energia, particelle ed etere
ENERGIA, PARTICELLE ED ETERE
(ALLA RICERCA DELL’ETERE PERDUTO)
Di: Giovanni Ruffino
Genova
email: giovanni.ruffino_at_tin.it
30-6-2000
Ringrazio per la cortese attenzione.
RIASSUNTO
Il concetto di spazio vuoto con il “nulla” dentro e l’idea astratta del
campo nel vuoto, proposti dalla fisica classica, sono decisamente superati.
Da molti anni la meccanica quantistica definisce il campo circondato da
particelle, e il modello standard presenta attualmente un campo unificato
che ricorda sempre più un mezzo continuo. Sembra che manchi solo il coraggio
di chiamarlo con il proprio nome storico.
In queste pagine si ricorda brevemente il ruolo importante dell’etere nella
storia della scienza fino all’esperimento di Michelson–Morley e le
considerazioni di FitzGerald-Lorentz che spiegarono l’errore sistematico
commesso dall’esperimento stesso, scoprendo i primi fenomeni relativistici.
Si propone quindi un nuovo concetto d’etere che si concilia con i postulati
della relatività e gli aspetti moderni della teoria delle particelle. L’
etere si presenta come un mezzo continuo in cui, per effetto dell’energia,
si producono degli addensamenti infinitesimali che formano le particelle.
Ogni particella non è un corpo estraneo all’etere, ma un “evento” che
avviene in esso seguendo le fluttuazioni dell’energia, prendendo forma dove
l’energia supera i livelli quantici ed annichilendosi dove scende al di
sotto di tali livelli. Anche i corpi macroscopici di conseguenza sono
generati dall’energia nell’etere e da esso permeati.
L’energia è vista come uno stato perturbato del “mezzo” rispetto allo stato
di quiete. Materia ed energia sono due stati dell’etere che si corrispondono
e che si possono spostare in esso.
Questa nuova concezione rende comprensibile il moto dei corpi attraverso l’
etere e il passaggio delle oscillazioni dell’etere attraverso i corpi.
Esprime perfettamente l’equivalenza tra massa ed energia e la natura
corpuscolare ed ondulatoria delle particelle. Da pieno significato razionale
alla contrazione delle lunghezze, all’aumento di massa e al rallentamento
del tempo in funzione della velocità.
Le azioni, o forze, a distanza trovano una chiara e coerente spiegazione
come effetto della tendenza dell’etere ad assumere lo stato di minima
energia.
DESCRIZIONE
---- Considerazioni Storiche
Fino all’inizio del Novecento tutti i grandi della scienza ritenevano che lo
spazio vuoto risultasse tale solo per i nostri sensi e per i nostri
strumenti di indagine, ma che in realtà fosse tutto pieno di etere, una
sostanza impercettibile e difficile da definire.
Prima Aristotele, poi, dopo molti secoli bui, Newton, Descartes,
Huyghens, Fresnel ed altri sostennero e provarono a definire l’etere
cosmico come sostanza solida ed elastica. Successivamente Maxwell, Hertz e
H.A. Lorentz definirono l’etere elettromagnetico come veicolo di tutte le
forze e della corrente di spostamento contenuta nelle celebri equazioni
dello stesso Maxwell, con identificazione concettuale tra spazio ed etere,
come già proposto da Descartes.
In particolare Maxwell , che è considerato il più grande scienziato tra
Newton ed Einstein, era un appassionato sostenitore dell’etere in un periodo
in cui cominciavano già ad emergere i fautori dello spazio vuoto, con il
“nulla “ dentro.
Vediamo cosa ha scritto nel 1890 in “ Campo ed Etere” : -- Le immense
regioni planetarie ed interstellari non verranno più considerate come spazi
deserti dell’universo che il Creatore non ritenne adatti a essere occupati
dai simboli del molteplice ordine del suo regno. Noi troviamo che essi sono
occupati da questo meraviglioso mezzo…. esso si estende uguale di stella in
stella…. L’ipotesi di un etere è stata sostenuta da diversi pensatori per
ragioni molto differenti. Per coloro che sostenevano l’esistenza di un
pieno come principio filosofico, l’orrore della natura per il vuoto era una
ragione per immaginare un etere che pervade ogni cosa, anche se tutte le
prove fossero contro di esso. Per Descartes, che fece dell’estensione l’
unica proprietà essenziale della materia, e della materia una condizione
necessaria all’estensione, il solo fatto che esistano dei corpi distanti l’
uno dall’altro ( e che interagiscono tra di loro) provava l’esistenza di un
mezzo continuo interposto --. (Da -- Relatività: esposizione
divulgativa -- Edizioni Boringhieri).
Così pensavano Maxwell e Descartes (Cartesio in italiano), due tra le più
grandi figure della scienza di tutti i tempi.
Per i sostenitori dell’etere le forze a distanza avvenivano tramite il
mezzo; i campi elettromagnetici e quelli gravitazionali erano considerati
come degli stati perturbati dell’etere rispetto allo stato di quiete, le
onde elettromagnetiche erano considerate oscillazioni della polarizzazione
dell’etere, così come le onde sonore sono oscillazioni della pressione dell’
aria; l’energia potenziale gravitazionale si poteva pensare contenuta nel
volume dell’etere distorto dai campi gravitazionali, come l’energia
elastica di una molla è contenuta nella sua massa deformata dallo sforzo. Lo
stesso valeva per l’energia contenuta nei volumi di spazio soggetti alla
polarizzazione dei campi elettrici o magnetici. E la corrente di
spostamento, prodotta dalla variazione della polarizzazione dielettrica,
era considerata una vera corrente che avveniva nel mezzo.
Per contro era difficile spiegare il moto dei corpi attraverso l’etere, ad
esempio il movimento dei pianeti, senza alcuna dissipazione d’energia
cinetica per attrito viscoso. Non si riusciva nemmeno a mettere in evidenza
la velocità della Terra rispetto all’etere, in altre parole un moto assoluto
rispetto al riferimento assoluto dell’etere ritenuto immobile nello spazio.
Anche se, in realtà, la velocità della luce nello spazio è indipendente dal
moto della sorgente che l’ha generata, quindi costituisce di per se un moto
assoluto.
---- Aberrazione della luce ed effetto Doppler
Esistono due fenomeni per i quali la velocità relativa tra l’osservatore
terrestre e la sorgente di luce ha un preciso effetto che può essere
valutato, e sono: l’aberrazione della luce delle stelle e l’effetto Doppler.
Esaminiamo il primo: per osservare una stella gli angoli di un telescopio
devono essere regolati secondo la somma vettoriale della velocità della
luce proveniente dalla stella e la velocità della terra, che non è
completamente trascurabile rispetto alla velocità della luce, usualmente
indicata con la lettera c.
La somma vettoriale deve essere fatta secondo le formule di Lorentz, però,
essendo il termine relativistico (v/c)2 molto piccolo (v/c uguale circa a
1*10EXP-4), essa coincide quasi con la somma vettoriale eseguita con il
metodo classico.
Per illustrare meglio questo fenomeno a volte si espone l’esempio della
pioggia in una giornata senza vento: per un osservatore fermo sul bordo
della strada le gocce di pioggia cadono verticali; mentre per un altro
osservatore in moto, ad esempio su un’auto, la pioggia sembra colpire il
parabrezza con direzione inclinata. Un fatto analogo succede ai fotoni
della luce proveniente dai corpi celesti e ricevuti dalla terra che trasla
nello spazio.
Occorre precisare che ciò comporta solo una variazione della direzione della
velocità della luce percepita dall’osservatore terrestre, e non una
variazione del suo modulo.
Ad ogni modo, per una corretta interpretazione è necessario considerare la
velocità dell’osservatore, che influisce sul fenomeno.
L’aberrazione della luce fu scoperta dall’astronomo inglese Bradley nel
1726 e fornì una prova ulteriore della mobilità della terra,
particolarmente importante per quell’epoca. Permise anche di calcolare in
modo abbastanza preciso il valore di c.
