Re: Paradosso dei gemelli

From: Menegatti Vittore <dossogallina_at_libero.it>
Date: 2000/11/02

Massimo S. <smassimo_at_mail.com> wrote in message
39FD25EA.88B18958_at_mail.com...

> Salve,
> ultimamente sto leggendo un libro di testo sulla Relativit� Ristretta;
> ivi si parla anche del "paradosso dei gemelli".
> Vorrei sapere il vostro parere.

Il punto �, da quel che ho capito, che non � poi tanto vero
che i moti dei due gemelli si equivalgano a seconda del s.r.
con cui sei solidale.
Infatti esiste un s.r. apparentemente immobile, dato dalle stelle "fisse"
ad es., rispetto a cui � facile stabilire chi infine si muove e chi no.
Comunque, visto che non sono un fisico, ti riporto un'esposizione
di E. Fabbri sull'argomento. L'ho copiata da un suo sito di cui non
ricordo l'indirizzo, comunque c'� tutta.
(E' un p� lunga, quindi mettiti comodo : ))

Relativit� generale e paradosso dei gemelli
Elio Fabri

Ultima revisione: 9-4-98


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Prima puntata
� ricorrente la discussione se il paradosso dei gemelli riguardi la
relativit� generale (RG) o la relativit� ristretta (RR). Per capire la
questione occorre rifarsi alla storia della RG, dove si trova l'origine di
due diverse interpretazioni della teoria.
Nella sua ricerca, che inizia nel 1907, Einstein si pone l'esigenza di
generalizzare la relativit� anche ai riferimenti non inerziali, in quanto
trova poco soddisfacente il ruolo privilegiato di questi.
La prima osservazione che fa, � che in un riferimento accelerato compaiono
delle forze "apparenti" che hanno una caratteristica in comune con la
gravit�: quella di essere sempre proporzionali alla massa del corpo su cui
agiscono.
Questa osservazione porta Einstein a formulare il famoso "principio di
equivalenza", secondo cui la forza apparente in un riferimento accelerato �
indistinguibile, a tutti gli effetti fisici, da una forza di gravit�.
Ne segue che generalizzare la relativit� ai riferimenti accelerati equivale
a costruire una teoria relativistica della gravit�.
A questo punto la storia prende due strade:
a)  Poich� la trasformazione di coordinate tra riferimenti in moto
arbitrario � pi� generale di quella tra riferimenti inerziali (la famosa
trasformazione di Lorentz) l'obbiettivo di Einstein viene formulato cos�:
scrivere tutte le leggi della fisica in forma valida in un sistema di
coordinate arbitrario. � quello che si chiama il "principio di covarianza
generale".
b)  Da un'osservazione che per brevit� non riporto, Einstein � indotto a
pensare che in presenza di campi gravitazionali lo spazio-tempo non abbia
pi� la metrica di Lorentz-Minkowski valida in RR: poich� i campi
gravitazionali sono generati da masse, ne segue l'ipotesi che la presenza di
masse incurvi lo spazio-tempo. Diventa perci� un obbiettivo della sua
ricerca il trovare le leggi di questo incurvamento (quelle che saranno poi
le "equazioni di Einstein").
Le due strade non sono separate, perch� in uno spazio-tempo curvo non � pi�
possibile usare semplici coordinate cartesiane, e in generale non ci sono
sistemi di coordinate con un significato intrinseco, ossia che rispecchino
direttamente le propriet� geometriche dello spazio-tempo. Tanto vale allora
interpretare le coordinate come delle semplici "etichette" che
contraddistinguono gli eventi.
Le due interpretazioni della RG cui accennavo sopra consistono in questo:
c'� chi vede come aspetto caratteristico della RG l'adozione di coordinate
arbitrarie e di sistemi di riferimento arbitrari; c'� invece chi vede come
spartiacque il fatto che lo spazio-tempo sia o meno lorentziano.
Con la seconda interpretazione, non si sta facendo RG se si studiano
situazioni fisiche in cui lo spazio-tempo � piatto (non incurvato), quali
che siano le coordinate che si sceglie di usare. L'arbitrariet� della
coordinate � visto come un fatto puramente matematico, che non ha alcun
significato fisico.
Per la prima interpretazione invece, anche se lo spazio-tempo � piatto, se
ad es. ci si mette in un riferimento accelerato siamo fuori della RR in
quanto non possiamo pi� servirci delle trasformazioni di Lorentz. Inoltre
gli esperimenti in un riferimento accelerato mostrano fenomeni "strani" che
non si vedono mai in un riferimento inerziale. Mi riferisco ad es.
all'impossibilit� di sincronizzare orologi posti in punti diversi, o alla
propagazione della luce, che non � pi� rettilinea.
