dumbo ha scritto:
> OK, ma che tu sappia ci sono dimostrazioni che non chiamano in
> causa il divenire ? Per esempio, questa potrebbe andare
> secondo te?
Mi scuso per il ritardo enorme. Era un po' che avevo deciso di dire la
mia su questa discussione, ma non ho mai trovato il tempo o
l'ispirazione. Ora forse e' la volta buona.
Vorrei provare ad analizzare e discutere la "dimostrazione" di dumbo,
per spiegare che cosa secondo me non va nel suo modo di ragionare.
> Ho due enti A e B; A esiste senza una causa, mentre B esiste
> per opera del nulla (cio�, B � "figlio del nulla", diciamo cos�).
Saro' estremamente pignolo, come vedrete :)
Punto primo: non so che cosa significa "ente" nel presente discorso.
Probabilmente "qualcosa che esiste". Ma se e' cosi', e' terribilmente
vago.
Secondo: "esiste senza una causa". Per me e' gia' problematico
accettare l'idea sottintesa che possa esserci una causa per
l'esistenza di alcunche'. Quindi la dimostrazione contiene un
presupposto che per me non e' pacifico.
Terzo: "esiste per opera del nulla" non so davvero che cosa possa
significare (ci torno piu' avanti).
> Tra le due situazioni non c'� alcuna differenza (infatti non si possono
> distinguere, nemmeno in linea di principio). Dunque se una delle due
> situazioni � assurda, � assurda anche l'altra.
Non c'e' alcuna differenza? Non so proprio dire, visto che a me riesce
difficile dare un significato a tutte le frasi, come ho gia' detto.
C'e' poi da ragionare sull'idea di una "situazione assurda".
Che cosa puo' voler dire?
In logica, assurdo e' cio' che implica contraddizione.
Qui e' chiaro che dumbo assume che una conclusione che riguarda la
logica possa avere delle implicazioni sulla realta': addirittura sulla
possibile esistenza di qualcosa.
Ovviamente io non sono d'accordo: per me la logica e' una costruzione
del pensiero umano, del tutto autonoma e incapace di vincolare il
mondo reale.
> Ora, la situazione di B � chiaramente assurda perch� dire che il nulla
> genera qualcosa viola il principio di non contraddizione (equivale a
> dire che nulla = ente capace di azione, il che � contraddittorio perch�
> il nulla non � un ente).
Qui abbiamo un equivoco classico: dare un significato ontologico a
frasi come "il nulla genera qualcosa".
In origine, la frase diceva "esiste per opera del nulla", che e'
chiaramente una metafora. Si presta al nulla la funzione di soggetto,
e come diciamo "la casa esiste per opera del muratore", pensiamo
(pensa dumbo, ma non solo lui: parecchi filosofi, temo) riteniamo
abbia significato la stessa frase in cui "il nulla" diventa il soggetto.
Dopo di che si argomenta che questo implicherebbe che il nulla sia
capace di azione (!), si afferma che cio' e' contraddittorio "perche'
il nulla non e' un ente".
Da cui dedurrei che solo un "ente" possa essere capace di azione, col
che si torna alla prima obiezione: che cosa significa "ente"?
Dunque la presunta contraddizione e' secondo me soltanto il frutto di
un insieme di errori:
- abuso linguistico
- mancanza di chiare definizioni di termini usati
- estensione impropria di significati.
> Dunque anche la situazione di A, essendo sullo stesso piano logico
> della situazione di B, � assurda. La conclusione � che un ente senza
> causa non pu� esistere.
La conclusione era scontata, e cade sotto l'obiezione che ho gia'
fata: la pretesa secondo me infondata, che una (presunta)
contraddizione logica possa dirci qualcosa sull'esistenza di
alcunche'.
> Ne propongo un'altra:
> supponiamo che il teorema di causa (TC) sia falso;
> � allora possibile che esista un ente finito A privo di causa.
> Supponiamo che A esista.
Dato che non ho seguito tutto, non sono sicuro di che cosa dica il TC.
Suppongo dica "non puo' esistere un ente finito privo di causa"
(non mi soffermo sulla stranezza di chiamarlo teorema, suppongo
perche' avrebbe una "dimostrazione"...).
> E' giusto dire che A esiste senza una causa, ma �
> altrettanto giusto dire che A esiste grazie al fatto che
> (= a causa del fatto che) il TC � falso (se infatti il
> TC fosse vero, A non potrebbe esistere, perch� solo
> enti causati possono esistere in presenza del TC ).
Magnifico salto mortale!
Di nuovo si gioca con le parole, con l'ambiguita' del linguaggio.
"A esiste grazie al fatto" diventa "A esiste a causa del fatto".
E cosi' A acquista una causa, che consiste non in un qualcosa, ma in
un enunciato metalinguistico: "il TC e' falso".
Poi non e' vero che A esiste grazie alla falsita' del TC: questo e'
solo un modo (anche scorretto) di esprimersi.
Io dico che A esiste perche' esiste, fornendo cosi' un controesempio
al TC e dimostrandone quindi la falsita'.
Insomma, l'implicazione corretta e': "se A esiste, allora il TC e'
falso" e non viceversa.
> Abbiamo cos� un A che, simultaneamente, esiste senza causa
> e a causa di qualcosa (cio� della struttura acausale del mondo).
> Questo risultato � contraddittorio e quindi il TC � vero.
Naturalmente questa conclusione e' sbagliata, per la ragione appena
detta.
Potrei usare correttamente la contraddizione se dicessi:
1) TC falso ==> esiste un A senza causa
2) TC falso ==> A ha una causa.
Ma come ho detto la seconda implicazione e' sbagliata.
Per concludere: aspetto che qualcuno mi spieghi che cosa tutto cio'
abbia a che fare con la fisica.
--
Elio Fabri
Received on Thu Aug 05 2010 - 21:13:58 CEST