L’effetto Doppler evidenzia la velocità relativa della sorgente d’onde
elettromagnetiche rispetto all’osservatore, solo come variazione della
frequenza, non come variazione della velocità delle onde ricevute. E’ molto
importante ed è noto in astronomia tanto nel campo delle frequenze ottiche
quanto in quello delle radiofrequenze. Applicazioni dell’effetto Doppler si
hanno anche in alcuni tipi di radar terrestri, per esempio nel
radiotachimetro.
Si verifica anche per le onde sonore ed è facile riscontrarlo ad esempio al
passaggio di un elicottero o di un treno che fischia..
Comunque per misurare la velocità della Terra rispetto all’etere si
effettuarono molti esperimenti, tutti con esito negativo.
---- Esperimento di Michelson e Morley
Disegno dell’interferometro
Il più celebre di questi è l’esperimento di Michelson-Morley.
Michelson, convinto sostenitore dell’etere, per dimostrare la sua esistenza
ideò e costruì l’interferometro che porta il suo nome, schematizzato nella
figura, in cui un raggio di luce monocromatica è inviato su uno specchio
semitrasparente, inclinato di 45°, e capace di dividere il raggio in due
parti, una prosegue in linea retta, mentre l’altra è riflessa. I due raggi
sono poi riflessi da due specchi e giungono all’oculare dell’osservatore che
è in grado di valutarne l’eventuale sfasamento. Il raggio parallelo al moto
della terra dovrebbe impiegare un tempo leggermente superiore nel tratto di
andata e ritorno tra lo specchio semitrasparente e quello di riflessione e
ciò causerebbe uno sfasamento con l’altro raggio. Orientando l’
interferometro in varie direzioni rispetto al moto della terra, si
dovrebbero rilevare delle variazioni dello sfasamento tra i due raggi di
luce.
Nel 1887 Michelson, con l’aiuto di E.W. Morley, effettuò diversi tentativi
di questo tipo, ma le frange d’interferenza rimanevano sempre le stesse.
Esperimenti analoghi furono effettuati successivamente anche da altri
ricercatori, tutti sempre con esito negativo.
--- Spiegazione di FitzGerald-Lorentz
Nel 1893 l’irlandese G.F.FitzGerald propose una curiosa e geniale
interpretazione dell’esperimento. Egli sostenne che il lato dell’
interferometro parallelo alla velocità di traslazione della Terra si
accorciasse in funzione della velocità stessa in modo da rendere
perfettamente uguali i tempi di percorrenza dei due percorsi.
Quest’ipotesi molto azzardata, ma assolutamente vera, come si è dimostrato
in seguito, fu il primo concetto relativistico della storia. E, insieme alle
formule dell’aumento di massa e del rallentamento del tempo elaborate da
Lorentz, aprì effettivamente la strada ad Einstein.
La contrazione delle lunghezze con la velocità ha avuto conferma in
innumerevoli esperimenti con gli acceleratori di particelle, anzi, per
costruire un acceleratore funzionante è necessario tenerne bene conto a
priori.
Per avere informazioni sull’esperimento di M. & M. si può consultare una
buona enciclopedia di livello nazionale, prima alla voce Etere o Michelson e
poi alla voce Lorentz, perché spesso alle prime due voci non sono riportate
le considerazioni di FitzGerald-Lorentz.
Ai giorni nostri dovrebbe essere perfettamente chiaro e accettato da tutti
che l’esperimento di M. & M. commetteva l’errore sistematico di trascurare
la contrazione del lato dell’interferometro parallelo alla velocità di
traslazione della Terra e che perciò le sue conclusioni negative sull’
esistenza dell’etere non sono valide.
Michelson, infatti, continuò a credere fermamente nell’etere fino all’ultimo
istante della sua vita.
Molti studiosi, invece, per l’occasione specifica dimenticano la contrazione
delle lunghezze con la velocità e accettano l’esito negativo dell’
esperimento come prova, così l’esperimento di M. & M. viene definito come
“il più importante esperimento con esito negativo della storia della
scienza”.
In realtà, per quanto detto prima, l’esperimento di M. & M. è diventato
“il più grande falso della storia della scienza”.
Non certo per colpa di Michelson, ma di quanti in seguito l’hanno
propagandato come prova decisiva a sostegno dell’ipotesi della non esistenza
dell’etere.
Comunque, per la scienza moderna ha senso l’esistenza solo di ciò che è
suscettibile di esperienza, che si può osservare, (che è come sostenere che
esiste solo ciò che noi conosciamo).
--- Non osservabilità e non esistenza
Lorentz definì molto bene i fenomeni relativistici dipendenti dalla velocità
degli oggetti, che sono: la contrazione delle lunghezze, l’aumento di massa
e la dilatazione del tempo.
Da questi tre fenomeni (verificati in innumerevoli esperimenti negli
acceleratori di particelle), cui è soggetta tutta la materia, tutti i nostri
strumenti e anche noi stessi, deriva la “non osservabilità dell’etere”.
La “non osservabilità dell’etere” fu descritta sempre dallo stesso Lorentz
nel suo “Principio degli stati corrispondenti”, e successivamente da
Poincarè.
Essa venne tramutata in “non esistenza dell’etere”, secondo il criterio
sostenuto da Einstein che ciò che non è osservabile non esiste, o è come se
non esistesse.
Questo criterio è molto discutibile, ma fu accettato dalla maggior parte dei
fisici dell’epoca, così all’inizio del ‘900 si affermò l’ipotesi della non
esistenza dell’etere ed ebbe il sopravvento lo spazio vuoto, con il “nulla”
dentro.
Ciò che risulta - non osservabile – dipende unicamente dallo stato della
scienza e della tecnica del momento.
Ad esempio, i batteri sono stati - non osservabili - fino al seicento,
quando si riuscì a costruire dei microscopi efficienti sulla base del
modello inventato da Galileo.
Poi ci vollero due secoli, e il genio di Pasteur, perché la scienza
comprendesse che non erano una semplice curiosità, ma la causa di molte
malattie.
Il virus dell’epatite era presente in molti flaconi di sangue usati per le
trasfusioni fino alla metà degli anni ’70 (del novecento), appunto perché
era - non osservabile – ne direttamente, ne indirettamente.
La stessa storia si è ripetuta con il virus HIV fino alla metà degli anni
ottanta.
L’etere, attualmente, è - non osservabile – per principio. Però non è
assolutamente escluso che in futuro si possa ideare un esperimento che
permetta di osservarlo. Anzi, forse è già possibile, da molto tempo,
evidenziare il moto della terra rispetto all’etere, perché l’effetto Doppler
e l’aberrazione della luce delle stelle rendono manifesto il moto dell’
osservatore terrestre rispetto alla stelle fisse.
Gli effetti dell’etere, ad ogni modo, sono già molto evidenti, anzi
sono
- totali -. Come sarà descritto in seguito.
La non osservabilità diretta dell’etere implica l’impossibilità di
definire un sistema di riferimento vincolato ad esso, detto assoluto, o
privilegiato rispetto agli altri sistemi di riferimento inerziali.
--- Difficoltà di definizione dell’etere
A quell’epoca esistevano anche e alcune oggettive difficoltà nel definire le
caratteristiche dell’etere, e questo contribuì alla sua caduta.
Infatti, oltre alle perplessità sul vento dell’etere, sussistevano i
seguenti dubbi: le onde luminose sono onde trasversali, vale a dire la loro
oscillazione è perpendicolare alla direzione di propagazione, e solo un
mezzo solido può trasmettere onde trasversali. Inoltre, per far viaggiare
dentro di se queste oscillazioni alla velocità della luce, il mezzo avrebbe
dovuto essere molto più rigido dell’acciaio. Avrebbe anche dovuto permeare
tutte le sostanze trasparenti alla luce e non avrebbe dovuto ostacolare
minimamente nessun movimento di nessun corpo, dalla rotazione dei pianeti
attorno al sole, al tremolio delle foglie.
