C viene sincronizzato con A, deve risultare
automaticamente sincronizzato anche con B. Questo e`
necessario per poter definire una coordinata temporale che
sia globalmente valida in tutto il sdr e che abbia quindi una
qualche utilita`, cioe` che si possa usarlo come il "t" che
compare nelle formule delle leggi fisiche, e non e` una
proprieta` scontata a priori.
Che degli eventi possano essere considerati "simultanei" e`
un concetto istintivo che tutti abbiamo e che da millenni sta
alla base della nostra nozione di tempo. Senza una qualche
nozione di simultaneita`, guardare un orologio non darebbe
alcuna informazione utile associabile a eventi esterni
all'orologio, a prescindere da qualunque sincronizzazione. Se
poi cerchi "sincronizzato" in un vocabolario, troverai nella
spiegazione "simultaneo" e un rimando a "sincronismo" che a
sua volta tira in ballo la contemporaneita`. A livello
concettuale la simultaneita` viene prima di tutto il resto,
anche se ora sappiamo che per definirla bene in fisica deve
passare un sacco di acqua sotto i ponti. Abbiamo a che fare
con un insieme di concetti che si sono evoluti insieme e sono
attualmente fortemente intrecciati tra loro; il loro rapporto
non e` gerarchico, non ce n'e` uno piu' di base su cui si
costruiscono gli altri. A qualche teorico potra` dare
concettualmente fastidio, ma nessuno puo` farci nulla.
La "mia" definizione di sincronizzazione basata primariamente
su un concetto di simultaneita` e non sulla procedura
operativa che serve per ottenere quel risultato credo sia
semplicemente quella che userebbe quasi chiunque, magari a
digiuno di relativita`, dopo aver aperto un vocabolario, e se
si sta cercando di spiegare la relativita` a qualcuno, forse
sarebbe sensato spiegargliela nella sua lingua e non partire
dal presupposto che gia` conosca quello che si sta cercando
di insegnargli.
Francamente sono stupito che la "mia" definizione di
sincronizzazione vi sembri cosi' strana. Sembrate tutti
preferire un concetto puramente operativo e autoreferenziale
di sincronizzazione: due orologi si dicono sincronizzati se
si e` eseguita una certa procedura detta di sincronizzazione.
Il fatto che alla fine della procedura si possa dire che i
due orologi segnano la stessa ora nello stesso momento in un
dato riferimento, cioe` il fatto che la procedura consenta di
definire una coordinata temporale globale per quel
riferimento, sembra non essere importante per voi, quando e`
piu' che evidente che e` l'unico scopo di quella procedura ed
e` da questo scopo che deriva il suo nome.
Mi ricorda la definizione di cerchio (anzi, circolo) del mio
libro di geometria del'universita`: una conica passante per i
punti ciclici (per chi non lo sapesse: sono due punti del
piano impropri, cioe` all'infinito, e con coordinate
immaginarie). Il fatto che il cerchio godesse anche della
proprieta` di essere il luogo dei punti equidistanti da un
punto detto centro era menzionato brevemente in una delle
appendici, se non ricordo male. L'ho sempre trovato un
approccio surreale. Il vostro approccio puramente operativo
alla sincronizzazione, apparentemente immemore sia del suo
reale scopo che dell'origine del suo nome, mi sembra
francamente altrettanto surreale.
Per carita`, basta mettersi d'accordo sui termini e poi ci si
intende. E` solo lo stupore di fronte a una banale
interpretazione "di default" da dizionario (in assenza di un
accordo) che stupisce parecchio me.
[Bruno Cocciaro:]
> Il giorno venerdì 22 aprile 2022 alle 13:05:04 UTC+2 Paolo Russo ha
> scritto:
>> Solo che se io introduco un orologio in un gedanken, non e`
>> sottinteso che sia uno di quelli con cui e` stato definito
>> il riferimento in cui e` fermo. Non si sa nulla a priori
>> della storia di quell'orologio, quindi e` meglio precisarla
>> ed e` cio` che l'autore ha fatto.
>
>
>
> E, nel caso in esame, non solo non è sottinteso che sia uno di quelli,
> ma è certo che non lo sia, visto che è un orologio fisso nella
> stazione
Io parlavo in generale, non so di che orologio nella stazione
parli.
> mentre "quelli" sono fissi sul treno. Però non ho capito
> come, a tuo avviso, l'autore avrebbe precisato la "storia" degli
> orologi fissi nella stazione. O, meglio, non capisco come quella
> storia si dovrebbe evincere dalle parole "nel sistema di riferimento
> della galleria gli orologi B e C non sono simultanei ma sfasati di ..
> nanosecondi"
Premesso che non ho letto il testo di cui stiamo parlando,
perche' anche per me Facebook non esiste, mi sono basato
sulla risposta di tucboro: "Sì, il testo precisa che sono
sincronizzati nel riferimento del treno."
