Re: Limite classico e limite relativistico.
Predator wrote:
>
> Infine una considerazione: scusa Valter (Moretti), ma se io ho due velocit�
> c (luce) e v (100km/h) perch� la luce si allontana RELATIVAMENTE da me
> sempre a c e non a c+v? A me non basta sapere che � cos� e basta, voglio
> sapere i MOTIVI TEORICI, voglio sapere dove vanno a finire quei 100km/h...
>
Bene, secondo te perche' le velocita' classicamente si sommano?
Cioe' se il riferimento K si muove rispetto al riferimento K'
con velocita' v costante e K vede il punto p con velocita' u
allora K' assegna a p velocita' v +u. Come me lo dimostri?
Ti pare evidente? Quando ero bambino non mi sembrava *per niente*
evidente: avro' avuto 4 anni e vedevo gli alberi dei viali venire
verso di me quando ero in auto con mia madre e tutto cio' mi pareva cosi'
strano, perche' quando ero in strada, a piedi, gli alberi erano fermi!.
Infatti *non e' per niente evidente la legge di composizione delle
velocita'*, e uno deve averla imparata *prima di tutto dall'esperienza
quotidiana*. L'elaborazione concettuale non e' facile: mi ricordo che
io riusci' a padroneggiare la cosa solo dopo avere capito i numeri relativi,
con i segni, diversi anni dopo quell'esperienza automobilistica.
Quindi queste cose non sono evidenti e sono solo il frutto
di una lunga elaborazione delle nostre esperienze personali, anche
se crediamo di averlo dimenticato.
A riprova della non evidenza di queste cose ti chiedo:
che succede se la velocita' di K non e' costante rispetto a K', cioe'
K e' accelerato rispetto a K' e ruota in modo arbitrario?
Allora, forse lo sai, vengono fuori tutti i termini complicati,
se prendi l'accelerazione sono ancora piu' complicati
centrifughi, Coriolis ed un termine che non si nomina mai che contiene
la derivata del vettore omega...
Arrivati all'universita' si impara che quale sia la legge di composizione
delle velocita' e successivamente delle accelerazioni in casi generali
ce lo dice *anche* la teoria sotto assunzioni complicate, ma plausibili
dedotte dal confronto con l'esperienza comune (misure di spazi e tempi
assolute).
Pero' non tutti hanno avuto l'esperienza di valutare cosa succede alla
legge di composizione quando i sistemi di riferimento sono in
moto arbitrario relativo, e anche se ne avessero avuto l'esperienza
l'analisi delle osservazioni sarebbe stata ben complicata...
Infatti i primi tempi che si maneggiano queste leggi formali, negli esami
di fisica elementare: i vettori omega,la formula di Poisson, accelerazioni
di Coriolis... si combinano tanti bei disastri.
Questo e' lo stato di cose dell'esperienza comune ed era anche lo stato di cose teorico
comunemente accettato fino alla fine del 1800. Pero' le cose non furono cosi' semplici.
Ad un certo punto della storia della fisica, per cercare di capire alcune stranezze
con la formulazione della teoria elettromagnetica di Maxwell si fecero
alcuni esperimenti fini (quelli di Michelson&Morley) e ci si rese conto
che la luce non soddisfaceva la legge di composizione della velocita':
sembrava (non tutti erano d'accordo) che gli esperimenti indicassero che la luce deve
avere la stessa velocita'rispetto a tutti i riferimenti.
Cio' avrebbe distrutto le premesse teoriche su cui si basava la *dimostrazione* della legge
classica di composizione delle velocita' (misure di spazio e tempo assolute).
Partendo dai risultati sperimentali detti, la cui interpretazione non era pero' cosi' evidente,
e dall'assunto che tutte le leggi della fisica devono essere scritte nello stesso
modo in ogni sistema inerziale (generalizzando il postulato di Galileo all'elettromagnetismo),
Einstein costrui' la piu' generale legge di trasformazione tra sistemi
di riferimento (inerziali) che soddisfacesse i due requisiti detti (in realta'
Lorentz aveva gia' fatto la stessa cosa anni prima e Poincare' si accingeva a farlo,
ma l'interpretazione data era meno rivoluzionaria e Einstein non era a conoscenza
del risultato di Lorentz almeno).
Dalla nuova teoria, nell'interpretazione di Einstein, si ricavo' una diversa legge di
composizione delle velocita' in cui risulta che *ogni corpo* che si muove alla velocita'
della luce ha la stessa velocita' rispetto a tutti i riferimenti inerziali.
Come la mettiamo allora con l'esperienza quotidiana?
Secondo la relativita' speciale *che ha ricevuto tali e tante conferme che
praticamente nessun fisico dubita di essa* la legge classica
di somma delle velocita' NON vale MAI: e' sbagliata punto e basta. Pero'
*quanto piu'* le velocita' in gioco sono piccole rispetto alla velocita' della luce
*tanto piu'* la legge classica e' una buona approssimazione della legge
relativistica. Non c'e' un limite netto tra regime classico e relativistico,
dipende dagli errori di misura che i nostri strumenti sono capaci di apprezzare
e dalle velocita' in gioco. Al CERN progettano gli acceleratori di particelle
usando direttamente le equazioni delle relativita' perche' le
particelle hanno velocita' talmente alte che l'approssimazione classica
e' del tutto sbagliata, mentre la teoria relativistica funziona egregiamente.
La risposta brutale alla tua domanda:
>voglio sapere dove vanno a finire quei 100km/h...
e'quindi: non vanno a finire da nessuna parte il mondo non
funziona secondo la legge di composizione classica delle velocita'e
non hamai funzionato cosi', se avessimo esperienza di viaggi a velocita'
relative molto alte ce ne saremmo accorti prima...
Ciao, Valter
Received on Tue Sep 12 2000 - 14:55:45 CEST
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