A questi dubbi, ad ogni modo, cercheremo di dare una risposta più avanti.
Alla affermazione del vuoto contribuì anche una non corretta interpretazione
del primo postulato della relatività di Einstein, come vedremo in seguito.
Abbandonato l’etere “si liberò il cielo dalle ragnatele” che avevano
costruito i suoi sostenitori con le loro interpretazioni meccanicistiche ed
atomistiche del mezzo; ma sorsero subito delle perplessità altrettanto
legittime. Esaminiamone alcune.
--- Perplessità ed incoerenza del vuoto
Immediatamente si pone un dubbio filosofico di vecchia data, infatti
proporre uno spazio con il “nulla” dentro è come sostenere che esiste ciò
che non esiste.
Non solo, eliminato l’etere, fu lasciato il campo. Così si arrivò al campo
definito nel vuoto, o meglio: il campo come stato perturbato del “nulla”.
Abbiamo così lo spazio vuoto con un dentro un “nulla” un po’ strano, che
non rimane sempre identico a se stesso (nel “nulla” non c’è niente che può
cambiare, se invece il suo stato cambia vuol dire che c’è qualcosa con delle
caratteristiche che possono mutare).
Infatti, eliminato l’etere, ora abbiamo il “nulla” che oscilla, che si
polarizza come la materia, che trasmette forze a distanza, che conduce la
corrente di spostamento , che può immagazzinare energia di vario tipo, che
genera e riassorbe particelle.
Per la fisica classica tutti questi poteri sono attribuiti al campo, però
sempre e rigorosamente nel “nulla”.
Riguardo al campo nel vuoto il grande Feynman dice testualmente: - The best
way is to use the abstract field idea. That it is abstract is unfortunate,
but necessary -. – La via migliore (più semplice) è di usare l’idea astratta
del campo. Che sia astratta è una sfortuna, ma è una cosa necessaria. (The
Feynman Lectures on Physics Ed. Masson).
Ecco realmente cos’è il campo nel vuoto: solo un’idea astratta per superare
qualcosa di basilare che non conosciamo.
Altri meno famosi dicono: - il campo è tutto ciò che è necessario conoscere
nello spazio – e chiudono il discorso.
--- Vuoto quantistico
Dopo gli anni Venti ci si resero conto che il “nulla” come sostegno del
campo effettivamente era un po’ troppo poco.
I fisici elaborarono allora la teoria quantistica del campo e affermarono
che in realtà ogni tipo di campo riempie lo spazio di particelle. Si arrivò
a definire i quanti del campo: i fotoni per i campi elettromagnetici, i
gravitoni per i gravitazionali, i gluoni per le forze nucleari forti, i
bosoni per quelle deboli.
Queste teorie si sono dimostrate esatte nel senso che le particelle
ipotizzate sono state tutte trovate, ad esclusione dei gravitoni.
Negli anni trenta e successivi, sempre con la teoria quantistica, il vuoto
si è riempito di un continuo apparire e scomparire di particelle virtuale.
Ma i fisici sostengono che esse, come i quanti del campo, appaiono e
scompaiono sempre e solo dal “nulla”, cioè si generano e si annichiliscono
nel nulla per effetto del campo.
Le particelle virtuali del vuoto sono prodotte da fluttuazioni di energia
ed esistono per un tempo tanto breve che non si riesce a misurarle
direttamente. Esse però producono effetti ben valutabili come alterazioni
dei livelli energetici degli atomi e l’effetto Casimir.
Nel 1948 Casimir dimostrò che due piatti metallici, opportunamente vicini
ed elettricamente neutri, alterano la distribuzione spaziale delle
particelle virtuali facendola diminuire all’interno. Il risultato è che le
particelle virtuali esterne che sono più numerose, e forse più grandi,
esercitano una “pressione” maggiore sulle superfici esterne e quindi si ha
una forza d’attrazione tra i due piatti.
--- Discordanza tra Fisica classica e Fisica quantistica sul vuoto
Per la Fisica classica il vuoto contiene solo ed esclusivamente il “nulla”.
Tale raffigurazione si basa:
1) su una falsa interpretazione dell’esperimento di Michelson e Morley.
2) sull’aver scambiato la - non osservabilità - con la - non esistenza –
dell’etere.
3) su un’errata interpretazione del primo postulato della teoria della
relatività .
Il vuoto con il “nulla” dentro portò a dei concetti assolutamente astratti
(non reali) come il campo nel “nulla”, la polarizzazione del “nulla”, il
“nulla” che esercita forze a distanza, il “nulla” che oscilla, ecc.
La fisica quantistica invece considera il “vuoto” come un pullulare
fittissimo di particelle virtuali. Inoltre, ogni campo crea nel ”vuoto” le
particelle che sono i propri “quanti”.
Recentemente la Teoria Standard propone un campo unificato che è molto
prossimo ad un mezzo continuo.
--- Induzione dielettrica e magnetica del vuoto
Una delle situazioni più paradossali del vuoto con il “nulla”, proposto
dalla fisica classica, forse si raggiunge quando si vuole definire “l’
induzione dielettrica e magnetica del vuoto”, cioè del nulla.
E’ evidente che si tratta di un’espressione contraddittoria e priva di senso
logico, perché con questo concetto di vuoto non ci può essere nulla ne
prima ne dopo la creazione di un campo elettrico. Però non c’è libro di
fisica classica che non la proponga senza la minima ombra di dubbio o di
incertezza.
Per la fisica delle particelle, invece, la polarizzazione del vuoto è un
fenomeno molto serio e complesso che è studiato e descritto dalla QED, l’
elettrodinamica quantistica, la scienza fondata da Feynman.
Nel vuoto quantistico, durante la polarizzazione, vengono create
continuamente coppie di particelle-antiparticelle (le antiparticelle hanno
massa uguale alle particelle corrispondenti e carica di segno opposto) che
si annichiliscono in tempi brevissimi, ma subito sono sostituite da altre
coppie, in modo da avere costantemente nel “vuoto” la presenza diffusa di
queste coppie di cariche di segno opposto, che produce un effetto simile
alla polarizzazione di un dielettrico
--- Riemergere dell’etere
Come si vede, con la Fisica delle particelle, il concetto dello spazio
vuoto, con il “nulla” dentro, perde sempre più significato.
E questo forse è il segnale che non è poi tanto semplice sbarazzarsi
dell'etere con un esperimento sbagliato e qualche postulato dall’
interpretazione ambigua.
Anche lo studio dell’infinitamente grande indica chiaramente che lo spazio
vuoto non è vuoto, infatti vi sono interrogativi non ancora risolti, come la
materia oscura dell’universo e la costante cosmologica universale, ritornata
in discussione dopo che Einstein l'aveva abbandonata, e che indicherebbe
l'ammontare dell'energia (e quindi della materia) dell’universo circa 120
ordini di grandezza superiore di tutta l’energia equivalente a tutta la
materia conosciuta.
Insomma Descartes, Maxwell, Lorentz ed altri volevano credere nell’etere
anche se tutte le prove fossero state contro. Oggi gli scienziati non
vogliono credere nell’etere anche se vi sono molte prove a favore.
--- Einstein e i “suoi” postulati della relatività
Ritorniamo ad Einstein e alla teoria della relatività.
Oltre ad affermare che ciò che non è osservabile è come se non esistesse,
egli enunciò quello che è considerato il primo postulato della teoria della
relatività e che dice: - E’ impossibile definire o scoprire il moto (e la
posizione) di un corpo rispetto all’etere -. (Affermazione già fatta alcuni
anni prima da Lorentz nel “Principio degli stati corrispondenti”).
In altre parole significa anche: risulta impossibile definire un sistema di
riferimento assoluto e quindi tutti i sistemi di riferimento inerziali
(detti anche galileiani) sono equivalenti. (Affermazione fatta circa tre
secoli prima, appunto da Galileo).