I sostenitori della seconda interpretazione non negano naturalmente questi
effetti, ma osservano che essi possono essere perfettamente spiegati
descrivendo gli esperimenti da un riferimento inerziale, quindi senza uscire
dalla RR. In altre parole, le propriet� fisiche dello spazio-tempo non sono
affatto influenzate dall'adozione di un riferimento accelerato, e tanto meno
lo sono dalla scelta di un sistema di coordinate piuttosto di un altro.
Per inciso, nella seconda interpretazione il principio di covarianza
generale ha solo carattere matematico, non dice niente sulla fisica, e pu�
altrettanto bene essere asserito nella fisica newtoniana; di solito non lo
si fa, in primo luogo perch� il carattere assoluto del tempo rende scomoda
(ma non logicamente impossibile) l'adozione di una coordinata temporale
diversa. Per� � comune l'uso di coordinate spaziali diverse da quelle
cartesiane, anche se nessuno usa parlare di principio di covarianza in tale
contesto.
Qual � la posizione di Einstein in proposito? Come accade sempre a che sta
conducendo una ricerca che porta a nuove scoperte, non ci si pu� aspettare
da lui una posizione netta: man mano che procede vede nuovi aspetti del
problema. Senza dubbio per� le sue esposizioni, anche relativamente tarde,
fanno propendere verso la prima interpretazione.
In particolare Einstein asserisce pi� volte che per chi si metta in un
riferimento accelerato (per es. rotante) lo spazio non � euclideo. Non posso
intrattenermi qui su tale problema, ma segnalo che esso � ancora oggetto di
discussione; il che vuol dire quanto meno che il punto di vista di Einstein
non � oggi accettato pacificamente.
Anzi, mi sento di poter asserire che l'atteggiamento oggi prevalente tra i
relativisti sia il secondo: la RG tratta della fisica della gravitazione,
quindi dello spazio-tempo curvo. Tutto ci� che accade anche in uno
spazio-tempo piatto � di competenza della RR. Non so se sia riuscito chiaro
tra le righe, ma chi scrive aderisce interamente alla seconda
interpretazione.
E ora veniamo al paradosso dei gemelli.
(Fine della prima puntata)
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Continua...
Relativit� generale e paradosso dei gemelli
Elio Fabri
Ultima revisione: 9-4-98
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Seconda puntata
Cominciamo coi dati di fatto, ossia con ci� che ormai si pu� considerare
verificato sperimentalmente.
L'argomento viene di solito presentato parlando di gemelli, ma � pi� fisico
parlare di orologi. In questi termini l'enunciato � assai semplice: si hanno
due orologi, A e B, che si trovano inizialmente nello stesso posto e sono
sincronizzati. Per semplicit�, come si fa sempre, ci troviamo in una regione
di spazio lontana da qualsiasi massa, per cui non occorre considerare
effetti gravitazionali.
Si prende l'orologio B e lo si separa da A: mentre A viene lasciato muoversi
di moto rettilineo uniforme (sar� quindi fermo in un opportuno riferimento
inerziale) B si allontana per un certo tempo (meglio se a grande velocit�) e
poi torna a incontrare A.
Materialmente si pu� pensare che A e B si trovino su due astronavi
affiancate: mentre quella di A rimane a motori spenti per tutto
l'esperimento, quella di B accende i razzi, compie un viaggio a piacere,
torna vicino ad A, manovra in modo da affiancarsi di nuovo, e si ferma
rispetto ad A.
A questo punto si confrontano gli orologi, e si trova che A � avanti
rispetto a B.
(Ho dato la versione semplice; ma in realt� anche se entrambe le astronavi
accendono i motori e viaggiano come vogliono, fino a incontrarsi di nuovo
dopo un po', di regola si trover� una differenza fra i due orologi; solo che
in questo caso generale � pi� difficile dire quale orologio sar� avanti
rispetto all'altro.)
Messo in questi termini, non si tratta di un paradosso, ma solo di un fatto
sperimentale, che pu� essere verificato oppure no, pu� essere criticato dal
punto di vista dell'attendibilit� dell'esperimento; ma niente di pi�.
La prima verifica diretta � stata fatta da Hafele e Keating nel 1971 (usando
comuni aerei al posto delle astronavi).
Il paradosso nasce in due tempi:
1)  Dato che noi siamo attaccati alla concezione newtoniana del tempo
assoluto, ci sembra assurdo che i due orologi possano segnare tempi diversi.
Ma questo non � ancora un paradosso; � solo la motivazione psicologica per
cercare di confutare l'esperimento.
