Re: Libro che non trovo

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Fri, 16 Sep 2022 15:15:12 +0200

Nel mio post del 11/9/22, ore 10:48, la trattazione della lagrangiana
che inizia con "E veniamo al sodo" contiene un po' di errori: alcuni
puramente tipografici, ma altri più importanti, fino a qualche riga
saltata.
Piuttosto che pubblicare un "erata corrige" preferisco riproporre qui
appresso una versione corretta (spero) e anche con qualche modifica.
Prego quindi di sostituire questa alla versione precedente.

*******************************

E veniamo al sodo.
I libri che trattano la questione come si deve ci sono.
Uno per es. è quello di Arnol'd: "Metodi maetmatici della meccanica
classica".
Peccato che non si sforzi molto a farsi capire...
Quando lo studiai, oltre 40 anni fa, faticai alquanto.
In compenso mi divertii con le frecciatine che manda a Landau.
A quel tempo avevo anche concepito un progetto che poi non prese
forma: scrivere una versione leggibile della stessa materia.
Adesso qui proverò a darne un velocissimo sunto.

Si parte dallo spazio delle configurazioni M, che può essere il
semplice R^3 o altro: per es. per il pendolo è una circonferenza,
indicata spesso con S^1 (sfera unidimensionale).
Tralascio di specificare altri requisiti, tipo "varietà
differenziabile").

Su M si possono definire in infiniti modi delle coordinate, ossia una
n-pla di reali che permette d'identificare i punti di M. Il numero n è
la dimensione di M.
Spesso un dato sistema di coord. non permette di rappresentare in modo
biunivoco e continuo *tutti* i punti di M: succede già col pendolo!
Sorvolo sulla soluzione (carte, atlante). Teniamoci un sistema di
coord. come si può...

In ogni punto di M si possono definire infiniti *vettori tangenti*.
Una definizione rigorosa non è banale e si può dare in più modi.
(completo il discorso tra poco).
E' importante introdurre il concetto di *curva* di M. In questo
contesto le curve sono sempre *parametrizzate*.
Ossia una curva è un'applicazione differenziabile da R (o da un suo
aperto) in M: P(punto di M) = f(t).
A questo punto non sarebbe obbligatorio leggere t come il tempo, ma
non fa male: in tal modo f(t) è la *legge oraria* di un qualche moto e
si può intendere f'(t) come velocità istantanea (generalizzata) di
quel moto.
Quindi lo spazio tangente a M in P (TM_P) è l'insieme delle possibili
velocità di tutti i possibili moti che passano per P-
Si dimostra che tutti i TM_P (qualunque sia P) sono spazi vettoriali
(reali) di dimensione n
Va da sé che in ogni TM_P potremo definire un sistema di coordinate:
anche queste sono n.
Un modo naturale di definire le coordinate in TM_P è questo: un
vettore di TM_P è la "velocità" di una qualche curva f(t).

Dato in M un sistema di coord, (q_1 ...q_n), la curva (non l'avevo
detto prima) può essere rappresentata con le n funzioni R-->R:
q_1(t) ... q_n(t).
Le componenti della velocità, che sono anche le componenti del vettore
tangente, saranno

u_1 = (dq_1/dt)_{t=0} ... u_n = (dq_n/dt)_{t=0}.

Metto t=0 perché sono libero di assumere che la curva soddisfi f(0)=P,
ossia che il moto passi per P al tempo 0.

Vale la pena di notare che quando scrivo q_1(t) ecc. sto facendo una
*composizione* di funzioni: passo prima da R a M (P = f(t)) poi da M a
R^n: (u_1 ...u_n) = g(P). Il risultato è la funzione composta che
fornisce le coordinate (q_1(t) ... q_n(t)) al tempo t.

Ed ecco la sommità di queste astrazioni: il *fibrato tangente* a M
(detto TM).
E' semplicemente l'unione di tutti i TM_P.
E' una varietà di dimensione 2n, e in conseguenza di quanto detto un
sistema di coord. in TM è (q_1 ... q_n; u_1 ... u_n).