Dal momento che l’etere, se esiste, risulta impercettibile e – non
osservabile- per chiunque, è perfettamente evidente che è impossibile
definire un sistema di riferimento vincolato ad esso. Di conseguenza l’
esistenza dell’etere non contraddice affatto il primo postulato della teoria
della relatività.
Questo postulato invece è spesso utilizzato per negare l’esistenza dell’
etere, anche se afferma tutt’altra cosa.
In realtà Einstein stesso nel 1935, nel pieno della sua maturità
scientifica, ad un congresso di fisica a Vienna, propose chiaramente di
ritornare a considerare valida l’esistenza dell’etere come mezzo che riempie
tutto lo spazio.
Il secondo postulato di Einstein afferma: la velocità della luce nel vuoto
è una costante indipendente dal moto della sorgente e dell’osservatore e non
può essere superata.
(Questo postulato invece è proprio originale di Einstein. O forse di sua
moglie? Dal momento che la moglie ha partecipato attivamente alla
elaborazione della teoria della relatività, sorge un dubbio) .
--- Velocità della luce ed etere
Anche il secondo postulato, comunque, sembra favorevole all’etere, per
analogia con il suono. Infatti, il suono è una perturbazione del mezzo, ad
esempio: aria o acqua, che si propaga con velocità costante ed indipendente
dalla velocità della sorgente che ha prodotto le onde sonore. Così la luce
sembrerebbe una perturbazione elettromagnetica dell’etere che si propaga in
esso in modo indipendente dalla velocità della sorgente che l’ha provocata.
Anche il fatto che la velocità della luce non può essere superata da nessun
corpo sembra favorevole all’esistenza di un mezzo in cui avviene il
movimento. Infatti se il moto avvenisse nel vuoto, una particella con nulla
attorno a sé, opportunamente accelerata, potrebbe raggiungere una velocità
al limite infinita, o in ogni modo, multipla di “c”. Dato che non
interagisce con nulla, non c’è niente che possa porre un limite superiore e
invalicabile alla sua velocità, come invece di fatto avviene.
Per quanto riguarda l’indipendenza della velocità della luce dal moto dell’
osservatore, occorre tenere presente che l’osservatore in moto possiede un
metro più corto ed un orologio che gira più lentamente rispetto all’
osservatore in quiete, come ha scoperto ed enunciato Lorentz (e non
Einstein). La somma delle velocità deve essere eseguita con il metodo dello
stesso Lorentz, che contiene formule non lineari, per cui la velocità
relativa della luce rispetto all’osservatore in moto rimane sempre la
stessa.
--- Altre considerazione a favore dell’etere
Vediamo ora di esporre altri concetti favorevoli all’esistenza dell’etere.
Ad esempio la variazione dell’unità di tempo con la velocità, scritta
proprio sopra, non è spiegabile se si considera il corpo in moto nel vuoto
ed estraneo allo spazio che lo circonda.
Consideriamo ora la legge di Lorentz che esprime l’aumento di massa di un
oggetto con la velocità: m= mo/[1-(v/c)2], se il moto avvenisse nell’etere
risulterebbe facile giustificare l’incremento di massa come materia ceduta
dal mezzo all’oggetto. Invece se considero il moto attraverso lo spazio
vuoto, nel “nulla”, come posso giustificare l’incremento di massa se attorno
non c’è niente che possa cedere materia al corpo?
Lo stesso discorso è valido per la celebre equazione E=mc2, che poi
riconduce agli incrementi di massa considerati prima.
Sappiamo che le particelle virtuali, ma anche i fotoni, gli elettroni ed
altre particelle, appaiono dal nulla e nel nulla si annichiliscono, in altre
parole scompaiono, per poi riapparire in un altro punto. Se questo avvenisse
nell’etere, sarebbe logico immaginare l’etere che le genera e le riassorbe.
Mentre il considerare che si generano e si annichiliscono nel nulla risulta
decisamente meno sensato e razionale.
--- Vento dell’etere
Per contro, come già accennato prima, oltre agli altri dubbi, il moto di un
corpo attraverso l’etere dovrebbe incontrare la difficoltà oggettiva dell’
attrito viscoso con conseguente dissipazione d’energia cinetica e
rallentamento del moto stesso, mentre il movimento dei pianeti e di tutti i
corpi dimostrano che ciò non avviene. In altre parole per l’oggetto in moto
dovrebbe esistere il “vento dell’etere”, che invece proprio non esiste.
Le ipotesi fatte nell’800 per superare questo punto facevano riferimento ad
un modello meccanicistico del mezzo, perciò risultarono tutte poco
soddisfacenti e anche contraddittorie.
--- Nuovo concetto di etere e di materia
Vediamo ora di conciliare l’esistenza dell’etere con le moderne conoscenze
della fisica.
Pensiamo ad una particella in moto e all’equivalenza tra massa ed energia:
in base alle considerazioni precedenti si può pensare alla particella come
ad un particolare stato d’addensamento puntiforme dell’etere causato dall’
energia, e che in realtà a spostarsi sia quest’ultima. ( Con l’aggettivo
puntiforme qui e nel seguito s’intende: di dimensioni infinitesimali, ma non
nulle).
L’etere sarebbe quindi un mezzo continuo in cui, per effetto dell’energia,
si coagulano e prendono forma le particelle. Esse non hanno un moto proprio
rispetto all’etere, ma si sposta solo l’energia e il punto in cui la sua
concentrazione produce l’addensamento dell’etere che crea la particella.
Intorno all’addensamento puntiforme si produce anche una distorsione dell’
etere, con curvatura maggiore in corrispondenza del punto in cui si è
generata la particella. Se questa, oltre alla massa, possiede carica,
avremo anche la polarizzazione dielettrica dell’etere.
La distorsione di massa, detta gravitazionale, e la polarizzazione sono
degli stati perturbati dell’etere rispetto allo stato di quiete, ai quali
sono associate le relative energie potenziali.
--- Particelle e oggetti come “eventi” nell’etere
Noi siamo abituati a considerare la massa e la carica degli oggetti come
grandezze autonome e indipendenti dallo spazio che le circonda. In queste
pagine invece esse vengono definite come “effetti” o “eventi” prodotti nell’
etere dalle corrispondenti energie o dai corrispondenti stati perturbati,
con equivalenza tra stato perturbato ed energia.
In altre parole non è la particella che produce lo stato perturbato del
mezzo, ma è lo stato perturbato che crea nell’etere la particella e la sua
eventuale carica.
Il concetto dell’etere di Descartes di mezzo continuo di estensione
infinita, ora acquisisce anche la proprietà di “Materia Madre” dalla quale
prende forma ciascuna particella, ciascuna carica, ciascun atomo e tutti gli
oggetti macroscopici, compresi noi stessi.
Materia ed energia sono due stati dell’etere che si corrispondono pienamente
in esso. L’etere è anche il mezzo che da senso logico all’estensione dello
spazio e permette a materia ed energia di spostarsi.
Lo stato d’addensamento puntiforme dell’etere, che costituisce la
particella, si sposta seguendo le fluttuazioni di un equilibrio dinamico
molto complesso. Esso prende forma dove l’energia è tale da crearlo, cioè
dove si è formato un “pacchetto d’onda” d’energia che supera i livelli
quantici e annichilendosi dove scende al di sotto di tali livelli con
equivalente riassorbimento dell’energia da parte dell’etere.
Quindi il moto relativo all’etere delle particelle e dei corpi da esse
formati sarebbe solo apparente.
Ed è per questo motivo che il “vento dell’etere” non esiste.
Anche gli oggetti macroscopici formati da una moltitudine di atomi (termine
improprio perché significa letteralmente: ciò che non si può tagliare, o
scomporre in parti più piccole) non sono più da considerarsi distinti dall’
etere, cioè corpi estranei, ma parti integranti dell’etere stesso, definiti
dai suoi molteplici stati di addensamento e di polarizzazione, in equilibrio
dinamico tra di loro.