Va tenuto presente che per molti anni, dopo la nascita della relativit�,
l'esperimento non era realizzabile; quindi aveva senso da una parte
proporlo, ma solo come esperimento ideale, ossia nel senso: "se crediamo
giusta la relativit� ne segue questo". Ma dall'altra aveva altrettanto senso
cercare di confutarlo, scovando qualche baco nel ragionamento. Oggi la
situazione � diversa.
2)  La confutazione pi� comune � la seguente: se � vero che B si � mosso
rispetto ad A, e si spiega che segni un tempo minore per il fatto che si �
mosso, basta mettersi dal punto di vista di B per capovolgere l'argomento.
Ora B appare fermo ed � A che si allontana e ritorna. Dunque dovrebbe essere
A a segnare un tempo minore. Poich� le due cose non possono essere entrambe
vere, l'unica via d'uscita � che siano entrambe false, ossia che i due tempi
siano uguali.
Si vede che la confutazione si basa su un'idea: che il moto � relativo, e
quindi tutti gli effetti del moto debbono essere altrettanto relativi. �
notevole che a chi ragiona cos� pu� sembrare che la relativit� "si dia la
zappa sui piedi", perch� � proprio uno dei fondamenti della relativit� che a
tutti gli effetti il moto deve essere considerato relativo, in quanto non
esiste un sistema di riferimento privilegiato.
Ma � facile ribattere: la RR asserisce l'equivalenza fra riferimenti
inerziali. Ora non � possibile che entrambe le astronavi siano riferimenti
inerziali: pu� esserlo una, o nessuna delle due, ma non entrambe. Dunque la
supposta equivalenza non sussiste.
Ed ecco dove pu� entrare in ballo la RG, se la si vede secondo la prima
interpretazione. Nel quadro della RG possiamo liberarci dalla restrizione ai
riferimenti inerziali, e studiare il problema dal riferimento di una o
dell'altra astronave.
Questo � perfettamente vero, anche se alquanto complicato (e qui non posso
neppure accennare a come si deve fare). In molti testi si trova il calcolo
dettagliato, e il risultato � quello che doveva essere: � vero che possiamo
studiare il problema da entrambi i riferimenti, ma il tempo in un
riferimento accelerato ha propriet� "strane" e nient'affatto intuitive. Se
si fanno i conti per bene, si vede che comunque si proceda, rimane sempre
vero che l'orologio A segna un tempo pi� lungo.
Ma � vero allora che il paradosso dei gemelli � un problema di RG? La mia
risposta � no, per due ragioni.
La prima � che l'uso di riferimenti accelerati fa parte della RG solo se si
accetta la prima interpretazione. Nella seconda interpretazione, dato che
non siamo in presenza di gravit�, lo spazio-tempo � sempre piatto e quindi
non usciamo dalla RR.
Detto in altre parole, i riferimenti accelerati possono essere capiti senza
uscire dalla RR (l'ho gi� detto nella prima puntata).
La seconda ragione � che il fenomeno in quanto tale non ha niente a che
vedere con riferimenti, pi� o meno accelerati. Abbiamo due orologi che si
lasciano e si ritrovano: quello che vogliamo sapere � se segneranno lo
stesso tempo oppure no.
A questo risponde benissimo la RR, attraverso il concetto di tempo proprio.
Ogni corpo (schematizzabile con un punto materiale) ha un suo tempo proprio,
strettamente legato alla metrica dello spazio-tempo.
In un certo senso, possiamo considerare il tempo proprio come la "lunghezza"
della curva che il punto descrive nello spazio-tempo (la curva esiste
sempre, che il corpo si muova o no, per il solo fatto che il tempo passa).
Se abbiamo due orologi, abbiamo due curve, che hanno gli stessi estremi, ma
sono diverse; non c'� alcuna ragione che abbiano la stessa lunghezza, e
Minkowski ci ha insegnato come calcolare tale lunghezza. In particolare si
dimostra che questa lunghezza ha una propriet� particolare: fra tutte le
curve che uniscono due punti nello spazio-tempo, il segmento di retta ha la
lunghezza massima (non minima, ed � per questo motivo che avevo scritto
"lunghezza" tra virgolette).
Poich� questa lunghezza non � che il tempo segnato dall'orologio, si vede
subito che l'orologio A, che si muove di moto rettilineo uniforme (per cui
la sua curva nello spazio-tempo � una retta) segner� il tempo pi� lungo
rispetto a qualunque altro.
E cos� il paradosso dei gemelli scompare.
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Spero di esserti stato utile.
Ciao
Giorgio
Received on Thu Nov 02 2000 - 00:00:00 CET

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