Re: La Causa [era: Cosa c'era prima del Big Bang?]

From: Aanselm <aanselmb_at_gmail.com>
Date: Mon, 26 Jul 2010 07:29:53 +0000 (UTC)

piero nessuno:
>
> per rendere più accessibile a tutti la discussione, potreste fornire
> una definizione di "divenire" e degli esempi per il così detto Teorema
> di Causalità?

Nei messaggi precedenti sono stati discussi alcuni esempi
ma per chiarezza provo ad esporne altri.
Esempio 1.
Salgo su un tram e mi accorgo che il sedile dove mi siedo
e' caldo. Allora deduco che probabilmente
qualcuno dev'essersi seduto prima di me,
anche se non vedo nessuno intorno.
Infatti un corpo nel suo stato fondamentale assume la temperatura
ambientale finche' non arriva una causa esterna
che ne altera il valore, per cui se T > Ta
allora una causa ha determinato la variazione di temperatura,
anche se io non l'ho vista direttamente.
Esempio 2.
Alzo in alto la mia mano.
Trascurando le motivazioni personali e
risalendo nella catena delle cause
alla fine arrivo a dire che
il movimento osservato e' dovuto all'interazione
elettromagnetica tra le particelle elementari.
Questa e' quella che avevamo chiamato interpretazione
atomistica del divenire: ogni movimento e' causato
da interazioni fondamentali tra le particelle ultime
(che le interazioni siano quattro, due o una non ha importanza
ai fini di questa discussione).
Detto in altro modo
non c'e' una causa che a sua volta spieghi le cause a-tomiche.
Tale impostazione, avevamo osservato, presenta la difficolta'
di spiegare le motivazioni personali e interpersonali.
Un concetto come liberta' o giustizia che puo' essere
una causa finale di un'azione non e' facilmente deducibile
dalle interazioni fondamentali.

In generale si considerano molte cause
che vanno da quelle motivazionali a quelle
delle scienze umanistiche (sociologia, antropologia,
politica, ecc.).

Ma cos'e', tra i vari esempi di causa, che ne determina
il concetto in modo essenziale?
Un tentativo di spiegazione consiste nel pensare
in termini astratti come si caratterizza il divenire:
(i) qualcosa e' prima del cambiamento (potenza)
(ii) qualcosa e' dopo il cambiamento (atto).
Some si connettono (i) con (ii)?
In base al principio di non contraddizione, che vieta
che un ente sia e non sia nello stesso tempo e sotto
il medesimo rispetto, bisogna rilevare che non e'
possibile che (i) ed (ii) siano nello stesso tempo,
ma se (i) tende a restare nel suo stato fondamentale
privo di cambiamento allora non c'e' altra possibilita'
che pensare di introdurre una causa esterna che ha
la funzione di attualizzare il cambiamento
che e' nelle possibilita' di (i) e che grazie
all'azione della causa si trasforma in (ii).
In altre parole, e' necessario un terzo elemento affinche' ci sia
un divenire di un ente: potenza, atto e causa.
A tale soluzione del teorema della causalita'
di solito si obietta che l'esperienza non e' sufficiente
per rendere un teorema incontrovertibile.
In base all'esperienza noi accertiamo
che qualcosa cambia il suo stato e presupponiamo
che cio' che e' cambiato sia sempre lo stesso ente.
Noi tutti osserviamo che la legna che brucia diventa cenere
ma siamo proprio sicuri che le cose stiano in questi termini?
Noi dovremmo ammettere che cio' che ci attesta l'esperienza
e' solo la circostanza che cio' che ci appare,
ad esempio, l'ente legna, *dopo* al suo posto
appare un ente cenere, ma non siamo autorizzati
a dire che l'ente cenere e' lo stesso ente legna,
noi in realta' osserviamo una successione di eventi
ma non siamo in grado di osservare se e' lo stesso ente che diviene.
Lo diamo per scontato, o meglio, interpretiamo il divenire
in questo modo.
Tutta la disputa tra Severino e Bontadini
si basa sul modo in cui bisogna intendere,
in modo originario ovvero
a prescindere da come interpretiamo l'esperienza,
il divenire.
Per intendere una struttura originaria possiamo fare il solito esempio
della geometria. Gli oggetti che si osservano,
in che tipo di spazio geometrico si trovano?
Posso stabilire a priori o a posteriori la struttura dello spazio?
Oppure, sono io che decido in che modo stabilisco le regole
per effettuare misure geometriche?
Ora, la struttura del divenire, oltre allo spazio, deve tener in conto
anche il tempo e le eventuali cause del supposto cambiamento.
Ridurre il tempo ad un concetto di coordinata
in un cronotopo pseudoeuclideo potrebbe appiattire le sue
specifiche peculiarita'.

> a me sembra che il pensiero di causalità sia da applicare alla morale
> cristiana sopratutto. che ne pensate?

L'eventuale causalita' dell'essere investe tutte le possibili
esperienze per cui naturalmente non ha un ambito ristretto,
sebbene importante, quale quello dell'etica
(che non necessariamente e' legato alla religione).
Anzi, dallo studio in generale della causalita'
si deducono conseguenze sul piano etico. Se si ritiene valida
la riduzione di tutte le cause a quella materialistica
allora e' facile far vedere che l'etica puo' assumere solo
un valore relativo e non innegabile o valido in senso universale
per cui la condanna della violenza non ha valore univoco.
Infatti da tali premesse si conclude che
chi non accetta il criterio etico
(ed e' lecito non accettarlo se non e' incontrovertibile)
allora non e' vincolato
al giudizio morale che non condivide
per cui puo' commettere violenze e soprusi
in modo del tutto innocente e giustificato,
proprio perche' il suo punto di vista non riconosce
il supposto e non provato valore universale dell'etica
ma riconosce solo la sua interpretazione personale.
La dissoluzione dei nessi causali,
operata dal pensiero moderno nell'ambito etico e politico,
determina la perdita del criterio universale per stabilire che cos'e'
la violenza e quindi se siano lecite o meno guerre tra Stati.
Chi invade un altro Stato non deve dar conto a nessuno
se non a se stesso.


Ciao.


-- 
A
Received on Mon Jul 26 2010 - 09:29:53 CEST

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