In queste condizioni le oscillazioni dell’etere possono attraversare i
corpi, come, ad esempio, la luce può viaggiare nei corpi trasparenti,
perché è l’etere che li ha generati dentro di se e che li permea.
Ogni particella (ed ogni corpo) acquisisce massa, carica, forma ed esistenza
in funzione dell’energia che la crea, e non per l’osservatore che la studia,
come spesso si sostiene.
--- Aumento di massa e contrazione delle lunghezze
Esaminiamo l’aumento di massa e la contrazione delle dimensioni delle
particelle e degli oggetti macroscopici in funzione della loro velocità,
come sono espressi dalle già citate formule di Lorentz. Essi sono
assolutamente inspiegabili se si ritiene che il moto avvenga nel vuoto,
mentre appaiono pienamente interpretabili con le ipotesi precedenti.
Infatti, considerando il corpo parte integrante dell’etere e definito dallo
stato energetico locale, è evidente che cambiando la velocità cambierà anche
l’energia cinetica e di conseguenza l’energia complessiva che genera la
massa e dà forma al corpo. E, per effetto del movimento, la distribuzione
spaziale dell’energia risulterà “schiacciata” o compressa, infatti l’energia
che definisce l’oggetto non può traslare con velocità infinita, ma solo con
velocità uguale a “c”.
Come conseguenza a questi cambiamenti quantitativi e di distribuzione
spaziale dell’energia (ovvero dello stato perturbato dell’etere), avremo
che cambierà la forma e la massa dell’oggetto.
--- Principio d’inerzia
In questa logica si può interpretare anche il principio d’inerzia, nel senso
che l’inerzia non è riferita ad un oggetto isolato, in moto in uno spazio
estraneo, ma ad un oggetto che è parte integrante del mezzo che lo circonda,
anzi che è un “evento” del mezzo, con la velocità che condiziona quest’
evento e il mezzo stesso che lo genera.
--- Variazione dell’unità di tempo
Anche la variazione dell’unità di tempo con la velocità acquisisce ora un
senso logico, infatti aumentando la velocità di traslazione dell’energia che
genera nell’etere le particelle che compongono l’oggetto, queste trovano un
nuovo equilibrio dinamico con velocità relative inferiori.
--- Semplice analogia
Facciamo una semplice analogia di come può essere l’energia a spostarsi e
produrre effetti in punti diversi: immaginiamo un fascio concentrato di
luce, prodotto da un faretto abbastanza potente, che nell’oscurità
attraversa l’aria carica di umidità illuminando le molecole di vapore
incontrate lungo il suo percorso e rendendosi visibile come una traccia e
luminosa e rettilinea. Quando il fascio di luce si sposta illuminerà altre
molecole di vapore in altri punti, mentre quelle precedenti sono rimaste dov
’erano e non sono più visibili. Si è spostata solamente l’energia luminosa
e ora si manifesta in un’altra zona dello spazio.
Un altro esempio può essere l’immagine luminosa proiettata su un schermo
cinematografico: essa si evidenzia dove incide la luce e si sposta con essa.
Allo stesso modo gli oggetti sono “effetti energetici” o “processi”
materializzati nell’etere a causa dell’energia, che prendono forma seguendo
gli spostamenti di quest’ultima.
Nei due esempi precedenti l’energia è esterna all’effetto prodotto, mentre
per la particella, l’energia appartiene proprio ad essa.
Tutta la materia conosciuta appartiene all’etere. Anche noi umani e tutti
gli altri viventi facciamo parte dell’etere. Perciò noi non possiamo essere
osservatori esterni all’etere, e non possiamo nemmeno valutare un moto
relativo ad esso (come affermato da Lorentz). Possiamo solo percepire gli
stati di addensamento dell’etere che formano la materia ordinaria e valutare
i moti relativi tra materia e materia.
--- Energia e Religioni
L’energia nell’etere ricorda molto il concetto di Pneuma dei fisici-filosofi
antichi, cioè il soffio vitale (o spirito) che compenetra e forma la materia
dell’universo; o il Prana dell’Induismo: l’energia universale presente in
ogni oggetto e in ogni organismo. Anche altre religioni orientali esprimono
concetti simili del mondo, come il Tao e il Chi.
La fisica moderna, con la teoria della relatività e la meccanica quantistica
(anche se spesso sono in contrasto tra loro), ha svelato aspetti analoghi
della natura.
Fritjof Capra nel suo fantastico libro “Il Tao della fisica” scrive:--
Negli ultimi decenni, gli esperimenti di diffusione ad alta energia ci hanno
rilevato nel modo più straordinario la natura dinamica e continuamente
mutevole del mondo delle particelle; la materia si è dimostrata capace di
trasformazioni totali. Tutte le particelle possono essere trasformate in
altre particelle, possono essere create dall’energia e possono scomparire in
energia. In questo contesto concetti classici come “particella elementare”
, “sostanza materiale”, o “oggetto isolato”, hanno perso il loro
significato: l’intero universo appare come una rete dinamica di
configurazioni di energia non separabili --. (Adelphi Editore)
Tutta la scienza moderna sostiene di escludere ogni aspetto trascendentale
della realtà.
La fisica delle particelle, però, afferma che esse si formano dal nulla, per
effetto dell’energia, e nel nulla si annichiliscono, cioè svaniscono o si
annullano. E questo non è per niente un comportamento razionale, anzi
sembra che appartenga più al campo della magia che al campo della scienza.
Riconsiderando l’etere, invece, ritorniamo ad un ragionamento razionale con
la formazione della particella nell’etere.
--- Equilibrio dinamico
L’energia appare quindi come uno stato perturbato dell’etere rispetto allo
stato di quiete. Poiché l’etere tende a ritornare nello stato di quiete,
essa non rimane fissa in un punto, ma partecipa ad un equilibrio dinamico
che si realizza con il moto reciproco delle varie forme di energia e di
materia, tipicamente con moti rotatori, traslatori ed oscillatori.
Questo stato di equilibrio complessivo in cui sono coinvolte e si
sovrappongono molte oscillazioni di energia, anche con frequenze diverse,
produce interferenza, non stazionaria, ma in continuo movimento. Quindi ogni
particella, (cioè ogni addensamento puntiforme dell’etere) non permane mai
nello stesso punto, ma si sposta velocemente e quando l’energia cala al di
sotto del livello quantico si annichilisce nell’etere, nel senso che si
scioglie l’addensamento dell’etere che costituisce la particella, e l’etere
diventa nuovamente impercettibile per i nostri strumenti, per poi riformarsi
e ricomparire in un altro punto dove si è formato un “pacchetto d’onda” di
energia che supera nuovamente il livello quantico. La particella perciò non
trasla tra i due punti, ma appare nei due punti in due istanti diversi e
compie solo dei piccoli spostamenti attorno ad essi, esistendo e traslando
( nel senso detto prima che si sposta l’addensamento dell’etere che
costituisce la particella) solo per il tempo in cui l’energia permane sopra
il livello quantico.
--- Principio di indeterminazione
Per poter osservare la particella si deve inevitabilmente interferire con
essa.
Il metodo più “delicato” che si può usare è di illuminare la zona in cui si
trova la particella e di valutarne la riflessione.
La luce trasporta energia e precisamente l’energia del quanto di luce è: Eq
= h*c/, dove h è la costante di Plank , c è la velocità della luce, la
lunghezza d’onda della luce incidente sulla particella.
Per determinare la posizione di un oggetto piccolo anche deve essere
necessariamente piccolo, addirittura dovrebbe essere molto minore delle
dimensioni della particella.
L’energia del quanto di luce è inversamente proporzionale alla lunghezza d’
onda. Dovendo utilizzare lunghezze d’onda estremamente piccole, diventa
elevata ed interferisce con lo stato energetico della particella.