A che cavolo serve tutto ciò?
Semplicemente a definire la lagrangiana come una funzione

L: TM --> R

ossia, col linguaggio più ottocentesco della gran parte dei testi:

L(q_1 ... q_n; q'_1 ... q'_n).

dove ho abbreviato dq_1/dt con q_1' ecc.
Questa notazione è però impropria, ed è la cuasa di
frequenti difficoltà didattiche. Si dovrebbe scrivere

L(q_1 ... q_n; u_1 ... u_n)

senza identificare le u_i con le derivate q'_i.
E' assolutamente cruciale capire che L è definita su TM, quindi non è
vincolata a perticolari moti: il suo valore è dato quando si conosca
il punto P di M (le coord. q_1...q_n) e quelle su TM_P (u_1...u_n).
E' vero che nell'interpretazione fisica stiamo parlando di un moto con
data velocità, ma il valore di L dipende solo dal punto (P) e dalla
velocità (u = (u_1...u_n)).
Del moto non occorre sapere altro.

> Come esempio di quel che volevo dire, e appunto, non so se
> passerà, prendiamo il pendolo semplice con:
>
> L = T - U = (1/2)ml^2 (th')^2 - mgl[1-cos(th)]
(Ho cambiato la notazione per snellirla un po' e h corretto un erroe
di segno.)

> Ora la mia difficoltà era per esempio (d è derivata parziale
> ovviamente) dL/d(tetapunto).
Scriviamo _at_L/_at_th'.

> Per sbarazzarmi di tetapunto che in quel pomeriggio mi dava fastidio
> perché appunto non sapevo con chiarezza chi variasse e chi no, ho
> posto tetapunto=u.
Un Lagrange del 21-mo secolo! :-)
(Ma in effetti il modo che ho descritto sopra di vedere l'argomento
non ha più di un secolo di vita.)

Secondo l'approccio che ho descritto, M per il pendolo ha dimensione
1, TM ha dim. 2; le coord. in TM sono (th,u).
(Incidentalmente, TM è un cilindro infinito.)
Riscrivo la tua L:

L = (1/2)m*l^2*u^2 - mgl*[1-cos(th)]

Quindi

_at_L/_at_u = m*l^2*u.

Così si capisce che quando si deriva rispetto a u il tempo non c'entra
niente: u è una normale coordinata in TM.

Poi, scrivendo il principio variazionale, si farà un altro passo: si
prenderà una curva di prova f, ossia delle funzioni (q_1(t) ...
q_n(t)), si specificherà che le coord. (u_1...u_n) sono le componenti
del vettore tangente ossia le compon. della velocità lungo quella
curva:

(u_1...u_n) = (q'_1 ... q'_n)

e quindi nell'integrale di azione comparirà

L(q_1(t) ... q_n(t), q'_1(t) ... q'_n(t))

che è funzione di t, composta attraverso le q_1(t) ... e le
q'_1(t) ...

Che succede quando si va a variare la curva (oosia si cambiano le
q_i(t))?

nella definizione della curva invece della f avremo una F = f + h
(preferisco, per alleggerire le formule, scrivere h invece di delta
f). Nell'integrale d'azione figurerà

L(Q_1(t) ... ; Q'_1(t) ... )

dove Q_1 ... Q_n sono le coordinate variate (eq. parametriche della
F). Chiamerò r_1 ...r_n la variazioni: Q_1 = q_1 + r_1 ecc.
Analogamente la coordinate u_1 ... u_n diventeranno delle U_1 ... U_n
con U_1 = u_1 + v_1 ecc.
Anzi u_1 = q'_1, U_1 = Q'_1, quindi

v_1 = Q'_1 - q'_1 = dr_1/dt = r'_1.

Dato che interessa la variazione prima, questa (differenziabilità) si
scrive

del L = (_at_L/_at_q_1)*r_1(t) + ... + (@L/_at_u_1)*r'_1 + ...

Dunque l'integrale di del L, che è una funzione di t, si può integrare
per parti, ecc.
-- 
Elio Fabri
Received on Fri Sep 16 2022 - 15:15:12 CEST

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