Re: il termine virtuale... in che senso?

From: Massimo Brighi <NOSPAMmeb2043_at_iperbole.bologna.it>
Date: 2000/09/13

Valter Moretti wrote:

> Alberto Carboni wrote:
> >
> > Come � da intendere il termine "virtuale" usato in fisica?
> > facciamo un esempio, quando si parla di particelle virtuali si intende
> > 1) particelle che esistono, ma visto che cos� come esistono muoiono, la loro
> > esistenza non influisce su nulla
> > 2) particelle che non esistono, ma se esistessero non andrebbero contro
> > nessuna legge fisica quindi teoricamente si pu� ammettere la loro esistenza
> >
> > oppure
> > 3) la situazione � talmente complicata che non si pu� dare una definizione
> > tanto rigorosa
> >
>
> Avevi quasi azzeccato con 2). la risposta giusta e'
>
> particelle che non esistono, perche' se esistessero andrebbero contro
> le leggi di conservazione dell'energia e impulso.
>
> La loro natura, secondo me, e' solo matematica, servono ad interpretare
> intuitivamente certi diagrammi ma non hanno una vera natura fisica.
>

Bhe, forse il discorso e' un po' piu' sottile:
Non sono un filosofo e non mi voglio avventurare in questioni
ontologiche, ma mi sembra che dovremmo stare un po' attenti quando adoperiamo
le espressioni "esiste" o "non esiste".
Quando studiavo QED, mi disturbava l'idea di queste particelle virtuali. Ci ho
pensato
su e sono arrivato a queste conclusioni:
Forse e' piu' giusto pensare che tutte le particelle osservabili (e percio'
esistenti) siano virtuali
e che e' la particella reale ad essere solo un'astrazione.
Mi spiego con un esempio:
Se guardo una stella distante mille anni-luce, il fotone che arriva sulla retina
del mio occhio
e' un fotone reale o virtuale? Si dira': cosa c'e' di piu' reale di qualcosa che
si vede
con i propri occhi?
Eppure anche in questo caso si tratta di un'interazione in cui entrano
necessariamente
in gioco almeno tre particelle: la particella carica che sulla stella ha emesso
il fotone, il fotone emesso e l'elettrone di un atomo della mia retina che l'ha
assorbito.
Possiamo anche tracciare il diagramma di Feynman e vedere che si
tratta proprio di un fotone virtuale e quindi non rispetta esattamente la
conservazione
dell'energia e dell'impulso. Certo, se consideriamo ad esempio che
l'indeterminazione
sull'energia DE e' dell'ordine di h/Dt dove h e' la piccolissima costante di Plank
e Dt sono
i 1000 anni di tempo di viaggio del fotone, appare chiaro che l'energia e'
pressoche'
esattamente definita ma cio non toglie che qualunque valore di energia ha una
probabilit�
diversa da zero. La differenza fra questo fotone e uno "sicuramente" virtuale che
"esiste"
per una frazione infinitesima di tempo e che percio' puo' permettersi di violare
ampiamente
la conservazione dell'energia, e' soltanto qualitativa.

Sembra quindi piu' corretto pensare al concetto di esistenza non come una qualita'

dicotomica,(esiste o non esiste), ma come una caratteristica che puo' assumere
tutti i valori con continuita' tra essere e non essere.


Ciao
Massimo
Received on Wed Sep 13 2000 - 00:00:00 CEST

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