Se uso (per ipotesi) lunghezze d’onda minori delle dimensioni della
particella, determinerò con precisione la sua posizione, ma i fotoni
incidenti con elevata energia cambieranno la velocità della particella in
modo rilevante; se invece userò lunghezze d’onda maggiori, non cambierò
apprezzabilmente la velocità della particella, ma non potrò determinare la
sua posizione in modo preciso.
Questa inevitabile interferenza dell’osservatore con l’oggetto estremamente
piccolo che sta esaminando è alla base del principio d’indeterminazione di
Heisemberg.
--- Natura corpuscolare ed ondulatoria delle particelle
Dove le oscillazioni dell’energia raggiungono determinati livelli si formano
le particelle, e le eventuali cariche, come “quanti”. Ecco allora che la
materia si manifesta nel modo corpuscolare e discontinuo a tutti noto. Dove
invece l’oscillazione d’energia scende al di sotto dei livelli quantici le
particelle si annichiliscono nell’etere.
Ecco anche una ragionevole interpretazione della natura ondulatoria e
corpuscolare di tutte le particelle subatomiche, espressa molto bene (per i
fotoni) dalla famosa frase di De Broglie:-- della luce di condensarsi in
materia e della materia di svanire in luce--.
Quest’aspetto un po’ strano delle particelle fu una scoperta veramente
sorprendente. Anche attualmente è sempre spiegato con dei compromessi,
infatti, non è possibile darne una spiegazione razionale se si considerano
le particelle in moto attraverso il vuoto.
--- Massa ed energia
Noi con i nostri sensi e con i nostri strumenti (fatti di materia) non
riusciamo a percepire la massa dell’etere, ma solo quella delle particelle
che vi si sono formate e dei loro aggregati, quindi il nostro concetto di
massa è riferito ad esse.
La corrispondenza tra massa ed energia che avviene nell’etere è espressa
quantitativamente dalla celebre formula E= mc2 e dà pieno significato logico
ad essa, nel senso che più energia si ha in una zona dell’etere maggiore
sarà il numero di particelle prodotto e quindi la quantità di massa presente
in quella zona di spazio.
--- Altri fenomeni quantistici
La meccanica quantistica ha reso noti anche altri strani comportamenti delle
particelle: possono occupare più posizioni nello stesso istante, possono
saltare da un punto all’altro senza passare per quelli intermedi e possono
“comunicare” tra loro a distanza in modo istantaneo, in altre parole con
velocità superiore a ”c”. Quest’ultima proprietà è detta telepatia delle
particelle e contraddice il secondo postulato della teoria della
relatività.
Tutti questi fenomeni non sono spiegabili con il modello classico di
particella che viaggia nello spazio vuoto, mentre diventano interpretabili,
tranne la telepatia delle particelle, se si pensa alla fluttuazione dell’
energia nell’etere e alla creazione delle particelle nei punti in cui l’
energia raggiunge i livelli quantici e al loro annichilimento quando scende
al di sotto di questi livelli.
Noi non siamo in grado di seguire le fluttuazioni dell’energia sotto i
livelli quantici, quindi non sappiamo prevedere in quali punti essi
saranno superati. La formazione delle particelle e il loro annichilimento
perciò ci sembrano completamente casuali. Però se ci riuscissimo, allora
vedremmo che effettivamente “Dio non gioca a dadi con la natura”, come
sosteneva Einstein. Il suo sogno infatti era di superare l’indeterminazione
messa in evidenza dalla meccanica quantistica e di raggiungere una teoria
che esprimesse anche questi fenomeni in modo definito.
--- Aspetto abituale degli oggetti
La materia dei corpi macroscopici, composta da un numero estremamente grande
di “atomi”, è una forma complessa di vari tipi d’energia, in continua
fluttuazione nel loro equilibrio dinamico, ma nel complesso mediamente
stabile e costante, così da conferire l’aspetto abituale agli oggetti della
nostra esperienza quotidiana. La materia visibile è quindi un’invisibile
organizzazione d’energia.
Le fluttuazioni quantistiche che avvengono sulla superficie di un oggetto
non sono avvertibili con i normali mezzi, quindi essa appare stabile.
--- Volume apparente degli oggetti e volume delle particelle
Pensare alla materia , tutta la materia compresi noi stessi, come ad un
evento o a un effetto energetico che avviene nell’etere, può lasciare
perplessi.
Però bisogna considerare che la materia è prevalentemente vuota, nel senso
che il volume complessivo delle particelle “elementari”: protoni, neutroni
ed elettroni che formano un oggetto è circa un milione di miliardi di volte
più piccolo del volume dell’oggetto stesso.
Infatti il rapporto tra il diametro di un atomo e il diametro del suo nucleo
vale circa 1*10exp5.
Ed è un rapporto grandissimo, ad esempio se il nucleo avesse il diametro di
un centimetro, gli elettroni esterni ruoterebbero su un’orbita con un
diametro di un chilometro.
Il rapporto tra i volumi, che dipendono dal cubo del diametro, vale
1*10exp15. Vale a dire appunto che il volume del nucleo è un milione di
miliardi più piccolo del volume dell’atomo.
Sappiamo che la materia è quasi tutta concentrata nel nucleo, infatti la
massa degli elettroni è spesso trascurata rispetto alla massa dei protoni e
dei neutroni.
Consideriamo un uomo di 90 Kg di peso. Il suo volume sarà circa 100 litri,
infatti, il suo peso specifico è di poco inferiore a 1Kg/litro. Ma tutta la
sua materia in realtà occupa un volume di 100litri/1*10exp15=1*10exp(-7)
[mm3], vale a dire un decimo di milionesimo di millimetro cubo!
Ma non basta, sappiamo che i protoni e i neutroni sono scomponibili nei
quark, che sono circa un miliardo di volte più piccoli.
Concludendo, tutti i quark che costituiscono la massa di una persona
di 90 chili di peso, e di 100 litri di volume, in realtà occupano un volume
di un decimo di milionesimo di miliardesimo di millimetro cubo!
A dire il vero anche i quark sono scomponibili, ma possiamo fermarci qui.
E’ possibile che un decimo di milionesimo di miliardesimo di millimetro cubo
di materia muovendosi nel vuoto formi una struttura solida e (abbastanza)
stabile di 100 litri di volume?
Sembra proprio che manchi qualcosa che possa fare in qualche modo da
sostegno a questa struttura per tutta la sua estensione.
A questo punto sembra più sensato il concetto di materia come effetto
energetico in un mezzo continuo, che non pensare a questo decimo di
milionesimo di miliardesimo di millimetro cubo di particelle sparpagliate in
cento litri di spazio vuoto a formare un struttura solida.
Vediamo ora alcune ulteriori riflessioni a sostegno dell’esistenza di questo
mezzo continuo, infinitamente esteso, che costituisce la “materia madre” di
tutte le cose.
Azioni, o forze, a distanza.
I tipi di energia che producono forze a distanza sono: l’energia
gravitazionale, l’energia elettromagnetica e quella associata alle forze
nucleari forti e deboli. Da molti anni si sta cercando (invano) di unificare
le forze associate a questi campi energetici.
La fisica si è sempre trovata in difficoltà nel dover spiegare le “forze a
distanza”.
Su alcuni libri di fisica classica si aggira l’ostacolo affermando che il
campo gravitazionale esiste perché c’è la forza di gravità e (in un’altra
pagina) la forza di gravità esiste perché c’è il campo gravitazionale!?
Naturalmente con il campo che si estende nel “nulla”.
E’ fin troppo evidente che si tratta di una tautologia, ma è proposta e
recepita molto spesso come spiegazione autentica.
Per maggior chiarezza facciamo un esempio procedendo passo-passo.
Consideriamo la Terra ed avviciniamo un corpo di massa m ad essa, l’
esperienza ci indica che sul corpo agisce una forza F, detta di gravità, in
ciascun punto dello spazio circostante (F è indicata in grassetto perché è
un vettore definito con direzione, verso e modulo).
Dopo aver verificato l’esistenza della forza si definisce il campo
gravitazionale, indicato con g .