> dove, verosimilmente, B e C sono gli orologi fissi su testa e coda del
> treno e dove le parole "non sono simultanei" risultano di non chiara
> interpretazione, ma direi che tucboro abbia tutto il diritto di
> interpretarle nel senso che i due orologi stanno segnando lo stesso
> istante mentre passano uno all'entrata e l'altro all'uscita della
> galleria.
Entrata? Uscita? Non ne so nulla. Ti riferisci al testo
originale, che non ho letto?
> E, posta l'interpretazione di tucboro, gli orologi B e C
> sono "simultanei" per chiunque.
Si', certo, nella *sua* interpretazione, che non e` quella
dell'autore. Dicesi fraintendimento. Capita, nella
comunicazione umana.
>> Poi ha aggiunto che quegli stessi orologi che sono
>> sincronizzati in un riferimento (perche' "fanno parte" di
>> quel riferimento, se preferisci) non sono usabili come tali
>> in altri riferimenti perche' in altri riferimenti non solo
>> non marciano al ritmo giusto ma non vanno neanche d'accordo
>> tra loro.
>
>
>
>
>
> Sono frasi come questa che, a mio avviso, possono generare sconquassi
> in chi la relatività non l'ha ancora capita. Si usano le parole
> "orologi sincronizzati" come se avessero un significato oggettivo (non
> convenzionale, oltre che non relativo) e il neofita, avendo peraltro
> ragione, rimane interdetto di fronte al quesito "ma se gli orologi
> fissi sul treno io li avevo già sincronizzati "oggettivamente" e avevo
> anche controllato che in effetti coda e testa del treno
> rispettivamente entrano ed escono dalla galleria quando i loro orologi
> segnano lo stesso istante, come può negare questo dato di fatto chi
> sta in stazione? Come può lui vedere i due orologi "desincronizzati"
> oggettivamente"?
Confrontandoli con gli orologi del suo riferimento, che
dicono (altrettanto oggettivamente) tutt'altro.
Ma lasciamo stare i dettagli. In buona sostanza mi stai
dicendo che se uno interpreta a modo suo le parole di un
testo, non le capisce; quindi e` colpa dell'autore che
avrebbe dovuto adottare le definizioni del lettore, qualunque
esse fossero, senza nemmeno poterle conoscere in anticipo.
Be', non sono d'accordo. Mi sembra una pretesa assurda e
irrealizzabile. La comunicazione umana richiede impegno da
ambo le parti, e nonostante cio` non garantisce mai il
risultato.
Questo in generale. In quanto poi alla questione del come si
debba spiegare al meglio la relativita`, ognuno puo` avere le
sue idee. Sono molti anni che in questo gruppo vedo tessere
le lodi di approcci didattici alla relativita` che con me, da
ragazzo, non hanno mai funzionato. E non mi considero
l'ultimo degli stupidi. Al liceo ero il migliore della classe
in tutte le materie scientifiche, fisica compresa, e
saccheggiavo la biblioteca del liceo per saperne di piu'.
Capii la RR solo quando l'insegnante distribui' delle
fotocopie, non chiedetemi di quale testo. Erano solo poche
pagine che illustravano i problemi con l'etere,
l'interferometro di M&M e come si arrivava alle
trasformazioni di Lorentz e da li' agli effetti
relativistici, e forse altro che non ricordo. E allora capii.
In precedenza, avevo cercato di capire la relativita` da
varie fonti, incluso un libro che avevamo in casa di cui non
ricordo titolo e autore (ricordo che aveva una prefazione di
Einstein, quindi doveva essere vecchiotto), senza capirci mai
assolutamente nulla.
Quindi per me tu e altri potete farvi tutte le teorie
didattiche che volete, ma non stupitevi se non intendo ne'
condividere quello che dite, ne' entrare nel merito e dirvi
cosa c'e` che non va. Se non e` sufficiente dirvi che questi
approcci mi sono risultati astratti, fumosi e in sostanza
incomprensibili, non saprei proprio cos'altro aggiungere.
A dire il vero non mi pare d'aver mai avuto a che fare da
ragazzo con un approccio convenzionalista alla RR, ma non ho
alcuna esitazione ad aggiungerlo alla lista di quelli che,
con me, di certo non avrebbero funzionato.
Poi siete tutti liberi di pensare che sia irrilevante che una
cosa funzioni o non funzioni con me perche' sono un tipo
strano, e c'e` molto di vero; cio` non di meno, sono cio` che
sono e il mio passato non si puo` riscrivere, quindi
personalmente non ho e non avro` mai motivo di riconsiderare
la mia posizione.
Ciao
Paolo Russo
Received on Mon Apr 25 2022 - 20:45:26 CEST
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