Si ha: g= F/m, cioè: il campo g è la forza per unità di massa. In altre
parole è la forza di gravità che agirebbe su una massa unitaria posta in
quel punto.
Il campo potrà poi servire per calcolare la forza su un’altra massa
generica, posta nello stesso punto, con la formula inversa: F=m*g.
Però, non è certo questa sequenza di operazioni la spiegazione della forza.
Un ragionamento perfettamente equivalente può essere esteso alle forze
elettromagnetiche e alle due forze nucleari.
Il campo è la “mappa” della forza, la sua descrizione vettoriale per ogni
punto dello spazio circostante, ma non è la spiegazione della forza.
Esiste anche la ben nota legge di Newton: F= G*M1*M2/d2: Questa formula,
però, è solo lo strumento di calcolo che permette di valutare l’intensità
della forza.
Newton, a tale proposito, è stato molto chiaro e prudente ed ha scritto che
la formula serve solo per quantificare il valore della forza di gravità, ma
non è la spiegazione della forza, ne attribuisce alle masse il potere di
esercitare forze a distanza.
Tale potere, sempre secondo Newton, risiede nel mezzo (etere) che permea
tutto lo spazio.
Si può anche dire: la massa della Terra crea una certa condizione nello
spazio circostante tale da esercitare una forza sulla massa m posta nelle
vicinanze, e questa condizione è il campo gravitazionale.
Certo, ma allora come posso considerare vuoto lo spazio circostante, con il
“nulla” dentro (come sostiene la Fisica classica) se assume caratteristiche
precise in funzione delle masse presenti nelle vicinanze?
E questo “nulla” in che modo riesce ad esercitare le forze a distanza tra le
due masse?
Ad esempio, la Terra e la Luna distano mediamente 380.000 Km e tra di loro
si esercita la mutua forza di attrazione gravitazionale, che è facile
calcolare con la precedente formula di Newton. Il risultato è: 20*10exp19 N,
vale a dire una forza di 20 milioni di miliardi di tonnellate, circa.
La domanda è: in che modo il campo nel vuoto riesce a trasmettere questa
forza tra i due corpi celesti?
La risposta non si può trovare nel vuoto, perché nel “nulla” non ci possono
essere argomenti utili, ne qualcosa in grado di trasmettere la forza.
La risposta, evidentemente, non sta nemmeno nello scambio di quanti del
campo gravitazionale, detti gravitoni tra i due corpi.
La risposta si trova unicamente nel sostenere che lo spazio non è vuoto, ma
è tutto pieno di etere, e nel considerare i due corpi parte integrante di
questo mezzo, cioè “eventi”, molto stabili, prodotti dall’energia nel
mezzo.
Il campo nel vuoto è solo un’idea astratta (come ha scritto Feymann). La
forza di gravità, invece, è assolutamente reale e concreta e non può essere
spiegata con un concetto astratto. Tra i due evidentemente manca qualcosa.
Anche in questo caso è evidente la discordanza tra il vuoto (con il nulla
dentro) della fisica classica e il vuoto della fisica quantistica, che
invece assomiglia sempre più, con l’avanzare delle ricerche, ad un mezzo
continuo.
Come abbiamo detto, Newton aveva ripreso il concetto di etere dagli antichi
greci e sosteneva che le forze si trasmettessero attraverso questo mezzo,
anche se, molto concretamente, ha scritto di non possedere le conoscenze
per saper spiegare in che modo ciò avvenisse. Affermava solamente che le
mutue forze di attrazione tra due masse distanti avvenivano tramite il mezzo
interposto rispettando quanto stabilito da Dio.
Quasi tutti gli altri grandi della scienza, sino a Maxwell e Lorentz
compresi, consideravano l’etere il veicolo delle forze a distanza; alcuni
chiamando in causa la volontà divina, altri invece, come Laplace,
affermando di non avere bisogno di quest’ipotesi.
E’ curioso ricordare che negli anni ’70 e ‘80, nel pieno furore delle
ideologie materialistiche, molte persone, anche autorevoli, identificavano
il fenomeno fisico con la legge che lo interpreta. Per costoro, ad
esempio, la forza di gravità era la legge di Newton e le equazioni di
Maxwell erano la luce.
--- Teoria quantistica e azioni a distanza
Da anni la “teoria del Gauge” e la “teoria standard” propongono una
interpretazione quantistica del campo in cui le iterazioni tra particelle si
produrebbero mediante scambio di altre particelle: le forze
elettromagnetiche con i fotoni, le gravitazionali con i gravitoni (non
ancora trovati sperimentalmente), le forze nucleari forti con i gluoni,
quelle deboli con i bosoni W e Z.
In realtà è molto difficile dare una spiegazione logica a questa teoria,
specialmente per le forze attrattive. Anche perché le forze, in questo caso,
non si possono produrre per urti, altrimenti si avrebbe dissipazione d’
energia, mentre le forze dei campi sono conservative.
Esistono le formule quantistiche per calcolare le forze in modo molto
preciso, ma non viene mai spiegato il meccanismo delle iterazioni tramite lo
scambio di particelle.
Per esemplificare questi dubbi, pensiamo a due sferette elettricamente
cariche e abbastanza vicine: affermare che le forze di Coulomb agirebbero
per scambio di fotoni significa solo traslare il problema da oggetti grandi
a particelle più piccole. Infatti, come farebbero i fotoni a scambiare forze
tra di loro e con le particelle delle sferette? Forse con particelle ancora
più piccole? E le particelle ancora più piccole come farebbero…. E così via.
Per quanto riguarda le forze gravitazionali, sostenere che tali forze siano
causate solamente dall’azione di particelle (gravitoni) appare semplicemente
grottesco: provate ad immaginare il Sole e Giove, o il Sole e Saturno, che
si scambiano le forze gravitazionali tramite (ed unicamente) scambio di
particelle, cioè come se fossero uniti da una “catena di gravitoni”?
E’ chiaro che questa teoria è incompleta, nel senso che manca il veicolo
principale delle azioni a distanza, e questo non può essere altro che il
“mezzo” che riempie tutto lo spazio.
Le particelle, che sono i quanti dei campi, sono solo il segnale tangibile
della loro presenza, ma in realtà ad esercitare le forze è il mezzo
continuo con i suoi stati perturbati che tende ad evolvere verso stati di
minor energia.
A conferma di questa ipotesi, negli ultimi anni, la Teoria Standard presente
un campo unificato che ricorda molto un mezzo continuo.
--- Forze come effetto della tendenza dell’etere ad assumere lo
stato di
minima energia.
Tutti gli oggetti sono effetti prodotti dall’energia nell’etere e la loro
presenza produce uno stato perturbato locale.
L’etere tende ad evolvere verso lo stato di minima energia, variando il
proprio stato perturbato. Questa tendenza è la causa di tutte le forze a
distanza.
Cerchiamo di spiegarci più dettagliatamente esaminando le forze
gravitazionali per prime.
Pensiamo ad un oggetto macroscopico nello spazio, abbastanza lontano da
tutti gli altri corpi. Come abbiamo già scritto, consideriamo le particelle
che compongono la sua massa degli addensamenti puntiformi dell’etere, cioè
degli eventi o processi che avvengono nell’etere per effetto dell’energia.
Per generare la particella l’etere si addensa e perde la sua uniformità
incurvandosi. Il risultato complessivo delle numerosissime particelle di un
corpo è una curvatura dell’etere accentuata intorno all’oggetto, che poi si
estende fino all’infinito attenuandosi sempre più e ai fini pratici oltre
una certa distanza diventa trascurabile.
Per visualizzare questa curvatura possiamo riferirci alle classiche
rappresentazioni dei campi gravitazionali e delle superfici equipotenziali,
dando ora ad esse il significato d’effettiva distorsione dell’etere, alla
quale corrisponde un preciso stato energetico distribuito nello spazio.
Come abbiamo già detto, infatti, ora il campo non è più un concetto astratto
definito nel nulla, ma è lo stato perturbato dell’etere rispetto allo stato
di quiete, cui corrisponde un preciso stato energetico, con corrispondenza
biunivoca tra energia e massa.
L’etere tende a ritornare nello stato di quiete o di minima energia variando
il proprio stato perturbato, proprio come una molla compressa ha la tendenza
a ritornare nella sua estensione di riposo, o come un corpo caldo tende a
cedere calore ad un corpo più freddo.
Se il corpo è molto lontano da altre masse (a rigore infinitamente lontano)
ed è in quiete, lo stato perturbato dell’etere tende a rimanere stabile
nello stesso posto, infatti, anche se si spostasse rimarrebbe sempre
identico a se stesso. Allora le particelle che prendono forma da questa
energia, e che compongono l’oggetto, tendono a formarsi sempre nello stesso
posto e sul corpo complessivamente non agisce nessuna forza.
Posizioniamo ora un’altra massa nelle vicinanze, le due distorsioni dell’
etere (in altre parole i due campi gravitazionali) si sovrappongono con
variazione locale della curvatura e della distribuzione energetica.
In questa nuova situazione l’etere può tendere ad assumere uno stato meno
perturbato. Se i due oggetti sono inizialmente in quiete uno rispetto all’
altro, i due stati distorti tendono a spostarsi lungo l’asse che congiunge i
due baricentri, verso l’interno.
Ma sono proprio i due stati perturbati, in altre parole le energie
associate, che generano le particelle dei due corpi. Di conseguenza la
tendenza a spostarsi dell’energia si riassume come tendenza a spostarsi dei
corpi, cioè come una forza esterna, detta gravitazionale, che agisce su di
essi. Se sono liberi, si muoveranno l’uno verso l’altro con moto accelerato.
Se invece sono vincolati trasmetteranno queste forze ai vincoli e non
avverrà moto reciproco.
Naturalmente sappiamo che per avere forze gravitazionali apprezzabili almeno
una delle due masse deve essere enorme.
Un discorso equivalente può essere fatto per le forze di Coulomb che
agiscono sui corpi carichi.
Infatti, una carica elettrica produce attorno a se una polarizzazione
dielettrica, che consideriamo come effettiva polarizzazione dell’etere.
Anzi, come già scritto, noi riteniamo che in realtà è la polarizzazione a
produrre la carica.
Per visualizzare questa polarizzazione possiamo riferirci alle classiche
rappresentazioni grafiche dei campi elettrici.
Ora non abbiamo distorsione dell’etere come per la presenza di masse, ma
solamente polarizzazione. Dato che si ha una variazione rispetto allo stato
di quiete, abbiamo pur sempre una distribuzione spaziale d’energia associata
alla polarizzazione.
Con un solo corpo carico, molto lontano da tutte le altre cariche, se
avvenisse un suo spostamento, l’energia di polarizzazione si sposterebbe
anch’essa, mantenendo sempre la stessa identica distribuzione spaziale e lo
stesso valore complessivo. Allora la sua tendenza allo spostamento è nulla e
sul corpo non agisce nessuna forza.
Posizionando un altro oggetto carico vicino al primo. Le due polarizzazioni
si sovrappongono cambiando la distribuzione energetica precedente e, in
questa nuova configurazione, l’etere può tendere ad assumere uno stato meno
perturbato. Le due polarizzazioni tenderanno a spostarsi lungo l’asse di
congiunzione, verso l’interno se le cariche hanno segno opposto e verso l’
esterno se hanno segno uguale. Le particelle cariche tenderanno a formarsi
nei nuovi punti occupati dalle due polarizzazioni. Questa tendenza delle
cariche a prendere forma in punti diversi dai precedenti si manifesta con le
note forze di Coulomb.
Possiamo estendere lo stesso ragionamento ai campi magnetici, con la
tendenza dell’etere a ridurre il proprio stato perturbato con variazioni
della polarizzazione magnetica prodotta dalle correnti, cui corrisponde la
tendenza a variare la posizione delle cariche in movimento e la produzione
delle forze elettromagnetiche che agiscono su di esse.
Questa teoria delle azioni a distanza non è in contrasto con la teoria dello
scambio di particelle, ma solo si sovrappone ad essa. Infatti, insieme ai
campi elettromagnetici troviamo i fotoni come loro quanti. Lo stesso
discorso vale per gli altri tipi di forze e gli altri campi.
--- Altre considerazioni favorevoli all’esistenza dell’etere.
Le particelle dello stesso tipo sono tutte perfettamente uguali.
I protoni degli atomi in Nuova Zelanda sono assolutamente identici ai
protoni che si trovano in America, o in Cina, o nelle rocce lunari, o su
Marte. Lo stesso vale naturalmente per i neutroni, gli elettroni, i quark,
ecc.
Sarebbe molto strano che dei popoli distanti tra di loro ventimila
chilometri, senza essere mai stati in contatto e senza avere delle remote
radici culturali in comune, costruissero dei mattoni assolutamente identici
nella forma, nelle caratteristiche meccaniche e nella composizione
chimico-fisica.
Quest’identità delle particelle subatomiche, anche in luoghi molto lontani,
conferma chiaramente l’esistenza di una “matrice comune” presente in ogni
posto.
“Universalità” delle leggi fisiche.
Osservazioni di eventi che avvengono nel sistema solare, nella nostra
galassia e anche in altre galassie, indicano che sono tutti soggetti alle
medesime leggi fisiche. Le costanti contenute in queste leggi, ad esempio la
costante di gravitazione universale o la velocità della luce, sono
invarianti nello spazio, oltreché nel tempo. L’invarianza spaziale delle
leggi e delle costanti fisiche sembra indicare l’esistenza di un elemento
comune presente nello spazio, come un mezzo continuo, omogeneo e isotropo di
estensione infinita.
--- Semplice esperimento
L’aberrazione della luce permette di evidenziare il moto dell’osservatore
terrestre rispetto alla velocità della luce emessa dalle stelle, che è
indipendente dal moto della stella stessa.
Per analogia con questo fenomeno si può provare un semplice esperimento.
Proiettiamo un raggio laser perfettamente collimato su uno schermo fisso
distante alcune centinaia di metri, in modo che formi nel punto di incidenza
una traccia luminosa circolare e ben definita di pochi millimetri di
diametro.
Con la rotazione della Terra, il raggio si troverà, ad una certa ora del
giorno, parallelo alla velocità di traslazione della Terra, e sei ore dopo,
perpendicolare ad essa. Di conseguenza (dato che il moto della luce emessa
dal laser è indipendente dalla sua velocità) si dovrebbe avere uno
spostamento del punto di incidenza sullo schermo di circa un centimetro per
ogni centinaio di metri percorso dal raggio.
--- Considerazioni finali
Riassumendo l’etere non è osservabile direttamente, ma le prove indirette
della sua esistenza sono numerose e molto chiare, mentre le incongruenze
dello spazio vuoto, con il nulla dentro, sono sempre più evidenti.
In particolare i tentativi di spiegare le forze a distanza senza il mezzo
intermedio ( scambio di quanti tra i corpi, teoria delle superstringhe,
ecc.) sembrano delle arrampicate sugli specchi.
Invece, considerare gli oggetti come effetti energetici dell’etere, oltre a
dare un senso razionale a tutti i fenomeni quantistici, relativistici e
della fisica classica, offre anche la possibilità di interpretare gli
aspetti trascendi della vita, quali la spiritualità e la fede.
In questo senso l’energia, come entità che genera nell’etere tutta la
materia, ricorda un po’ il soffio creatore descritto da testi sacri.
Rimangono pur sempre degli interrogativi fondamentali quali: - di che cosa
è fatto l’etere, - in che modo avviene la formazione delle particelle e
delle cariche in esso, - come ha avuto inizio l’energia.
Molto probabilmente queste domande rimarranno ancora per molto tempo senza
risposta.
Received on Fri Jul 07 2000 - 00:00:00 CEST
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